Il caso Madalina, espulsa per non aver commesso reato

Casal Boccone la resistenza al blitz

Madalina è e resta una di noi

foto di Madalina Gavrilescu

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Madalina è una giovane donna, di nazionalità rumena, attivista dei Bpm (blocchi precari metropolitani). La prima lotta per lei è quella del diritto all’abitare e ne sa ben qualcosa, lei in prima persona,  vivendo dal 2012 in un’occupazione  presso la collettività multietnica di Casal Boccone (terzo municipio-Roma).  Una ex casa di riposo per anziani, sgomberata da un’ordinanza dell’allora sindaco Alemanno. Da  allora  Mady  lotta, non solo per la sua sussistenza in un Paese che non offre nulla e che emargina i poveri, ma anche  affinché tutti coloro che appartengono al mondo degli invisibili abbiamo pari opportunità e diritti sociali e civili

La comunità multietnica di Casal Boccone

Vivere in occupazione vuol dire anche che trovi uno spazio abbandonato a provi in ogni modo a farne una casa, ad abbellirlo-dice Madalina- Abbiamo aperto anche spazi culturali per tutti, non solo per gli occupanti”.

L’occupazione condotta dai Bpm inizia l’8 dicembre del 2012, subito dopo lo sgombero a firma Alemanno.  Il centro si articola su due palazzine che prima dell’occupazione erano la residenza di 79 anziani che lì avevano trovato la loro casa e  venivano curati, in particolare, per i disturbi dell’Alzheimer. A seguito dell’ordinanza per  dichiarati motivi  di gestione delle spese da parte del Comune, vennero messi sulla strada. In realtà gli anziani versavano al centro quote mensili cospicue, essendo persone abbienti e provenienti  per lo più dal mondo dello spettacolo. Alcuni degli anziani sfrattati, ultranovantenni, sono morti per il dispiacere, altri sono stati trasferiti in altri centri similari della Capitale. Pochi ce l’hanno fatta a ritrovare un senso per continuare a vivere, sradicati dalle loro abitudini in quel centro ove avevano trovato accoglienza e assistenza, ma anche socialità.

Da allora  quelle due palazzine sono occupate da 120 famiglie senza casa, di varie etnie, anche rom. L’occupazione aveva la finalità di protesta e di rivendicazione per l’uso sociale di quello stabile, su cui avevano gettato l’occhio i palazzinari, le cui mire speculative sono state bloccate proprio dall’occupazione. Nel centro in breve è tornata la vita  per tante famiglie senza tetto. Madalina, sgomberata da un campo rom vi trova, come tutti gli altri occupanti, accoglienza e socialità. La giovane s’impegna, con tutti i compagni dell’occupazione,  per trasformare quel luogo in uno spazio sociale in cui non solo le famiglie  possano viverci serenamente, ma uno spazio aperto a tutti coloro che intendano condividerne l’esperienza e le finalità.

Nasce un sistema importante di mutualismo con ludoteca, teatro, mensa e sale per riunioni. C’è perfino un bar e una dispensa e anche un forno dove una famiglia del nord Africa cuoce un ottimo pane. Il luogo è davvero ameno, circondato  com’è da un’estesa area verde. Ma la paura di essere sgomberati mina la tranquillità di tante famiglie con bambini che continuano a nascere nella residenza. A qualche mese dall’occupazione ci fu un’irruzione delle forze dell’ordine per sfollare il centro. Un blitz che ha visto una strenua opposizione degli occupanti  che si sono rifugiati sui tetti, per evitare lo sgombero che non avvenne. La paura che si ripeta serpeggia ancora nella collettività. E ora che le rigide politiche securitarie con l’entrata in vigore del dl Salvini e con con la persistente delibera 140 sui centri sociali, tirano maggiormente la cinghia sui diritti dei migranti, l’ombra di una nuova e definitiva irruzione delle forze di polizia nel centro  si fa sempre più minacciosa.

Madalina, con Mercedes, Mohamed, Paolo e Marina  sono fra i maggiori attivisti del centro per promuovere attività sociali sia all’interno di questa collettività che all’esterno, laddove c’è necessità di opporsi al sistema repressivo che toglie diritti soprattutto agli invisibili, a coloro che vivono ai margini della città e che nessuno accoglie. Molti di questi senzatetto muoiono di freddo,  di stenti, molti si tolgono la vita per la disperazione. C’è chi si oppone a questa indifferenza delle istituzioni e fra queste persone c’è la nostra Madalina.  A qualcuno il suo attivismo dà fastidio e vogliono rispedirla in Romania. Mal’attivista è determinata e non molla, nutre ancora fiducia in quel che di buono e giusto c’è nella nostra società.

La storia di Madalina e il provvedimento della Prefettura  

Mady  risiede a Roma dal 2009 e da allora non si è mai fermata, né adagiata in una condizione passiva che l’avrebbe portata ben presto nell’indigenza e nella dipendenza. Ha lavorato in un’impresa di pulizie, finché la cooperativa chiude nell’aprile 2018. La giovane  in questi 10 anni di permanenza nella capitale non si è mai fermata, né si è abbandonata al parassitismo e all’opportunismo   di chi si vende per un’elemosina e stende la mano o altro, per risolvere il disagio di una vita da precaria. Ha tentato di migliorare la sua condizione sociale per potersi integrare totalmente nel tessuto sociale. Ha  perfezionato lo studio della lingua di cui ora è totalmente padrona e ha preso un titolo di studio italiano. Madalina ha già un titolo di scuola superiore acquisito nel suo Paese e si esprime correttamente in tre lingue, ma ha fatto il possibile per integrarsi in Italia, apprezzandone e approfondendone  la cultura. Ha ottenuto la residenza e ha tutte le carte in regola per restare in Italia. Ma qualcosa è andato storto. A qualcuno l’attivismo di Mady non piace. La ritengono persino un soggetto pericoloso e non integrato e le piomba addosso un provvedimento, rilasciato dalla Prefettura di Roma, di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di sicurezza non imperativi.

Mady il 14 febbraio dovrà lasciare l’Italia e non potrà tornarvi che fra 5 anni. Ma per lei è già in moto la macchina dei ricorsi.  Legali dell’associazione Giuristi democratici e di altre associazioni per i diritti dei migranti si stanno prendendo cura del caso. In effetti il provvedimento ha tutti i  motivi per essere contestato e respinto, poiché vi sono espresse motivazioni in totale discordanza con quello che è la vita sia privata che pubblica di Madalina. Le si contesta la mancanza di integrazione sociale, in quanto durante manifestazioni per il diritto all’abitare avrebbe invaso spazi o edifici e avrebbe fatto resistenza a pubblico ufficiale. Quindi si deduce nel provvedimento che la giovane qui si trova a disagio e non si è sufficientemente integrata , tanto da contestare le  istituzioni, pertanto deve lasciare il Paese. “ Si tratta di azioni che ho portato avanti in un contesto di lotta collettiva- dice Madalina- Le manifestazioni sotto le istituzioni per rivendicare politiche abitative, le occupazioni simboliche per denunciare lo stato di abbandono di molti immobili cittadini a fronte di un crescente disagio abitativo. Per queste attività non ho mai subito un processo, non sono mai stata condannata”.

Cosa c’è dietro tutto questo è chiaro ed evidente. Sono in atto politiche repressive e securitarie, basate anche sul solo sospetto, che sono il termometro della deriva dello Stato sociale verso lo Stato di polizia. A farne le spese maggiori sono proprio gli incolpevoli, coloro che si adoperano per ripristinare i diritti e che si muovono contro la repressione sulla libertà costituzionale del dissenso. Una mannaia sociale su molti attivisti e attiviste  che si impegnano nelle lotte per i diritti al cittadino e per i migranti e che durante le manifestazioni vengono repressi dalle forze dell’ordine anche a colpi di manganelli, se non con il taser. Oltre che posti in stato di fermo e di sorveglianza continua.

Mady è comunitaria, ma è migrante, pertanto è maggiormente colpita da chi dei diritti  delle persone a disagio sociale ne fa carta straccia e vede lo straniero  povero come un nemico da allontanare. Viviamo ormai  in odore continuo di razzismo e anche un comunitario, se povero e indifeso va allontanato per lo stereotipo populista “prima gli Italiani”, accreditato  dalle politiche governative. Sei migrante e povero, quindi dai fastidio  e devi essere allontanato. Non hai diritto ad emanciparti dalla condizione di povertà e anzi sei la causa della povertà degli Italiani. Non hai diritto a ribellarti, né a rivendicare qualsivoglia diritto umano. Tanto più se sei donna, oltre che migrante,devi vivere nel silenzio e non manifestare alcun dissenso. Pena l’espulsione. Così come sta accadendo a Madalina. Questa coraggiosa attivista che, nonostante le politiche repressive  si siano abbattute su di lei, investendola in pieno, non demorde e sorride fiduciosa, attorniata dalla solidarietà e dall’affetto di tanti compagni e compagne che lei stessa, in varie occasioni, ha aiutato. Noi siamo con lei, non la lasceremo sola a sconfiggere la repressione. Per questo abbiamo firmato l’appello per il ritiro del provvedimento di espulsione. Mady deve restare qui a lottare con noi contro i soprusi di questo governo che tutela i forti e reprime i deboli. Insieme cammineremo sulla testa dei potenti. Ce la faremo, Mady!

Alba Vastano

Giornalista

Collaboratrice redazionale del periodico Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

3/2/2019

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