Il genocidio degli Yanomami

“Se qualcuno mi avesse detto che le persone qui sono trattate in modo disumano come ho visto con gli yanomami, non ci avrei mai creduto”, così Lula due settimane fa, durante una visita nel cuore dell’Amazzonia nella più grande riserva del Brasile, dove vivono 30 mila indigeni su un’area di quasi 10 milioni di ettari, più grande dell’Ungheria per capirci. Una riserva istituita nel 1992 dal presidente Fernando Collor de Mello una settimana prima della storica conferenza mondiale di Rio sull’ambiente e pochi mesi prima del suo impeachment, per corruzione.

Lula ha immediatamente imposto lo stato di emergenza sanitaria sulla riserva e, da allora, le autorità mediche statali e i militari, gli unici ad avere accesso legale nelle terre yanomami, rivelano ogni giorno dettagli sempre più spaventosi: oltre la metà dei bambini indigeni soffre di grave malnutrizione, mentre nelle aree più remote la percentuale supera l’80%. Quasi tutti hanno la malaria e molti sono indeboliti da diarrea, malattie respiratorie e tubercolosi. Anche gli anziani e le madri sono malnutrite.

A Boa Vista, la capitale dello stato della Roraima che confina con il Venezuela e dove si trova la riserva, i reparti di emergenza negli ospedali e le strutture di assistenza sono al collasso. I militari volano senza sosta con i medici, gettano cibo dal cielo ed evacuano gli indigeni più malati ed affamati. Un migliaio sono stati portati a Boa Vista solo la scorsa settimana, “un’operazione di guerra”, ha dichiarato Ricardo Tapeba, il segretario di stato per la salute indigena. Non esagera visto che è stato chiuso anche lo spazio aereo per evitare il sorvolo di narcos, criminali e cercatori d’oro. Secondo le stime, sono infatti almeno 20.000 i cercatori d’oro lavorano illegalmente nella riserva. Qui li chiamano “garimpeiros” ed il loro numero è aumentato del 3.350% negli ultimi sette anni. Ma, soprattutto, distruggono l’habitat degli animali che gli yanomami cacciano e occupano i terreni fertili che gli indigeni usano per coltivare. I “garimpeiros”, che hanno costruito anche piste di atterraggio per i loro piccoli aerei all’interno dell’Amazzonia, lavorano l’oro con il mercurio che avvelena i fiumi da cui gli yanomami dipendono per il pesce. Inoltre, questa estrazione mineraria criminale, gestita dalle mafie dell’oro con ramificazioni anche nelle confinanti Venezuela e Guyana, crea enormi pozze d’acqua stagnante dove si riproducono le zanzare che poi trasmettono la malaria. Anche per questo si stima che il 70% degli yanomami abbia la malaria, la principale causa della loro decimazione.

Gran parte della responsabilità della tragedia che nei giorni scorsi ha sconvolto il Brasile e sta cominciando ad avere eco anche sui media internazionali è indubbiamente dell’ex presidente Jair Bolsonaro, che con la sua negligenza nei confronti degli Indigeni e il degrado ambientale tollerato in Amazzonia, ha contribuito a questo sterminio indigeno. La Corta Suprema brasiliana, nel 2021, e la Corte interamericana per i diritti umani, nel 2022, avevano intimato a Brasilia di espellere i “garimpeiros” ma nessuna di queste due sentenze è stata rispettata. In compenso, progressivamente, i fondi per la salute degli indigeni della Roraima sono stati tagliati, i medicinali hanno iniziato a scomparire dai dispensari e diecimila bambini non hanno più potuto essere curati. Lo scorso anno, appena il 30% delle scorte previste è stato consegnato. Dove sia finito il resto è oggetto di un’inchiesta su una rete di corruzione all’interno del sistema di salute pubblico.

Il ministro della Giustizia Flavio Dino, ha ordinato qualche giorno fa alla Polizia Federale di indagare Bolsonaro ed il suo governo per genocidio, mancata assistenza e reati ambientali, anche perché, secondo le organizzazioni indigene, durante il mandato di Bolsonaro, tra 2019 e 2022, sono morti 570 bambini. Anche la Corte Suprema brasiliana ha stabilito che venga aperta un’indagine contro le autorità del governo Bolsonaro per genocidio.

Del resto che Bolsonaro non abbia mai avuto a cuore gli indigeni è dimostrato da un decreto da lui fumato che ha permesso agli agricoltori di tutto il Brasile di continuare a utilizzare e vendere i campi che avevano creato illegalmente all’interno delle riserve non ancora registrate. Il governo di Lula ha sospeso il decreto una decina di giorni fa ma, oramai, il danno è stato fatto. “I minatori stanno distruggendo i nostri fiumi, la nostra foresta e i nostri figli. La nostra aria non è più pura e la nostra gente sta gridando per avere acqua pulita”, aveva scritto lo scorso marzo Júnior Hekurari Yanomami, il presidente del consiglio sanitario locale degli yanomami. “Vogliamo vivere, rivogliamo la nostra pace e il nostro territorio.”

Si sapeva insomma da mesi che gli yanomami stavano vivendo una catastrofe umana, ciò che era sconosciuto era la dimensione. Nel settembre dello scorso anno, la giornalista Talita Bedinelli aveva rivelato che i loro bambini morivano vomitando vermi per mancanza di vermifughi, mostrando anche che le ragazze yanomami soffrivano di stupri di gruppo perché, affamate, si prostituivano in cambio di riso e salsicce. Lo scorso dicembre l’ong Survival International aveva pubblicato per prima le foto che poi hanno fatto il giuro del mondo, con bambini ed anziani scheletrici. Hekurari sabato scorso ha confermato ai media brasiliani che l’amministrazione Bolsonaro ha ignorato circa 50 lettere di richieste disperate aiuto. Anche per questo Lula e la sua ministra dell’Ambiente, Marina Silva, accusano Bolsonaro di genocidio, insieme ad un numero crescente di ong e ad una parte importante della Chiesa cattolica.

Paolo Manzo

2/2/2023 https://www.vita.it/

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