Il corpo è mio, come misurare l’autodeterminazione

My body is my own: è dedicato al potere di prendere decisioni autonome sul proprio corpo il nuovo rapporto del Fondo delle Nazioni Unite sullo stato della popolazione nel mondo presentato e diffuso oggi in Italia dall’Associazione donne italiane per lo sviluppo (Aidos).

“Il corpo è mio e lo gestisco io” gridavano le femministe nelle piazze negli anni ’70, uno slogan tutt’altro che datato, stando ai dati diffusi dal rapporto.

Più di 200 milioni tra donne e ragazze alle prese con le conseguenze delle mutilazioni genitali femminili, 4 milioni di ragazze che rischiano di subire questa pratica ogni anno, con 2 milioni di casi in più previsti nei prossimi dieci anni a causa della pandemia.

650 milioni di spose bambine, 12 milioni all’anno, che potrebbero diventare 120 milioni in assenza di politiche mirate.

8mila femminicidi all’anno solo in India legati al mancato pagamento della cosiddetta “dote” di matrimonio.

5mila delitti d’onore, la maggior parte dei quali in Medio Oriente e Asia meridionale, con circa il 58% delle donne uccise dal partner o da un membro della propria famiglia, 137 al giorno, situazione aggravata dalla pandemia.

217 milioni le donne con esigenze non soddisfatte di contraccezione.

Decine di migliaia di ragazze che muoiono ogni anno per complicazioni legate alla gravidanza e al parto, causa principale di morte tra le giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni, concentrate al 99% nei paesi a basso e medio reddito.

3,9 milioni di aborti clandestini ogni anno solo tra le adolescenti.

Il 45% delle donne e delle ragazze non può prendere decisioni autonome sul proprio corpo in tema di sessualità, uso della contraccezione e richiesta di cure per la salute riproduttiva.

Dei circa 40 milioni di persone vittime di schiavitù più di 7 su 10 sono donne.

43 paesi al mondo non hanno una legge sullo stupro perpetrato dal partner.

20 paesi o territori hanno una legge sul “matrimonio riparatore” che costringe le giovani donne a sposare lo stupratore, per proteggere il loro onore e quello delle famiglie, evitando in questo modo allo stupratore di affrontare il processo. 

Più di 30 paesi limitano il diritto delle donne a muoversi liberamente fuori dalle proprie case.

In media, in tutto il mondo, le donne hanno il 75% dei diritti rispetto agli uomini, spiega Aidos. “Porre fine alle morti materne prevenibili, coprire i bisogni insoddisfatti di pianificazione familiare e fermare la violenza di genere in tutto il mondo entro il 2030, costerà al mondo 264 miliardi di dollari”.

Se è vero che gli slogan non scadono e le parole giuste sono entrate a far parte ormai da tempo del lessico femminista e dei movimenti per la salute delle donne, spiega Aidos, è arrivato il momento di misurare l’autonomia delle scelte.

E dovremmo farlo a partire dal quinto obiettivo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che contiene un target specifico proprio per aiutare i governi a garantire alle donne il diritto alla salute sessuale e riproduttiva attraverso due indicatori: la percentuale di donne che, nella fascia di età 15-49 anni, prendono decisioni informate su rapporti sessuali, uso dei contraccettivi e cura della salute riproduttiva; il numero di paesi dotati di leggi e regolamenti volti a garantire un accesso completo e uguale per tutte e tutti, a partire dai 15 anni, ad assistenza, informazioni ed educazione sulla salute sessuale e riproduttiva.

“Questi indicatori nel loro insieme hanno segnato una svolta radicale nella misurazione dell’empowerment femminile e nella realizzazione di un ambiente favorevole all’autodeterminazione” spiega Aidos.

Solo se una donna può decidere liberamente in che modo tutelare la propria salute, se assumere o meno contraccettivi, se avere o meno un rapporto sessuale possiamo parlare di autonomia corporea. Al momento, in tutto il mondo solo il 55% delle donne ha questa autonomia. 

Se le prossime generazioni di donne saranno libere di scegliere, dipenderà anche da quanto saremo capaci di andare oltre questi parametri, e riconoscere e contrastare tutte quelle pratiche che per ora restano fuori dai trattati internazionali, spiega ancora Aidos.

Finché ci saranno matrimoni precoci e forzati, ostacoli a un’educazione completa sulla sessualità, mutilazioni genitali, esami anali forzati volti a testare una presunta omosessualità, sterilizzazioni o contraccezioni forzate, stupri omo o trans fobici, delitti d’onore e stupri coniugali, coercizioni riproduttive e test della verginità, non  potremo affermare di vivere in un mondo che ci vuole libere.

Leggi tutto il rapporto

14/4/2021 https://www.ingenere.it

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