• Archivio Lavoro & Salute
  • Medicina Democratica
Log in
Close
Lost your password?
Lavoro & Salute – Blog
Visita Rifondazione.it
  • Home
  • Archivio
    • Cronache Politiche
    • Cronache Sociali
    • Comitati di Lotta
    • Cronache di Lavoro
    • Cronache Sindacali
    • Movimenti di Liberazione
    • Altra Informazione
  • Sito LeS Cartaceo
  • Editoriali
  • Annali
  • Altro Blog
SFOGLIA IL GIORNALE INTERATTIVO
Chi è interessato a scrivere e distribuire la rivìsta nel suo posto di lavoro, o pubblicare una propria edizione territoriale di Lavoro e Salute, scriva a info@lavoroesalute.org Distribuito gratuitamente da 38 anni. A cura di operatori e operatrici della sanità. Finanziato dai promotori con il contributo dei lettori. Tutti i numeri in pdf www.lavoroesalute.org

  •  Seguici su Facebook Lavoro E Salute
  •  Seguimi su FacebookFranco Cilenti
Visita Medicina Democratica

LA RIVISTA NAZIONALE
MEDICINA DEMOCRATICA


Rifondazione Due per mille

Rifondazione Due per mille

Su La Testa – Argomenti per la rifondazione comunista

Su La Testa - Argomenti per la rifondazione comunista

Su La Testa - Argomenti per la rifondazione comunista

Sinistra Europea

Visita Sinistra Europea
Free Palestine
  • Intifada
  • OLP
  • Free Palestine FB Page

Blog Lavoro e Salute – Categorie

  • Ambiente e salute (2.351)
  • Blog (12.452)
    • Altra Informazione (10.727)
    • Comitati di Lotta (9.736)
    • Cronache di Lavoro (8.636)
    • Cronache Politiche (10.819)
    • Cronache Sindacali (7.876)
    • Cronache Sinistra Europea (9.058)
    • Cronache Sociali (10.699)
    • Culture (7.940)
    • Editoria Libera (6.338)
    • Movimenti di Liberazione (825)
    • Politiche di Rifondazione (10.150)
    • Storia e Lotte (7.046)
  • cronache sindacali (54)
  • Internazionale (2.047)
  • lavoratrici (31)
  • OSS sanità (11)
  • sanità e salute (5.096)
  • servizio sanitario privato (55)
  • sicurezza lavoro (1.705)
  • Uncategorized (99)

Archivio Settimanale

  • Gennaio 23, 2023–Gennaio 29, 2023
  • Gennaio 16, 2023–Gennaio 22, 2023
  • Gennaio 9, 2023–Gennaio 15, 2023
  • Gennaio 2, 2023–Gennaio 8, 2023
  • Dicembre 26, 2022–Gennaio 1, 2023
  • Dicembre 26, 2022–Gennaio 1, 2023
  • Dicembre 19, 2022–Dicembre 25, 2022
  • Dicembre 12, 2022–Dicembre 18, 2022
  • Dicembre 5, 2022–Dicembre 11, 2022
  • Novembre 28, 2022–Dicembre 4, 2022
  • Novembre 21, 2022–Novembre 27, 2022
  • Novembre 14, 2022–Novembre 20, 2022
  • Novembre 7, 2022–Novembre 13, 2022
  • Ottobre 31, 2022–Novembre 6, 2022
  • Ottobre 24, 2022–Ottobre 30, 2022

Archivio Mensile

  • Gennaio 2023 (183)
  • Dicembre 2022 (169)
  • Novembre 2022 (193)
  • Ottobre 2022 (178)
  • Settembre 2022 (155)
  • Agosto 2022 (110)
  • Luglio 2022 (171)
  • Giugno 2022 (152)
  • Maggio 2022 (156)
  • Aprile 2022 (148)
  • Marzo 2022 (204)
  • Febbraio 2022 (178)
  • Gennaio 2022 (202)
  • Dicembre 2021 (210)
  • Novembre 2021 (181)
  • Ottobre 2021 (152)
  • Settembre 2021 (144)
  • Agosto 2021 (68)
  • Luglio 2021 (180)
  • Giugno 2021 (167)
  • Maggio 2021 (192)
  • Aprile 2021 (219)
  • Marzo 2021 (200)
  • Febbraio 2021 (174)
  • Gennaio 2021 (203)
  • Dicembre 2020 (211)
  • Novembre 2020 (205)
  • Ottobre 2020 (192)
  • Settembre 2020 (149)
  • Agosto 2020 (124)
  • Luglio 2020 (184)
  • Giugno 2020 (123)
  • Maggio 2020 (135)
  • Aprile 2020 (166)
  • Marzo 2020 (221)
  • Febbraio 2020 (161)
  • Gennaio 2020 (148)
  • Dicembre 2019 (143)
  • Novembre 2019 (127)
  • Ottobre 2019 (113)
  • Settembre 2019 (114)
  • Agosto 2019 (83)
  • Luglio 2019 (116)
  • Giugno 2019 (103)
  • Maggio 2019 (120)
  • Aprile 2019 (107)
  • Marzo 2019 (114)
  • Febbraio 2019 (111)
  • Gennaio 2019 (106)
  • Dicembre 2018 (117)
  • Novembre 2018 (100)
  • Ottobre 2018 (112)
  • Settembre 2018 (99)
  • Agosto 2018 (91)
  • Luglio 2018 (104)
  • Giugno 2018 (102)
  • Maggio 2018 (103)
  • Aprile 2018 (96)
  • Marzo 2018 (108)
  • Febbraio 2018 (98)
  • Gennaio 2018 (86)
  • Dicembre 2017 (81)
  • Novembre 2017 (100)
  • Ottobre 2017 (98)
  • Settembre 2017 (73)
  • Agosto 2017 (50)
  • Luglio 2017 (115)
  • Giugno 2017 (100)
  • Maggio 2017 (94)
  • Aprile 2017 (108)
  • Marzo 2017 (112)
  • Febbraio 2017 (139)
  • Gennaio 2017 (126)
  • Dicembre 2016 (109)
  • Novembre 2016 (94)
  • Ottobre 2016 (97)
  • Settembre 2016 (66)
  • Agosto 2016 (37)
  • Luglio 2016 (82)
  • Giugno 2016 (76)
  • Maggio 2016 (65)
  • Aprile 2016 (78)
  • Marzo 2016 (67)
  • Febbraio 2016 (71)
  • Gennaio 2016 (71)
  • Dicembre 2015 (87)
  • Novembre 2015 (90)
  • Ottobre 2015 (91)
  • Settembre 2015 (64)
  • Agosto 2015 (28)
  • Luglio 2015 (71)
  • Giugno 2015 (69)
  • Maggio 2015 (77)
  • Aprile 2015 (87)
  • Marzo 2015 (96)
  • Febbraio 2015 (105)
  • Gennaio 2015 (107)
  • Dicembre 2014 (101)
  • Novembre 2014 (89)
  • Ottobre 2014 (120)
  • Settembre 2014 (34)
  • Agosto 2014 (18)
  • Luglio 2014 (33)
  • Giugno 2014 (33)
  • Maggio 2014 (29)
  • Aprile 2014 (27)
  • Marzo 2014 (65)
  • Febbraio 2014 (22)
  • Ottobre 2013 (11)

Commenti di Mauro Biani

    Visitatori Blog da Ottobre 2016

    • 66Questo articolo:
    • 2621514Totale letture:
    • 1071501Totale visitatori:
    • 307Ieri:
    • 7804Visitatori per mese in corso:
    • 7Utenti attualmente in linea:
    Altra Informazione, Blog, Comitati di Lotta, Cronache di Lavoro, Cronache Politiche, Cronache Sindacali, Cronache Sinistra Europea, Cronache Sociali, Culture, Politiche di Rifondazione, sanità e salute, sicurezza lavoro, Storia e Lotte — Marzo 28, 2020 8:41 am

    Non esiste alcun conflitto generazionale! L’unico vero conflitto economico è quello di classe tra i pochissimi che detengono la stragrande maggioranza della ricchezza sociale prodotta e i moltissimi che si dividono quello che resta.

    Il mito del conflitto generazionale e la realtà del conflitto di classe

    Pubblicato da franco.cilenti

    L’emergenza sanitaria di queste settimane, come avviene in tutti gli stati emergenziali, sta mostrando in tutta la sua crudezza alcuni tratti tipici della nostra organizzazione economica e sociale. Gli effetti devastanti dell’austerità sul sistema sanitario rivelano in modo brutale cosa significhi davvero la logica della scarsità delle risorse imposta dalle politiche economiche degli ultimi decenni. A fronte di una disponibilità limitata di posti di terapia intensiva occorre, come in un’economia di guerra, effettuare delle scelte e sacrificare il più vecchio o il già malato, colui che avrà meno possibilità di sopravvivenza a favore del più giovane e sano. La scarsità delle risorse, non certo naturale o da deficit tecnologico, ma imposta da anni di politiche di austerità, impone una logica di sapore darwinista di selezione del soggetto da salvare, contrapponendo giovani e vecchi e sani e malati.

    Questa apparente contrapposizione non è limitata, però, al campo della salute. Da molti anni il dibattito pubblico è permeato di una retorica che è divenuta quasi costitutiva del nostro modo di pensare: quella di un inevitabile conflitto economico intergenerazionale tra giovani e anziani, per la spartizione di risorse economiche scarse, nel tempo della crisi demografica irreversibile dell’occidente.

    Il presupposto oggettivo di questa idea è l’esistenza di un’indubbia crisi demografica che nei paesi europei, e più in generale nel mondo industrializzato, ha avuto inizio negli anni ’70-’80 del secolo scorso e si manifesta come crescente squilibrio anagrafico tra giovani e vecchi, con la crescita degli ultimi e la diminuzione dei primi.

    La simultanea riduzione dei tassi di natalità e mortalità, e addirittura in Italia il superamento del numero di morti rispetto al numero di nati già a partire dalla fine degli anni ’80, hanno portato non solo ad un evidente invecchiamento, favorito quest’ultimo anche dal progresso tecnologico in campo sanitario, ma anche ad un graduale declino della popolazione, compensato in molti paesi europei soltanto dal saldo netto positivo dei flussi migratori (immigrati meno emigrati). Del resto, per dare un’idea della situazione anagrafica del nostro paese basta osservare che nel 2018 l’età mediana (quella che ripartisce la popolazione ordinata secondo l’età in due gruppi ugualmente numerosi) in Italia era pari a 46,8 anni, a fronte dei 31 anni nel periodo dell’immediato dopoguerra, e che nel 2017 il tasso di natalità (definito come il rapporto  tra  il  numero  dei  nati  vivi  dell’anno  e  l’ammontare  medio  della popolazione residente) era pari a 7,5/1000 e quello di mortalità (definito come il rapporto tra  il  numero  dei  decessi  nell’anno  e  l’ammontare  medio  della popolazione residente) attorno al 10/1000.

    Declino e invecchiamento sono una realtà evidente della demografia contemporanea occidentale e in particolare del nostro e di altri paesi, che affonda le sue radici in un complesso di cause che sono insieme materiali e culturali.

    A partire da questo stato di cose, occorre allora porsi alcune domande che richiedono uno sforzo di riflessione ampio. La prima e più immediata è questa: ammesso e non concesso che il declino demografico sia un dato esogeno rispetto al funzionamento e allo stato di salute del sistema economico (e non lo è affatto), l’attuale rapporto numerico tra giovani e vecchi rende davvero inevitabile l’esplosione di un conflitto distributivo generazionale, da risolversi con politiche di restrizione della quota di reddito devoluta agli anziani (obiettivo perseguito dalle riforme pensionistiche varate dal 1992 ad oggi)? Più in breve: gli interessi oggettivi dei lavoratori giovani e degli anziani pensionati sono davvero inevitabilmente contrapposti?

    Rispondere a questa prima domanda ci permette di fissare il primo tassello del puzzle della decostruzione della nefasta teoria del conflitto tra generazioni.

    Al principio del 2019 il Fondo Monetario Internazionale pubblicava un rapporto sulla sostenibilità dei sistemi pensionistici, in cui veniva messo sotto accusa il sistema previdenziale italiano, considerato ad alto rischio di collasso e insostenibile nel lungo periodo. Vi si affermava: “Abbassare l’età pensionabile” – con chiaro riferimento alla riforma nota come quota 100 – “abbasserà il tasso di partecipazione alla forza lavoro e la crescita potenziale, aggiungendosi ad un già alto conto pensionistico”. Seguivano raccomandazioni sulla necessità di aumentare l’età pensionabile, per evitare che un domani i giovani non abbiano più modo di accedere alla pensione e siano costretti a finanziarla con proprie risorse una volta raggiunta l’anzianità.

    Il report del FMI esemplifica plasticamente una visione egemone ormai da trent’anni, che continuamente viene riproposta con altisonante allarmismo e che ritorna oggi con clamore nel dibattito corrente sul superamento di quota 100: “non ci sono risorse per finanziare i sistemi pensionistici” si afferma. “L’unica soluzione è un aumento dell’età pensionabile o una riduzione drastica dell’assegno pensionistico”. “Se queste misure non venissero attuate i giovani sarebbero condannati ad un presente e ad un futuro di privazioni a causa degli iniqui privilegi garantiti agli anziani. E se mai proprio dovessimo garantire flessibilità in uscita ai pensionati occorrerebbe farlo a parità di risorse, ovvero con una penalizzazione dell’assegno previdenziale”, etc. etc.

    Ma quali sono i presupposti di questa impostazione? Per rispondere, bisogna partire dalle radici di teoria economica e di prospettiva politica e culturale che si celano dietro al mito del conflitto economico tra le generazioni. Vi sono molti pilastri su cui si sostiene questo mito. Il primo discende direttamente dalla logica intrinseca della teoria economica neoclassica, oggi dominante, secondo cui un sistema economico dispone di risorse date, scarse. Quest’idea si basa sull’assunzione che i sistemi economici di mercato tendano – magicamente – sempre a raggiungere il pieno impiego delle risorse disponibili, ovvero la piena occupazione dei lavoratori e il pieno utilizzo del capitale fisico a disposizione. Una visione armonica e idilliaca del capitalismo come sistema destinato a generare piena occupazione, una semplice fandonia in malafede che è stato dimostrato essere logicamente fallace e fondata su presupposti teorici del tutto inconsistenti. Ma qui la scienza non c’entra nulla, nella misura in cui la teoria neoclassica fornice una patina di legittimità agli interessi delle classi dominanti. Tornando al nostro ragionamento, è evidente che, se si ritiene il capitalismo un sistema che porta necessariamente alla piena occupazione, non si potrà che ragionare sempre in un’ottica di risorse scarse. Se tutti i lavoratori sono impiegati e tutto il capitale è pienamente utilizzato, infatti, il sistema sta già producendo il massimo producibile date le condizioni demografiche e tecnologiche esistenti. In questa dimensione è evidente che una crescita della popolazione anziana, a sistemi pensionistici dati, non potrà che comportare un drenaggio di risorse dai più giovani occupati.

    Se le cose stessero davvero così è evidente che, in condizioni di declino demografico, mantenere un sistema pensionistico nelle condizioni attuali implicherebbe spostare risorse date dai giovani occupati agli anziani inoccupati, con pregiudizio inevitabile della generazione lavoratrice. Proprio da qui nasce la retorica dell’inevitabilità di riforme pensionistiche restrittive come ancora di salvataggio per i giovani i quali, già colpiti dalla precarietà del lavoro, sarebbero, poveri diavoli, anche costretti a finanziare insostenibili assegni pensionistici per anziani benestanti.

    La ricetta conseguente a questa impostazione in campo previdenziale è, da ormai trent’anni, sempre la stessa: riduzione dei diritti pensionistici e ridimensionamento della spesa previdenziale. La leva attraverso cui questa riduzione è stata attuata in Italia è stata la trasformazione del sistema retributivo in contributivo e, a seguire, la progressiva riduzione dei coefficienti di trasformazione sulla base dell’idea che più anni di vita debbano implicare una rendita pensionistica mensile minore. A ciò si è unito l’aumento continuo dell’età pensionabile.

    Se però capovolgessimo le premesse alla base di questo programma di austerità previdenziale, anche queste apparenti conseguenze logiche perderebbero ogni consistenza e coerenza. Se la disoccupazione, il precariato, la discontinuità delle carriere e il lavoro nero non fossero dati immutabili del sistema economico, come invece la teoria economica dominante ci vorrebbe far credere, ma caratteristiche strettamente legate alle politiche economiche e al modello di sviluppo capitalistico adottato, allora si aprirebbe un pozzo di risorse sterminato, attraverso cui coniugare un maggior benessere dei giovani con la possibilità di finanziare agevolmente le pensioni degli anziani, anche in presenza di un aumento dell’aspettativa media di vita e di un innegabile declino demografico. Più occupazione e carriere più sicure e continue significa infatti una crescita enorme del montante contributivo che finanzia un sistema pensionistico.

    A tutto questo si aggiunge poi un altro tassello molto rilevante. Nel discorso corrente in tema previdenziale si fa sempre esclusivo riferimento alle risorse reperibili dai contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro. È noto infatti che la stragrande maggioranza dei sistemi previdenziali viene finanziata tramite la raccolta dei contributi pagati dai lavoratori dipendenti e autonomi e, in quota parte, dalle imprese a favore dei loro dipendenti. Si tratta di una voce che va ad incrementare il cosiddetto costo del lavoro. A differenza di tanti altri trasferimenti o servizi sociali, sanitari, d’istruzione, di trasporto pubblico etc., la previdenza viene infatti finanziata in massima parte tramite la leva contributiva. In termini macroeconomici, questo significa che il costo del mantenimento della popolazione non più attiva ricade praticamente in toto su lavoratori e imprese, mentre i percettori di altre tipologie di reddito sono totalmente esenti da questo sforzo di finanziamento. Nel corso degli ultimi decenni il sistema industriale nel mondo occidentale ha conosciuto una progressiva crisi e fette consistenti di profitti sono state assorbite finanza: plusvalenze azionarie, rendite da interessi, rendite e plusvalenze da speculazioni immobiliari. Flussi enormi di ricchezza che non contribuiscono in alcun modo al sostentamento del sistema previdenziale, il quale invece potrebbe attingere anche alla fiscalità generale, ovvero le imposte. Una fiscalità che, naturalmente, andrebbe ripensata su base molto più progressiva e universale, per colpire con più incisività i redditi da capitale e in generale i redditi più elevati.

    Infine, in piena coerenza logica con quanto spiegato in merito alla visione dominante del funzionamento dell’economia, nel dibattito corrente mai si pone l’accento sulla possibilità di finanziare la spesa sociale in deficit. E se lo si fa, lo si concepisce come un intervento emergenziale, un’eccezione alla regola del pareggio di bilancio imposta e poi cristallizzata dai trattati europei (Maastricht, Fiscal Compact). In ossequio al paradigma teorico dominante, se il sistema tende al pieno impiego qualunque intervento in deficit non potrebbe che portare a spinte inflazionistiche e a spiazzamento degli investimenti privati da parte della spesa pubblica, senza alcun risultato in termini occupazionali e di crescita.

    Se invece, ancora una volta, si ritiene che il sistema capitalistico tenda ad un costante sottoimpiego delle risorse per via di una cronica carenza di domanda aggregata, qualsiasi spesa in deficit, anche per spesa corrente, ad esempio per le pensioni, non può che accrescere, tramite un aumento della domanda aggregata, la produzione e l’occupazione. Un meccanismo virtuoso che si dispiegherebbe fino al raggiungimento del pieno impiego. Del resto, un raggiungimento di una piena e buona occupazione sarebbe a sua volta quel tassello mancante, già discusso in precedenza, che contribuirebbe alla piena sostenibilità dei sistemi pensionistici tramite le entrate contributive. Che si finanzino direttamente le pensioni in deficit, creando un meccanismo di crescita dei consumi e quindi della produzione e dell’occupazione; oppure che si pratichino tramite altre voci di spesa pubblica politiche di espansione della domanda orientate alla piena occupazione, il risultato finale, in relazione agli equilibri occupazionali e previdenziali, sarebbe lo stesso: un forte aumento delle entrate contributive generato da un aumento dell’occupazione, che permetterebbe, a regime, un adeguato finanziamento delle prestazioni pensionistiche nel lungo periodo.

    Ed ecco che, rovesciando il paradigma economico dominante, si scioglie come neve al sole ogni presupposto teorico alla base del mito del conflitto tra generazioni. Maggiore occupazione, più alti salari, stabilità lavorativa per i giovani fanno rima con pensioni più alte e sicure e con maggior flessibilità in uscita.

    Il benessere delle generazioni è così legato da un unico filo indissolubile. Un filo che le classi dominanti cercano in tutti i modi di spezzare nella loro lotta senza quartiere contro il lavoro in tutte le sue forme e fasi, dove salario e pensione rappresentano evidentemente due fasi temporali del reddito da lavoro. Ogni attacco al salario è indirettamente un attacco alle pensioni del presente e del futuro ed ogni attacco alle pensioni è un attacco a quella particolare fase del reddito da lavoro inquadrabile come salario differito.

    La guerra ideologica che vorrebbe giovani e vecchi in conflitto su due barche diverse è dunque parte della lotta di classe finalizzata a spezzare l’unità, anche anagrafica, della classe lavoratrice nel suo insieme. La guerra allo stato sociale, dalla sanità alle pensioni, dall’istruzione ad ogni altro genere di servizio di base è una guerra contro i lavoratori di tutte le età e, a vari livelli, è parte di quel gigantesco programma di redistribuzione del reddito dai poveri ai ricchi che si perpetua da molti anni.

    Non esiste alcun conflitto generazionale! L’unico vero conflitto economico è quello di classe tra i pochissimi che detengono la stragrande maggioranza della ricchezza sociale prodotta e i moltissimi che si dividono quello che resta.

    Coniare Rivolta – Collettivo di economisti

    26/3/2020 https://coniarerivolta.org

    Tags: conflitto conflitto di classe conflitto generazionale età pensionabile Europa giovani pensioni riforme sociale tagli Unione Europea usterità vecchi
    • Condividi questo post:
    • Facebook
    • Twitter
    • Delicious
    • Digg
    Autore: franco.cilenti
    © Copyright 2023 — Lavoro & Salute – Blog. All Rights Reserved - Created by Pep Web - Privacy Policy
    blog-lavoroesalute.org è un blog collettivo di giornalisti e di autori e non una testata giornalistica. Il suo aggiornamento è infatti senza periodicità. blog-lavoroesalute.org non è quindi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. I contenuti e le opinioni di blog-lavoroesalute.org devono per questo motivo essere considerati espressione esclusiva di chi ne è autore e, in ogni senso, sotto la sua individuale e personale responsabilità. I contributi multimediali utilizzati da blog-lavoroesalute.org- testi, foto, video, audio e grafiche - se non di produzione o di proprietà dei giornalisti e degli autori o concessi esplicitamente da autori terzi o dalle persone ritratte, sono di pubblico dominio perché, ove possibile, offerti dalla rete e trattati, in relazione alle loro opzioni di riproduzione o elaborazione, come contenuti di blog-lavoroesalute.org, nel rispetto dei 6 livelli di tutela dell’autorialità previsti dalla versione inglese e dalle bozze italiane del CCPL 4.0 per la gestione della pubblicazione e della elaborazione di Creative Commons. Se gli autori o i soggetti ritratti o riprodotti fossero contrari, nella forma utilizzata o in assoluto, alla pubblicazione su blog-lavoroesalute.org di contenuti che li riguardano, hanno facoltà di inviare una segnalazione a blog-lavoroesalute.org per la loro correzione, in ogni modo indicato, o per la loro rimozione, con il diritto di stabilire la rilevanza della eventuale rettifica, compreso anche quanto pubblicato sui social-network. Ogni contribuzione volontaria o entrata pubblicitaria ricevuta da blog-lavoroesalute.org è esclusivamente funzionale al suo mantenimento.
    Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Cliccando sul tasto o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.
    Accetto
    Privacy & Cookies Policy

    Privacy Overview

    This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
    Necessary
    Sempre abilitato
    Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
    Non-necessary
    Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
    ACCETTA E SALVA