Il “caso Diciotti” e i ministri eversivi

E’ difficile evitare epiteti perculanti quando di sentono certe cose, anche la il problema è serissimo…

La nave Diciotti, dicono le agenzie stampa, è ormeggiata da ieri sera al molo Levante del porto di Catania. Dopo almeno quattro giorni al largo in mare, solo perché aveva raccolto in mare 177 migranti che stavano naufragando.

L’autorizzazione ad entrare in porto è stata data dal ministro competente, il pentastellato Danilo Toninelli. Ma nessuno dei 177 naufraghi può sbarcare, secondo la dichiarazione del ministro dell’interno, il leghista Matteo Salvini.

La “mediazione” tra i due capataz della “guerra all’immigrazione clandestina” è stata trovata nelle parole, come nella tradizione più infima della politichetta italiana: trattasi di “scalo tecnico”, ovvero solo per il rifornimento di acqua, viveri e carburante.

Non si sa se Salvini si sia limitato a dirlo attraverso le tv – come ha fatto fin qui con tutte le altre situazioni del genere – oppure se abbia dato disposizioni ufficiali tramite il ministero in cui ogni tanto dovrebbe anche entrare. La “condizione” posta dal leghista per far scendere quelle persone è che l’Unione Europea si faccia carico di redistribuirli in giro, tra i vari paesi membri.

Dovrebbe esser chiaro anche all’ultimo degli imbecilli che un paese – e a maggior ragione una comunità di paesi – di fronte a problemi come questo dovrebbe avere “una politica”. Ossia un insieme di procedure concordate che scattano automaticamente ogni qual volta un certo problema si presenta. Se invece ad ogni episodio bisogna fare una lunga trattativa diplomatica, oscenamente ridicola (“stavolta 10 a te, 20 a quell’altro, 8 a Tizio, e 5 a me”), è evidente che si sta usando la pelle delle persone per un calcolo politico. Stupido e strumentale, perché non v’è chi non veda che il ministro Salvini è in un momento di grave difficoltà per i passati regali a Benetton-Atlantia-Autostrade e quindi ha un disperato bisogno di diversivi con cui distrarre la sua “opinione pubblica”.

Se la nave fosse di una Ong davvero indipendente (ne esistono molte che sono delle vere multinazionali, con consigli di amministrazione da brividi), Salvini avrebbe forse qualche appiglio retorico in più. Nel caso della nave Diciotti, invece, rischia un doppio scivolone.

Perchè la nave in questione è della Guardia Costiera italiana, insomma una nave militare che deve obbedire agli ordini del suo ministro di riferimento (le infrastrutture, ossia il prode Toninelli) e alle leggi internazionali che impongono il salvataggio in mare senza se e senza ma. Lo diciamo scherzando, ma non troppo: se dovesse valere la “regola di Salvini” ogni natante potrebbe stabilire una sua particolare lista di proscrizione, fatta di nazionalità, colore di pelle, lingua, religione o fede politica sgradite. E dunque l’equipaggio di una barca potrebbe legittimamente chiedere a un naufrago “scusi, a lei piace Salvini?” e, in caso di risposta affermativa, lasciarlo lì ad affogare…

Torniamo alle cose serie. Uno Stato che blocca l’attività di una sua nave militare per molti giorni solo perché ha rispettato le leggi internazionali – oltre che quelle del buon senso tra gli umani – può essere qualificato in molti modi, ma nessuno gentile. Ma c’è di peggio: è uno Stato in mano a personaggi che nulla sanno della “struttura” che lo regola. Se poi lo sanno, è ancora peggio, perché significa che stanno consapevolmente smantellando l’architrave costituzionale (e la relativa cultura politica) che lo regge.

Stanno insomma proseguendo l’opera costituzionalmente eversiva di Matteo Renzi (e prima di lui altri personaggi della Toscana massonica e nerissima), bruscamente stroncata con il referendum del 4 dicembre 2016.

Per essere il “governo del cambiamento”, insomma, non c’è argomento su cui non siano in continuità peggiorativa con quelli precedenti…

Alessandro Avvisato

21/8/2018 http://contropiano.org

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