IL MOVIMENTO DISOCCUPATI 7 NOVEMBRE: LA RISPOSTA ALLA REPRESSIONE E LA LOTTA PER I PROPRI DIRITTI

Il Movimento di Lotta Disoccupati 7 Novembre è una realtà combattiva di classe che opera oramai da anni principalmente nella città di Napoli con l’obiettivo di organizzare, appunto, i disoccupati e far loro “reclamare ed ottenere un lavoro, un salario, diritti e, cosa più importante, far crescere in loro la consapevolezza di appartenere ad un’unica classe”. Anche nel contesto attuale di accelerazione della crisi dovuta alla pandemia e di attacco padronale complessivo alle condizioni di lavoro e di vita dei proletari il Movimento ha portato avanti una costante attività alla quale le istituzioni non hanno mancato di rispondere con repressione e criminalizzazione. Abbiamo intervistato Eddy, militante del Movimento di lotta Disoccupati 7 Novembre, per capire meglio da dove nasce l’esperienza del Movimento e le ragioni che li hanno spinti a sostenere lo sciopero generale del sindacalismo di base, convocato per l’11 ottobre scorso, e a lavorare intensamente sulla connessione delle istanze dei disoccupati con i lavoratori in lotta e le vertenze in corso nel paese anche nella prospettiva di una manifestazione unitaria per il 13 di novembre.

Da dove parte e cosa rappresenta l’esperienza del Movimento Disoccupati 7 Novembre?

Il Movimento “Disoccupati 7 novembre” nasce a Napoli, nel 2014, con lo scopo di far emergere le forti criticità vissute nel territorio a causa della mancanza di lavoro, di servizi pubblici, di un piano di sviluppo sociale; tramite degli sportelli di screening si è cercato di coinvolgere i disoccupati, in primis raccogliendo i loro dati e le loro problematiche e successivamente esprimendo il dissenso alle politiche locali e governative nella gestione del territorio.
L’obiettivo è semplice sulla carta: far in modo che ognuno abbia un lavoro, riprendendo dignità e serenità, con i diritti e le tutele che spettano ad ognuno anche in una realtà dimenticata dalle istituzioni. Partendo dai lavori di pubblica utilità come la manutenzione del verde, delle strade, la raccolta dei rifiuti1, la lotta all’inquinamento ambientale, abbiamo segnalato alle istituzioni dove prendere le risorse e quali progetti poter finanziare per migliorare la qualità della vita e dare lavoro. Il successo dell’iniziativa ha permesso di moltiplicare gli sportelli e attirare sempre più persone nel movimento, fino ad oggi, dove gli iscritti nella provincia di Napoli sono poco meno di un migliaio.
Per farci ascoltare abbiamo dovuto mettere in campo iniziative di lotta a volte eclatanti, come manifestazioni con migliaia di persone, occupazioni, blocchi stradali, scioperi, che hanno visto istituzioni ed enti pubblici e privati rispondere con violenza e repressione. Nonostante ciò, hanno dovuto fare i conti con la nostra determinazione e accettare molte delle nostre proposte. Tuttavia, dopo 7 anni, molti progetti che erano stati approvati sono stati bloccati, modificate le procedure e i bandi al fine di impedirne l’attuazione. Tutto questo per mantenere intatto il sistema di sfruttamento, lavoro nero e finanziamento delle agenzie interinali che governa il mondo delle assunzioni.
Tornando alla nascita del Movimento, questo si costituisce ufficialmente dal 7 novembre 2014, quando più di 5mila manifestanti cacciarono l’allora premier Matteo Renzi dalla zona industriale di Bagnoli (Na), zona che il decreto Sblocca Italia aveva di fatto commissariato. Proprio a Bagnoli, la richiesta di riqualificazione ambientale, bonifica e recupero da parte dei residenti si unì alla domanda di lavoro sicuro e stabile da parte dei disoccupati e portò, grazie alla massiccia partecipazione, ancora più coesione e determinazione nel Movimento con l’inizio di un percorso che dura da ormai 7 anni. Oltretutto, il 7 novembre rappresenta anche una giornata simbolo per i lavoratori e i proletari di tutto il mondo. Seguendo il filo rosso della storia, uno dei nostri slogan – “vogliamo il pane, vogliamo le rose” – sintetizza lo spirito del nostro movimento: lottare per il lavoro, diritto collettivo, senza limitarsi alla singola situazione locale ma che diventi una base per ricostruire un’identità di classe e possa portare ad una rinascita di un movimento proletario unitario.

Come è strutturato il Movimento e come organizza i propri membri? Come riesce a convogliare nuove forze al proprio interno e ad allargare la lotta?

Il nostro Movimento si compone di una serie di sportelli radicati sul territorio, nei vari quartieri gestiti durante la settimana da compagni e disoccupati che nel tempo hanno attirato sempre più persone ad informarsi e poi aderire alla nostra lotta. La crescita degli ultimi mesi ci sta portando a dover ampliare la nostra presenza in termini di orari e giornate a causa del grande afflusso che stiamo riscontrando. Tramite il semplice passaparola inizialmente e grazie ad iniziative eclatanti nel tempo come l’occupazione del Maschio Angioino, del Castel dell’Ovo, del Pan, del Consiglio Comunale, della sede del PD a Roma siamo riusciti a convogliare sul Movimento sempre più interesse da parte di chi aveva perso la fiducia nelle istituzioni borghesi e nell’azione di lotta.
Vedere che persone che hanno perso il lavoro lottano, si battono, ottengono risultati e visibilità per cambiare la situazione di precarietà che viviamo nel nostro territorio ha portato molti disoccupati ad interessarsi ed avvicinarsi al nostro Movimento, inizialmente magari per provare ad ottenere un posto di lavoro, successivamente, invece, compreso lo spirito che ci anima, si è convinto ad aderire a questa battaglia ed oggi lotta con noi. Le battaglie che portiamo avanti rendono visibile e plastico il disagio sociale che scorre in città ed in provincia, nei luoghi di lavoro e nei quartieri e sono da esempio per gli altri disoccupati che si sentono abbandonati e vivono una condizione di isolamento costante.
Il nostro Movimento mostra loro come, combattendo fianco a fianco quotidianamente, sia possibile reclamare ed ottenere un lavoro, un salario, diritti e, cosa più importante, fa crescere in loro la consapevolezza di appartenere ad un’unica classe, quella proletaria. Molti di loro hanno maturato con la militanza nel nostro movimento una coscienza di classe, che li e ci ha portato a riflettere sulla necessità di una realtà politica che possa dar voce alle classi subalterne, assente oggi in Italia.

Negli ultimi mesi la repressione in Italia sembra essere cresciuta: tra denunce ed intimidazioni sono sempre di più i casi segnalati. Anche il Movimento è stato colpito? Chi e come cerca di impedire le vostre azioni?

Siamo consapevoli che la tendenza repressiva degli aderenti al patto sociale (istituzioni, padroni, borghesia) sia legata alla crisi capitalistica e alla necessità di rafforzare il controllo politico e sociale nei confronti di chi come noi si oppone allo stato di cose presente. In tutta Italia, da Firenze a Prato, da Bologna a Napoli, chi lotta per i propri diritti e il proprio lavoro viene colpito immediatamente da una parte con strumenti come denunce e multe dall’altra con la violenza borghese della polizia, delle cariche ai manifestanti, degli sgomberi, delle squadracce private a difesa delle aziende.
Nella nostra realtà stiamo subendo in continuazione queste azioni, a partire dalle centinaia di multe e denunce arrivate negli ultimi 18 mesi e dai circa 50 processi penali, destinati ad aumentare, che ci vedono protagonisti, come quello per l’occupazione del Palazzo Reale a Napoli contro la visita di Salvini e i Decreti Sicurezza. Proprio questi decreti contribuiscono concretamente a fornire ulteriori mezzi ai padroni per reprimere le nostre azioni: tramite l’arresto, con conseguenti processi penali, o fermi preventivi si cerca di spaventare e scoraggiare il nostro Movimento che ha visto peggiorare di mese in mese l’escalation repressiva.
Alla fine nelle scorse settimane, l’attacco che ci è stato rivolto ha compiuto un salto di qualità: il susseguirsi di blocchi stradali, occupazioni, proteste, azioni di disturbo hanno condotto la Procura della Repubblica di Napoli a parlare di “disegno criminoso finalizzato all’estorsione del lavoro da parte del sodalizio 7 Novembre”, sostenendo che la continuità nel tempo delle azioni programmate da un gruppo ristretto avesse l’obiettivo di fare pressione su enti, forze politiche, figure istituzionali al fine di sbloccare risorse a favore di progetti di pubblica utilità e assunzioni. Io, così come la compagna Maria, ma sicuramente anche altri compagni che verranno accusati, siamo stati destinatari di avvisi di garanzia con l’accusa di essere membri di un’associazione criminale.
Diventa quindi chiaro il paradosso secondo il quale la richiesta di lavoro dignitoso, di diritti e di finanziamento per attività quali la tutela dell’ambiente, il decoro della città, la lotta alla criminalità diventi essa stessa un’associazione a delinquere per la borghesia e le istituzioni che la supportano! La gravità di questa accusa dimostra come una vittoria di questo Movimento potrebbe rappresentare anche una vittoria di classe, una strada tracciata per tutti gli altri disoccupati e lavoratori in lotta, un esempio da seguire che il campo capitalista non può concedere. Per questo vogliamo condurre una difesa politica che rivendichi le nostre azioni come necessarie per il benessere del popolo. Siamo sicuri e convinti che queste accuse cadranno e che riusciremo a portare avanti queste battaglie per migliorare la nostra città e la vita di chi lotta.

Esistono diversi contesti di lotta nel nostro paese, dai lavoratori della Gkn di Firenze agli operai del distretto del tessile di Prato o i facchini della Fedex-TNT di Piacenza solo per citarne alcuni, che stanno dimostrando che i padroni e il grande capitale possono essere combattuti. Tuttavia, gli attacchi dal mondo politico, civile, industriale sono sempre più frequenti; come si conduce la lotta per i propri diritti, per il lavoro, per la giustizia sociale in queste condizioni?

La nostra esperienza nel Movimento ci insegna che è fondamentale l’esperienza quotidiana di lotta nelle fabbriche, nelle periferie, nei magazzini, negli ambienti di lavoro e nei punti strategici della città; piuttosto che impartire lezioni, che esaltare la sola teoria, come avviene in alcuni ambienti, bisogna fare affidamento all’esperienza di chi conduce concretamente queste battaglie. Ciò ci ha permesso di identificarci come parte di un’unica classe, quella proletaria, che si riconosce nelle proprie azioni, nelle proprie sofferenze, nelle proprie istanze e che è comune agli operai di Firenze, di Prato, di Bologna e di tutta Italia: solo praticando la lotta di classe si può nutrire la coscienza di classe.
Ovviamente non bisogna né sminuire né ignorare l’importanza della teoria rivoluzionaria, elemento che permette di condurre una lotta non limitata unicamente all’ottenimento di un beneficio immediato, come può essere un posto di lavoro o un aumento economico, ma a far avanzare le istanze proletarie ad un livello ulteriore tramite una risposta generale, con l’unificazione delle vertenze, il supporto agli scioperi, l’opposizione totale alla demolizione dei diritti e delle garanzie del proletariato, la costruzione di un vero fronte unico di classe.
Tutto questo può avvenire se si conduce un enorme sforzo di coraggio e di fiducia, se non si abbandona la strada dopo i primi ostacoli e le intimidazioni che arriveranno, se si riuniscono le avanguardie in lotta oggi nel Paese; per noi, come già detto, l’unica lotta possibile all’attacco generale dei padroni deve essere una risposta altrettanto generale da parte delle classi subalterne senza divisioni. Va organizzato un movimento più ampio delle singole vertenze sul territorio che abbia una prospettiva politica a lungo termine, che abbia un’organizzazione comune e definita e che rappresenti tutto il peso sociale, politico e culturale della classe proletaria.
Per questo vogliamo fare un appello, una richiesta per portare avanti, e a questo scopo mettiamo a disposizione il lavoro che come Disoccupati 7 Novembre abbiamo in parte già avviato, presso il ministero dello Sviluppo Economico e del Lavoro un tavolo congiunto che rappresenti tutte le vertenze in corso e che dia una forza ed un peso specifico enormemente maggiore alle rivendicazioni dei lavoratori e disoccupati che stanno lottando in questo momento. Solo unendo le lotte potremo vincere questa battaglia.

Quale è la visione del Movimento di lotta Disoccupati 7 Novembre sullo sciopero generale dell’11 Ottobre? Che ruolo ha giocato nella ricostruzione di un fronte unico di lotta in Italia?

Per noi, come Movimento 7 novembre, lo sciopero generale dell’11 ottobre è stato un passaggio importante per riuscire a parlare, al di là della giornata in sé, ad una platea più ampia rispetto a quella rappresentata dal sindacalismo di base, dai movimenti, dalle associazioni, dalle organizzazioni che si pongono l’obiettivo della lotta di classe. Sicuramente non doveva intendersi come giornata risolutiva di per sé dell’attacco padronale in corso ma si è dimostrata un momento importante per riaffermare la capacità dei lavoratori di far fronte all’attacco sempre più cruento della borghesia. Siamo scesi in campo, uniti, proprio per questo, sostenendo i picchetti nella nostra città e con iniziative di lotta durante tutta la giornata.
Noi crediamo che questa è stata l’occasione per le avanguardie che lottano per mostrare a chi è sfiduciato, a chi non siamo stati in grado di raggiungere, a chi non è sindacalizzato, a chi ancora non crede che si possa cambiare questa realtà che la lotta è possibile, che la lotta paga, che uniti si vince. Non è stato un semplice invito all’unità, uno slogan da richiamare periodicamente, un evento da mostrare ai propri iscritti ma ha rappresentato nei fatti l’unione delle richieste, delle rivendicazioni, della solidarietà negli scioperi, nelle vertenze, nell’attacco ai diritti della classe lavoratrice in ogni parte d’Italia e l’inizio di un fronte unico di classe.

Qualche giorno fa si è tenuto presso la Casa del Popolo a Villa Medusa a Bagnoli un incontro nel quale con diverse organizzazioni, sindacali e non, e lavoratori in lotta si è discusso non solo di repressione ma anche di come connettere le lotte e le istanze di lavoratori e disoccupati. Ne è uscito l’indirizzo per la costruzione di una manifestazione a Napoli a novembre, vuoi parlarcene?

Abbiamo invitato a livello nazionale le realtà che, partendo dalla solidarietà espressa, erano disponibili alla costruzione di una mobilitazione nazionale a Napoli per il 13 novembre prossimo. L’assemblea è stata partecipata, con molti interventi importanti: Nicoletta Dosio del movimento No TAV, Edgarda Marcucci dal Quarticciolo, Paolo del movimento per il diritto all’abitare per i Blocchi Precari Metropolitani, Arafat e Gianluca dal fronte di lotta della FedEx di Piacenza, Tiziano per il SiCobas Nazionale, Dario dal presidio permanente della GKN, Daniele lavoratore della Cub Alitalia, tanti compagni di realtà da Catania, Palermo, Cosenza, Taranto, realtà organizzate studentesche come il Fronte della Gioventù Comunista, la rete di Campagne in lotta e altre organizzazioni sindacali disponibili. Tutti insieme abbiamo iniziato a ragionare su una grande mobilitazione per il prossimo 13 novembre.
Sia per la lotta senza tregua che portiamo avanti quotidianamente in questo territorio sia perché possiamo definirla la capitale italiana della disoccupazione vogliamo organizzare questa mobilitazione a Napoli; una mobilitazione però, che non si ferma alle istanze immediate e urgenti che rivendichiamo come Movimento 7 Novembre, ma si inserisce in una prospettiva più ampia e diffusa di lotta: per un piano straordinario del lavoro che serve, utile e necessario alle nostre vite, per la garanzia del salario contro licenziamenti e disoccupazione, contro l’utilizzo repressivo e politico della crisi sanitaria, per garantire cure gratuite a tutte e tutti, per garantire il diritto alla casa, per la messa in sicurezza dei territori, per un piano straordinario per il riassetto idrogeologico, per le bonifiche dei territori, la riqualificazione delle periferie, la raccolta differenziata porta a porta, per la lotta a roghi e sversamenti illeciti, per il potenziamento dei servizi sanitari territoriali, per garantire servizi sociali a tutte e tutti, per superare un approccio emergenziale contro smottamenti del terreno, inquinamento da polveri sottili, alluvioni e frane.
Vogliamo che Napoli sia il centro di una grande mobilitazione per il Sud, una lotta che con i disoccupati coinvolga i lavoratori, che permetta di rispondere unitamente all’infame accusa di associazione a delinquere verso il nostro Movimento e che faccia partire anche qui la ricomposizione di classe e la lotta contro i padroni. E per ribadire la nostra volontà di unificazione delle istanze, come ci insegnano i facchini in lotta, alla repressione si risponde che “se toccano uno, toccano tutti”.

Intervista a cura di Giovanni Sestu

23/10/2021 https://www.lordinenuovo.it

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