Il lavoro che usura

A partire dalla fine degli anni Novanta, anche nel nostro paese, la presenza di donne immigrate supera quella della componente maschile. La declinazione al femminile della responsabilità di breadwinner coinvolge in particolar modo alcune provenienze nazionali.

È questo il caso delle donne moldave, che da ormai due generazioni, a causa delle problematiche socioeconomiche che hanno interessato la Moldova, si fanno carico del sostentamento della famiglia nel paese di origine, vivendo, di fatto, una segregazione occupazionale che le confina principalmente agli ambiti domestici e di cura.

Ambiti logoranti sia da un punto di vista fisico, sia da un punto di vista emotivo e psicologico. All’arrivo in Italia le cosiddette badanti godono generalmente di un buono stato di salute, tuttavia questo rischia di venire progressivamente compromesso dalle specificità dell’attività lavorativa: problemi muscolo-scheletrici, criticità respiratorie, reazioni dermatologiche, depressione e ansia sono alcune delle patologie che interessano queste lavoratrici.

Il volume di Veronica Redini, Francesca Alice Vianello e Federica Zaccagnini tratta proprio il tema della salute delle lavoratrici migranti impiegate nei servizi alla persona. La cornice in cui s’inserisce è quella delle migrazioni internazionali femminili. Attraverso una ricerca multi-metodo e multi-disciplinare il testo indaga la complessa relazione tra esperienza migratoria, lavoro e salute di donne moldave residenti a Padova e provincia.

Se la scelta di indagare la relazione tra migrazione, lavoro e salute appare innovativa, ancor di più lo è la metodologia adottata dalle autrici. Una sociologa, una antropologa e una economista hanno messo in campo gli strumenti metodologici propri di ciascuna disciplina, li hanno discussi, confrontati e mescolati al fine di studiare le esperienze e le problematiche di salute delle lavoratrici migranti.

Un ulteriore pregio del testo è la scelta di approfondire in particolar modo il tema della salute mentale delle donne moldave impiegate nel settore della cura, fornendo dati qualitativi e quantitativi a sostegno della, ancora troppo poco nota anche agli operatori sanitari, “Sindrome Italia”, denominazione giornalistica che indica la sofferenza psichica delle migranti che tornano nel paese di origine dopo anni di lavoro in Italia.

Questa sofferenza, definita dalle autrici “mal da lavoro”, deve essere situata storicamente e geograficamente, infatti, come evidenziano i risultatati della ricerca, essa interessa in modo particolare le migranti più anziane, esposte non solo a lavori più rischiosi dal punto di vista psico-fisico, ma anche a numerose forme di prevaricazione di classe, di genere e razziale. Per queste migranti post-sovietiche l’emigrazione ha significato abbandonare i propri riferimenti sociali e professionali sentendosi giudicate e colpevolizzate per averlo fatto.

Il libro si sviluppa in cinque capitoli. 

Il primo approfondisce i diversi strumenti metodologici adottati: questionari, interviste con donne moldave occupate nel lavoro di cura, interviste con datori di lavoro e interviste con medici hanno fornito un massiccio corpus di dati, dai quali è generata l’analisi e la riflessione.

Il secondo capitolo pone l’accento sulle forme di segregazione occupazionale che colpiscono le lavoratrici moldave, ed è il frutto di 173 questionari somministrati a lavoratrici della cura, infermiere, operatrici sociosanitarie, operaie, lavoratrici del commercio, della ristorazione e impiegate nel settore delle pulizie industriali.

Le specificità del welfare “all’italiana” sono messe al centro del terzo capitolo ed esplorate congiuntamente ai profili biografici delle lavoratrici della cura migranti e al contesto lavorativo. Il capitolo evidenzia come sia necessario un quadro analitico ampio per poter indagare e comprendere lo stato di salute fisico ed emotivo delle lavoratrici migranti.

Nel quarto capitolo le percezioni dei medici sullo stato di salute delle lavoratrici assistite vengono messe a confronto con le rappresentazioni delle lavoratrici stesse e con i dati quantitativi relativi alle diagnosi di patologie croniche delle migranti intervistate. Il quadro che ne esce è una conferma di come esperienza lavorativa e migrazione incidano sullo stato di salute sia in termini biomedici sia come costruzione sociale.

Infine, nell’ultimo capitolo, attraverso un dialogo tra dati quantitativi e qualitativi, vengono approfondite congiuntamente le specificità della migrazione femminile dai paesi dell’est Europa, il lavoro di cura in regime di coresidenza e la salute mentale. La triangolazione operata in quest’analisi evidenzia come l’insorgere di disturbi psicologici e/o psichici sia strettamente connesso al contesto lavorativo e migratorio.

L’approfondimento realizzato nell’ultimo capitolo risulta così interessante, che il lettore si aspetta vengano dedicate altrettante riflessioni ad altre questioni emerse durante la ricerca e non trovandole, ne rimane un po’ deluso. Per dirla in altre parole sarebbe stato apprezzabile, partendo dai dati raccolti, ampliare l’analisi anche ad altri temi, come ad esempio quello riguardante le specifiche forme di violenza a cui le lavoratrici domestiche, in particolare coresidenti, sono esposte oppure quello relativo al ruolo dei sindacati nella regolamentazione del lavoro di assistenza a domicilio.

Singolare risulta la scelta degli alias attribuiti alle persone intervistate: a donne e datori di lavoro è stato assegnato un nome proprio di persona, mentre ai medici è stato assegnato un cognome. Sarà forse che la posizione sociale, culturale ed economica rivestita dai medici ha esercitato la propria dominanza anche nella scelta degli alias da parte delle autrici?

Complessivamente si tratta di un testo stimolante e ambizioso che ben coniuga intraprendenza metodologica e riflessioni teoriche. Un libro apripista che sollecita future e necessarie indagini volte a gettare luce sulla relazione tra salute di persone migranti e lavoro.

Pamela Pasian

22/1/2020 http://www.ingenere.it

Il lavoro che usura. Migrazioni femminili e salute occupazionale, Veronica Redini, Francesca Alice Vianello, Federica Zaccagnini, Franco Angeli, 2020

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