Il cattivo stato della salute della sicurezza sul lavoro in Italia

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E come leggere, dopo i nostri articoli passati che hanno sottolineato le lentezze e il rischio di corto circuito istituzionale, le novità relative all’ applicazione dello spoils system (la cessazione degli alti incarichi dirigenziali nella Pubblica Amministrazione ad ogni cambio di esecutivo) che hanno reso vacante, in questo momento delicato, il ruolo del Capo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e del Segretario Generale del Ministero del Lavoro?

Lo stato della salute della normativa in materia di sicurezza

Per rispondere a queste domande abbiamo intervistato l’avvocato Lorenzo Fantini, per lungo tempo dirigente della Divisione Salute e Sicurezza del Ministero del lavoro e spesso nostro interlocutore per affrontare le tematiche più rilevanti e delicate in materia di sicurezza e salute.

Lo abbiamo fatto a margine di una Tavola Rotonda da lui moderata, il 19 settembre 2018, alla manifestazione Safety Expo 2018.

La Tavola Rotonda, dal titolo “Salute e Sicurezza sul Lavoro: visioni, idee e progetti a 10 anni dall’entrata in vigore del Testo Unico”, aveva proprio tra i suoi obiettivi quelli di tastare il polso della salute e sicurezza in Italia e della normativa correlata con particolare riferimento al D.Lgs. 81/2008.

Ma, come immaginavamo, Lorenzo Fantini non si è sottratto anche alle domande più delicate per capire cosa sta accadendo al Ministero del Lavoro e chi potrà sostituire Paolo Pennesi, ex Capo dell’ Ispettorato Nazionale del Lavoro

Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di ascoltare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.

L’intervista a Lorenzo Fantini

Nella precedente intervista si era parlato di un “abbassamento del livello di attenzione che le amministrazioni pubbliche riservano alla sicurezza”, di “un servizio a scartamento ridotto”. E oggi, a distanza di un anno, abbiamo la novità di essere senza il Capo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e senza il Segretario Generale del Ministero del Lavoro. Qual è la tua opinione su questi cambiamenti e sulla situazione attuale dell’attenzione per la salute e sicurezza sul lavoro?

Lorenzo Fantini: “(…) Rispondo partendo dalla seconda parte della domanda.

Rispetto all’anno scorso c’è qualche novità? Cioè c’è un segnale di una amministrazione intesa come insieme di amministrazioni competenti, quindi Ministero del Lavoro principalmente, Ministero della Salute ma anche regioni e INAIL, che dà un segno di volontà di affrontare il tema della prevenzione in maniera giornaliera?

La risposta, sinceramente, è no. Perché a parte iniziative, come ho già detto l’anno scorso, di alcune amministrazioni volenterose, prima tra tutte l’INAIL, (…), le amministrazioni che dovrebbero essere deputate a trainare questo treno che noi vorremmo andasse forte, fosse un treno ad alta velocità (…), il treno della prevenzione, non lo fanno (…).

Quindi la risposta alla seconda parte la tua domanda, che io mi sono permesso di portare nella prima, è che non è cambiato molto dall’anno scorso.

L’unica novità che io posso segnalare è OIRA.

OIRA è un acronimo inglese per un sistema informatico che permette alle aziende di poter redigere il documento di valutazione del rischio semplicemente inserendo dei dati all’interno di un sistema informatico che viene gestito, guarda caso, dall’INAIL. È una cosa molto molto utile, però riguarda solo il settore degli uffici, perché il decreto OIRA è stato elaborato con limitato riferimento – per il momento, poi se ne farà un uso maggiore, una volta che si farà uno sviluppo dello strumento più approfondito – agli uffici.

Ecco questa è l’unica novità che io posso segnalare e questo dà il senso di un anno passato abbastanza inutilmente dal punto di vista dell’attesa dell’amministrazione.

Sulla prima parte la tua domanda, non mi sottraggo assolutamente.

Il segnale che è stato dato dal Ministero del Lavoro nella mancata riconferma di due dirigenti apicali – che sono il dottor Paolo Pennesi che era fino a poche ore fa il capo dell’ispettorato Nazionale del Lavoro e del dottor Paolo Onelli che tra l’altro è stato il mio direttore generale sia quando sono entrato al Ministero nel 2003 e sia quando sono uscito nel 2013 e conosco molto bene per le sue qualità e le competenze – (…) è un pessimo segnale.

Questo devo dire per vari motivi.

Un’amministrazione secondo me matura – e non è una questione politica, non sto parlando dell’attuale Ministero del Lavoro – dovrebbe avere in generale continuità nell’azione amministrativa, nella progettazione dell’azione amministrativa e anche nel mantenere dirigenti che negli anni hanno maturato competenze.

Ora io mi fermo su Paolo Pennesi, ma potrei dire lo stesso per Paolo Onelli. Pennesi è incontestabilmente il più grande esperto per ragioni di studio, ma soprattutto per ragioni di lavoro, in materia di vigilanza e di vigilanza su salute e sicurezza sul lavoro.

È giusto che si sappia che un dirigente di quella fascia (…) non può essere licenziato. (…)

Spostarlo dall’incarico per fargli fare attività di studio di fatto non è un’economia. (…) Ed è, secondo me, il segnale di una discontinuità rispetto all’azione amministrativa che non trovo un segnale positivo. (…)

Mi pare che in passato, riguardo al sistema dello spoils system, si sono avute anche delle riconferme dei vertici dirigenziali guardando alle competenze…

L.F.: “(…) Quando cambia la politica ci sta, è giusto che ci sia un cambiamento, ma mi aspetterei una considerazione, come giustamente hai detto tu, della competenza specifica maturata dal dirigente (…).

Non è neanche importante sapere chi ci va al posto di questi due, perché stiamo parlando di due persone che nel loro ambito sono al vertice, quindi non si può che andare peggio. Ecco perché sono un po’ perplesso. Però magari i fatti mi smentiranno, verrà fuori un capo dell’Ispettorato nazionale del Lavoro che farà venir meno il caporalato (…).

Chiaramente un Ispettorato nazionale del lavoro che faccia bene un lavoro di contrasto rispetto al lavoro nero, ma più in generale rispetto ai temi della prevenzione e dei rapporti di lavoro –  perché l’Ispettorato non fa solo sicurezza sul lavoro ma si occupa anche di rapporti di lavoro (…) – può fare molto se imposta in maniera corretta la politica. Personalmente le politiche che erano state fatte da Pennesi, le ho sempre condivise.

Vediamo che cosa succederà con il nuovo capo dell’Ispettorato (…). Il segnale che è stato dato con la scelta del nuovo capo dell’Ispettorato, secondo me, non va nella direzione giusta”.

A questo punto diciamo qualcosa sulla scelta del nuovo capo dell’ispettorato…

L.F.: “Il nome che non è stato ancora formalizzato, ma possiamo dire che sia certo, ci parla di un generale dei carabinieri che ha l’esperienza del nucleo dei carabinieri che sta presso l’Ispettorato.

Va benissimo, ma diciamo che è una scelta che indica una volontà solamente vessatoria.

(…) Se questa scelta significa che dobbiamo battere in maniera rigorosa, implacabile e non, diciamo, sfumata le aziende, io non sono d’accordo perché la prevenzione degli infortuni si fa senz’altro con la repressione ma prima ancora anche con la chiarezza e convinzione. Secondo me la sicurezza si fa convincendo le aziende a farla. Cercando di avere un approccio, non dico collaborativo perché si tratta pur sempre di questioni che riguardano la salute delle persone, ma che tenga conto anche delle esigenze delle aziende. (…)

Io credo che l’approccio giusto debba essere equilibrato. (…)”

Andiamo avanti e veniamo al motivo per cui tu sei qui oggi a SafetyExpo.

Eri moderatore, come l’anno scorso d’altronde, di una Tavola Rotonda dedicata alle “visioni, idee e progetti a 10 anni dall’entrata in vigore del Testo Unico”.

Io ho ascoltato la Tavola Rotonda, gli interessanti interventi, ma mi sembra che le visioni, idee e progetti per il futuro siano molto poche. Ed è forse anche un po’ il segno del momento…

L.F.: “Sono d’accordo con te. È stata una tavola rotonda in cui ancora una volta è emerso quello che ho detto in apertura, cioè che in realtà non ci sono state grandi novità.

Il problema del sistema istituzionale che non funziona, oppure funziona un pochettino a macchia di leopardo sul territorio nazionale perché le Regioni hanno velocità diverse, è emerso in modo chiaro.

È emersa anche la mancata attuazione di parti significative del Testo Unico, parlo della qualificazione delle imprese, la famosa patente a punti in edilizia, oppure la selezione delle imprese negli appalti che è un problema enorme. Ed è emerso anche un problema (…) che è diventato ancora più drammatico e che è quello degli appalti e subappalti, la moltiplicazione degli appalti e dei subappalti a cui corrisponde una diminuzione delle condizioni di lavoro.

Sono tutti temi vecchi.

Visioni nuove? C’è qualcosa di nuovo ma non di così nuovo.

Abbiamo parlato di lavoro agile, per esempio, e abbiamo anche parlato – nei limiti della tavola rotonda (…) – di alternanza scuola-lavoro oppure di accomodamento ragionevole, vale a dire tutto il tema per cui un lavoratore che perde una parte della sua capacità lavorativa e non può più fare quello che faceva prima, può essere comunque collocato nelle migliori condizioni lavorative possibile.

Questi sono temi nuovi ma per il momento sono temi che vengono affrontati non dal legislatore oppure quando sono affrontati dal legislatore sono affrontati tipicamente male, con riferimento alla salute e sicurezza, perché il legislatore negli ultimi anni di salute e sicurezza si è occupato poco. E parlo del lavoro agile dove una regolamentazione della salute e sicurezza c’è, ma è ampiamente deludente e soprattutto è poco chiara, come l’intervento del Prof. Bacchini, nella tavola rotonda, ha mostrato.

Quindi sono d’accordo con la tua affermazione.

Visioni nuove non ce ne sono. Ma permettimi di fare una contro provocazione.

Abbiamo bisogno di una visione nuova della prevenzione? O abbiamo bisogno che la visione del 81 venga ammodernata perché l’81 nasce ovviamente in un contesto diverso da quello attuale e le aziende vanno a velocità molto più rapida del legislatore?

A me basterebbe già che fosse attuato il decreto 81. E che si faccia un’operazione di, diciamo, attuazione moderna, attiva e non soltanto formale, della salute e sicurezza sul lavoro.

(…) Penso a come si intende in Italia la formazione per la sicurezza, cioè come numero di ore necessario per raggiungere l’attestato per l’eventualità che poi venga un ispettore a sanzionarmi. (…)

Dovremmo trovare il modo di superare questo dato formale, garantendo comunque il rispetto delle regole ma, soprattutto, valutando l’efficacia della formazione. Secondo me non abbiamo bisogno di cose rivoluzionarie, ma dobbiamo bisogno di aziende che la facciano seriamente, ispettori che non vadano a sanzionare in maniera cieca e amministrazioni che puntino sulla prevenzione.

Potremmo dunque dire che più che cambiare il Testo Unico sarebbe utile riuscire ad applicarlo meglio? Ad esempio creando gli strumenti giusti per poterlo applicare, sia normativi, perché mancano ancora alcuni decreti attuativi, sia di altro tipo…

L.F.: “Sono totalmente d’accordo. Hai fatto una sintesi perfetta di quello che io voglio dire con il linguaggio involuto del giurista e ti ringrazio.

È così. Uno strumento per tutti molto sottovalutato e poco utilizzato negli ultimi tempi, è relativo alle buone prassi perché l’Unione Europea ci dice che noi dobbiamo divulgare le buone prassi, soluzioni a dei problemi sulla sicurezza che sono state adottate in aziende di determinati settori e replicabili in aziende che fanno lo stesso lavoro.

Non si tratta di concorrenza, si tratta di replicare soluzioni organizzative che possono salvare la vita alle persone. L’amministrazione pubblica le deve raccogliere, le deve valutare e le deve lanciare sul mercato liberamente, gratuitamente, perché sono delle soluzioni replicabili.

Questa è la sicurezza del futuro, non la sicurezza fatta con la legge, con la sanzione. E le buone prassi, devo dire la verità, ultimamente sono poco considerate.

Questo è un esempio tipico di come si deve fare una sicurezza moderna e di come invece, purtroppo, negli ultimi mesi vedo che non si fa.

Siamo in ritardo su queste azioni, non tanto sulla norma.

La norma c’è, è complicata. Qualcuno dice mi dobbiamo semplificarla, ma anche questo è un falso problema.

Anche se la semplifichiamo, non la possiamo semplificare oltre un certo limite che è quello delle direttive comunitarie, mettiamocelo in testa.

Anche coloro che pensano che la semplificazione sia salvifica, se lo devono togliere dalla mente. Perché si potrà arrivare solo ad un certo punto di semplificazione.

Ad esempio potremmo dare degli esempi su come valutare i rischi nei diversi settori – e secondo me lo dovremmo fare, proprio per il discorso delle buone prassi – ma scordatevi che si possa togliere dall’ordinamento giuridico italiano l’obbligo di redazione del documento di valutazione del rischio oppure l’obbligo di valutazione dello stress lavoro correlato”.

(…)

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

21/9/2018 www.puntosicuro.it

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