Il mito dello scafista: da capro espiatorio a incarnazione del male

Un mito si aggira sulle narrazioni mediatiche delle vicende dei migranti e sui terribili naufragi che, sempre più spesso, stanno avvenendo di fronte alle coste italiane: quello dello scafista (termine che, negli anni Sessanta e Settanta, a Napoli, indicava il contrabbandiere di sigarette). Non passa giorno che in bocca ai politici, nei telegiornali, nei talk show televisivi, sui social non sentiamo la parola “scafista” associata alle tragedie dei migranti. Lo “scafista”, secondo questa narrazione dominante, sarebbe il trafficante per eccellenza di carne umana, il criminale senza scrupoli che specula sulla vita dei migranti. Chissà quanti sono coloro che, imbambolati dalla stupidità dei media, credono ancora che lo “scafista” si metta alla guida della barca che trasporta i migranti e che poi, una volta a terra, cerchi di fuggire senza lasciare traccia. È doveroso ricordare che tale mito non è certo un’invenzione della “destra” (altra raffigurazione mitica) ma ci sembra che sia stato creato, quantomeno, dalla legge Turco-Napolitano del 1998, volta a reprimere l’immigrazione clandestina (su wikipedia). Ricordiamo inoltre che Livia Turco, artefice della legge, è stata eletta recentemente alla direzione nazionale del PD di Elly Schlein.

Sarebbe interessante, allora, andarsi a leggere qui questo interessante articolo a firma di Gian Domenico Caiazza che smonta il mito mediatico dello “scafista”. Tra l’altro, Caiazza non appartiene certo né all’universo della sinistra antagonista né a quello della contestazione ma è un avvocato penalista che dal 2006 al 2010 è stato presidente della Camera penale di Roma. L’avvocato suggerisce di leggere un’inchiesta molto utile e documentata pubblicata lo scorso ottobre e realizzata da Arci Porco Rosso e Alarm Phone con la collaborazione di Borderline Sicilia e Borderline Europe (scaricabile a questo link). I veri trafficanti di esseri umani – continua – si guarderebbero bene dal compiere il viaggio insieme ai migranti. Chi guida i barconi sono altri migranti che, per mettersi al posto di pilotaggio, probabilmente hanno avuto degli ‘sconti’ sui costi della traversata ben sapendo di andare incontro al rischio di molti anni di carcere, se in Italia vengono arrestati. Leggiamo cosa scrive l’avvocato Caiazza nell’articolo citato:

Nel nostro Paese, ogni volta che accade un fatto grave, una sciagura che colpisce la pubblica opinione e che magari interroga anche possibili responsabilità istituzionali, si riesce ad immaginare una sola risposta: la introduzione di nuove figure di reato, o l’innalzamento delle pene previste per i reati già esistenti. E’ un riflesso puramente populista, da sempre patrimonio comune dei governi di qualsivoglia colore politico, che usano il diritto penale non per raggiungere un seppur minimo e concreto risultato in termini di maggiore sicurezza sociale, ma per lanciare tramite la narrazione mediatica il messaggio di uno Stato che reagisce con implacabile severità. Qualcuno di voi pensa seriamente che il migrante che si rende disponibile a guidare il barcone perché altrimenti non avrebbe il denaro sufficiente per imbarcarsi, o il disperato che non sa come altrimenti guadagnare nella vita, potranno recedere dal loro intento quando verranno a sapere (da chi, poi?), che la pena che sta rischiando non è più di 15, ma di 20 anni? Ma tant’è, inutile parlarne: assisteremo alla consueta liturgia dello “Stato che reagisce con fermezza”, celebrata da telegiornali e testate compiacenti; e saremo tutti più tranquilli.

Non possiamo proprio dargli torto: se lo Stato reagisce con fermezza, allora saremo davvero tutti più tranquilli. Il mito dello scafista appare come una costruzione politica e mediatica che sposta il discorso dal salvataggio degli esseri umani verso la criminalità che sta dietro al traffico di quegli stessi esseri umani. Il baricentro dell’attenzione viene quindi allontanato dal vero problema, cioè l’incapacità (e la mancanza di volontà) di salvare i migranti per concentrarsi sui risvolti punitivi: se non riusciamo (e non vogliamo, ostacolando in tutti i modi le ONG), noi stato italiano, almeno, puniamo i ‘cattivi’, quegli esecrabili trafficanti di esseri umani che, come abbiamo visto, si guardano bene dall’imbarcarsi coi migranti. Anzi, molto probabilmente, essi risiedono tranquilli e sereni negli alti palazzi della politica e dell’economia, facendosi burle di questo grande circo mediatico.

D’altra parte, non possiamo poi non accorgerci che tale mito altro non è se non la riproduzione mediatica della figura di un capro espiatorio che, negli ultimi anni, si sta riproponendo con sempre maggiore frequenza. In tempi di Covid, il perfetto capro espiatorio erano i cosiddetti “runner”, chi faceva jogging in luoghi isolati o portava a spasso il cane. Esercito, droni e polizia si accanivano su inermi cittadini che non rispettavano il lockdown in spazi aperti ed isolati; un altro capro espiatorio era chi non portava la mascherina all’aperto oppure non rispettava le famigerate ‘distanze di sicurezza’, additato subito come untore di manzoniana memoria. Il capro espiatorio fa presto poi a trasformarsi in vera e propria incarnazione del male: ecco che, a livello internazionale, sono stati svariati i nemici creati ad arte dal dominio degli USA e della NATO, da ultimo il popolo russo e la Russia.

Di fronte a questi miti, a queste narrazioni mediatiche che, in modo pervasivo, tendono a costruire eroi, nemici, criminali, modi inquadrati ed inquadrabili di pensiero (ad esempio, sembra proprio che quando si parla di migranti in mezzo ci debba essere sempre lo scafista nello stesso modo in cui, quando si parla di genitorialità, i genitori debbano essere per forza di sesso diverso) non possiamo fare altro che innalzare ancora una volta la barriera dell’intelligenza critica. È necessario non smettere mai di pensare, di porsi domande in modo critico e non banale, altrimenti avranno vinto loro, quegli esponenti circensi di una politica e di una pervasiva struttura mediatica rispetto alla quale, ormai, la “Società dello spettacolo” di Debord è diventata un innocuo teatrino di marionette.

Guy Van Stratten 

24/3/2023 https://codice-rosso.net/

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