Il Nicaragua sandinista, più degno e vittorioso che mai

Il Nicaragua torna a fare notizia; ma non perché è uno dei Paesi con la maggiore diminuzione della povertà e della disuguaglianza sociale a livello mondiale dal 2007 (la povertà ridotta alla metà, la povertà estrema a un terzo, passando dall’essere il quarto Paese più diseguale dell’America Latina a essere il quarto meno diseguale).

Il Nicaragua non fa notizia neppure per essere il Paese con maggiore livello di accesso all’esercizio diretto della proprietà sui mezzi di produzione da parte della classe lavoratrice dell’emisfero occidentale (oltre il 50% del PIL e quasi l’80% delle unità economiche), né per essere uno dei Paesi del mondo che maggiormente ha ridotto l’analfabetismo in questo periodo di tempo (dal 35% al 3%), né per essere uno dei Paesi con il maggiore aumento dell’investimento pro capite in salute (da 32 a 70 dollari) e con la maggiore riduzione della mortalità infantile (da 29 a 11,4 ogni mille nati vivi). Il Nicaragua non fa notizia per essere il Paese del mondo che maggiormente ha ridotto il divario di genere (dalla posizione 90 alla 12), il Paese con maggiore presenza di donne nel suo governo (58,82%), il quarto con la maggiore presenza di donne nel potere legislativo (48,4%) e quello che applica in maniera più radicale il criterio di equità di genere nella sua politica sociale.

Questo Paese non fa notizia nemmeno tra quelli che maggiormente hanno incrementato la copertura elettrica (dal 53 al 99%) e quello che più ha aumentato le sue fonti di energia rinnovabile (dal 2% al 90%), né per essere il Paese più sicuro del Centroamerica e uno dei più sicuri dell’America Latina (con un tasso annuale di omicidi di 3,5 ogni 100.000 abitanti, mentre in Costa Rica se ne registrano 11,2) e neppure fa notizia che il Nicaragua abbia uno dei governi che, nel mondo, gode del maggiore appoggio popolare da una maggiore quantità di tempo (circa il 60%, quasi ininterrottamente, negli ultimi undici anni).

Insomma, non è per nessuno di questi successi che il Nicaragua è tornato a fare notizia, ma perché, in applicazione sovrana delle leggi che reggono il Paese, le più recenti delle quali approvate a schiacciante maggioranza dei rappresentanti del popolo nel potere legislativo, le autorità incaricate, facendo uso delle loro legittime facoltà e compiendo il loro dovere istituzionale, hanno ordinato di arrestare alcune persone (diciannove, al momento della stesura della presente nota) per una serie di reati esposti di seguito:

⦁ Iniziative pubblicamente annunciate e realizzate da quasi tutti coloro che sono stati arrestati volte a ottenere l’imposizione di sanzioni unilaterali da parte di una potenza straniera e ostile, gli USA, contro istituzioni e cittadini nicaraguensi, con il proposito di boicottare l’iniziativa pubblica volta all’applicazione di politiche di Stato, inclusa l’implementazione di programmi sociali grazie ai quali il Nicaragua ha raggiunto gli indici sopra indicati, in applicazione del suo modello di trasformazione sociale e miglioramento delle condizioni di vita della grande maggioranza dei suoi cittadini.

⦁ Cospirazione al servizio di tale potenza straniera, gli USA, in un’ottica di destabilizzazione del Paese, mediante la messa in pratica di azioni terroriste e violente in generale.

⦁ Riciclaggio di denaro nelle operazioni finanziarie della Fondazione “Violeta Barrios de Chamorro” che, inoltre, finanziava giornalisti, “analisti politici” e anche scrittori (tutti autoproclamatisi “indipendenti”) con denaro proveniente da agenzie note per il loro coinvolgimento in campagne di destabilizzazione contro governi non affini agli interessi degli USA, alcune delle quali sono le agenzie nordamericane USAID, NED, Fondazione Soros e anche agenzie europee come OXFAM; il finanziamento è stato riconosciuto dalle persone implicate. È utile segnalare che quando è stata introdotta Ley de Agentes Extranjeros, che obbliga quanti ricevono donazioni da altri Paesi a riportarle e fornire informazioni sulla destinazione di tali fondi, questa Fondazione ha formalmente cessato le sue operazioni per evitare di rispettare tale legge ma, nonostante ciò, ha continuato a ricevere fondi dalle agenzie indicate e da altre. La maniera concreta nella quale operava questa rete criminale è ancora oggetto di indagini da parte delle autorità competenti che, a tempo debito, ne esporranno i risultati.

⦁ Gravi irregolarità nella gestione di risorse finanziarie di un istituto bancario al fine di appoggiare le attività illecite legate ai fondi provenienti dalle agenzie sopra menzionate.

Il Nicaragua non è tenuto a rendere conto a nessuno di ciò che fa o non fa nel pieno e legittimo esercizio della sua sovranità, della sua autodeterminazione e in difesa di queste, ma di fronte alla campagna di menzogne che lo colpiscono quotidianamente ha il diritto di essere difeso e si impone il diritto di difenderlo, così come ha il diritto e il dovere di difendersi la Rivoluzione Sandinista, su qualsiasi terreno, incluso ovviamente quello della lotta delle idee.

Le leggi che le autorità nicaraguensi stanno applicando alle persone che sono state arrestate e sono regolarmente sotto processo in conformità con l’ordinamento giuridico vigente sono simili a quelle esistenti nella maggior parte dei Paesi i cui governi, ostentando la loro volontà di ingerenza, ne hanno condannato l’approvazione e l’applicazione in Nicaragua, non per reati precedenti la loro entrata in vigore, ma per reati commessi successivamente, nel rispetto del principio di non retroattività della legge, poiché le illegalità e i crimini commessi e favoriti dalla maggior parte di queste persone durante il tentativo di colpo di stato del 2018 sono state già giudicate e, successivamente, ai condannati è stato concesso l’indulto in nome della pace e della stabilità del Paese.

Quando qui ci si riferisce ai reati commessi nel 2018, durante il tentativo di colpo di stato, si parla anche di omicidi e altri delitti che hanno provocato la morte di decine di Nicaraguensi e, a questo proposito, bisogna ricordare che dei circa duecento morti risultato del tentativo golpista, la maggior parte erano sandinisti, dei quali sempre la maggior parte fu assassinata a sangue freddo, dopo essere stata sequestrata e sottoposta a torture, molte delle quali documentate in video diffusi nelle reti sociali dagli stessi autori dei crimini mentre invece tutte le morti tra le fila dell’opposizione sono state prodotto di scontri di piazza, in gran parte da essa provocati.

Ma questo ambiente di instabilità e caos durò solo tre mesi, dal 18 aprile al 18 luglio 2018, poiché molto presto il Paese riconquistò la tranquillità e la pace grazie alla partecipazione di massa e organizzata del popolo alla difesa della patria e della sua rivoluzione, come accadde anche durante la guerra di aggressione imposta al Nicaragua dal governo di Ronald Reagan negli anni Ottanta e durante quella nella quale la Rivoluzione Sandinista risultò vittoriosa, anche se, in quel caso, la vittoria arrivò dopo diversi anni di intensa lotta.

Tornando ora alla situazione attuale, come è noto, alcune delle persone recentemente arrestate in Nicaragua avevano manifestato aspirazioni presidenziali nel quadro delle prossime elezioni che si svolgeranno il 7 novembre di quest’anno; in particolare, dei diciannove destinatari dei mandati di cattura, dei quali diciassette sono stati arrestati, sono cinque i soggetti che avevano detto di volere diventare presidente e due di questi avevano presentato la precandidatura, però vi sono altri sei aspiranti presidenti dell’estrema destra golpista che sono liberi e nei confronti dei quali non è stato spiccato alcun ordine di cattura né hanno cause giudiziarie in corso; anche di questi, due hanno presentato la precandidatura. Inoltre, vi sono altri settori della destra che molto probabilmente parteciperanno alle elezioni.

La presenza di aspiranti presidenti tra gli arrestati ha portato i detrattori del governo sandinista del Nicaragua a dire con totale sfrontatezza che le indagini e gli arresti effettuati sarebbero irrazionali, dato che, evidentemente, danneggiano l’immagine politica del governo; ciò significa, secondo questi “analisti”, che le aspirazioni presidenziali dovrebbero essere motivo di impunità e, peggio ancora, tale impunità dovrebbe derivare dal fatto che il governo, per convenienza politica, non dovrebbe permettere alle istituzioni preposte di fare il loro lavoro e applicare la legge, nello stretto rispetto dello Stato di Diritto. In un articolo è persino comparso qualcuno scandalizzato perché uno dei coinvolti come beneficiario dei fondi delle agenzie sopra citate (che non è stato arrestato ma solo convocato a deporre presso la Procura) è un Premio Cervantes per la letteratura, come se questo equivalesse a una patente da corsa per commettere qualsiasi reato.

Ebbene sì, effettivamente, dal punto di vista elettorale, l’applicazione della legge a queste persone rappresenta un costo politico per il sandinismo, ma farebbero male le istituzioni dello Stato nicaraguense a guidare le loro azioni secondo criteri politici subordinati a congiunture elettorali, dato che l’autodeterminazione e la sovranità del Paese sono al di sopra di ciò e sono, inoltre, principi irrinunciabili del sandinismo. Questo dovrebbe essere di lezione per coloro che, demagogicamente, passano la vita chiedendo rispetto per lo Stato di Diritto e la subordinazione delle istituzioni all’ordine legale costituito.

Questa è anche la migliore dimostrazione che la ragione per la quale queste persone sono state arrestate non è che siano oppositori o che aspirino alla presidenza della Repubblica; per di più, in tutti i sondaggi, compresi quelli commissionati dall’opposizione, nessuno degli arrestati arriva neppure vicino all’appoggio popolare del quale dispone sandinismo e, in particolare , il Presidente della Repubblica, Comandante Daniel Ortega Saavedra, il che conferma ampiamente che gli arresti sono stati prodotto della più stretta e trasparente applicazione delle leggi vigenti nello Stato nicaraguense che su questi temi sono, lo ribadiamo, molto simili a quelle in vigore nei Paesi i cui governi hanno condannato il Nicaragua per questi fatti.

Una situazione che ha generato particolare inquietudine in alcuni settori fuori dal Nicaragua, in certi casi per disinformazione e in altri per mancanza di bussola politica, è costituita dal fatto che tra i diciannove destinatari dei mandati di cattura e i diciassette arrestati vi sono sei appartenenti a un raggruppamento politico creato negli anni Novanta da ex sandinisti e, tra questi sei, ve ne sono tre che ricoprirono alte cariche nel governo sandinista degli anni Ottanta e parteciparono alla guerra di liberazione contro la dittatura somozista.

Innanzitutto deve essere chiaro che nulla di quanto sopra può essere motivo si impunità per nessuno ma, nel caso degli ex sandinisti, neppure il fatto che non siano più tali è il motivo del loro arresto, posto che ciò non costituisce reato alcuno, mentre lo è il tradimento nei confronti della patria, che è una delle cause per le quali sono stati arrestati, come accade alle altre persone arrestate nel quadro della più stretta legalità; ma vi sono cose che pochissimi sanno tra le fila della sinistra fuori dal Nicaragua e questo fa sì che alcuni difendano questi soggetti come se si trattasse degli stessi rivoluzionari di un tempo: nulla di più lontano dalla realtà.

Questi ex sandinisti sono passati alle fila della destra sin dagli inizi degli anni Novanta, quando ancora militando nel FSLN predicavano la rinuncia al socialismo, all’antimperialismo, alla lotta popolare e al carattere di avanguardia del FSLN, fino a quando, essendo stati sconfitti nel Congresso Straordinario del maggio 1994, scelsero di abbandonare il FSLN e fondare un partito nel quale continuarono a definirsi sandinisti, rinunciando infine anche a questo, come c’era da aspettarsi; pertanto, coloro che continuano a chiamarli sandinisti, se tanto è l’affetto che nutrono per loro, dovrebbero rispettarli un po’ di più e non imporre loro una denominazione con la quale essi stessi non vogliono essere identificati. Infatti, una delle persone arrestate che un tempo erano legate alla Rivoluzione e poi hanno preso la via della destra, qualche tempo fa ha affermato che la parola “sandinista” le provoca “disgusto”; quindi, i suoi ammiratori, dovrebbero pensarci due volte prima continuare a definirla così.

Sarebbe interminabile e andrebbe oltre le intenzioni di queste righe narrare qui la storia di questo tradimento nei confronti del sandinismo, ma vale la pena menzionare alcuni fatti fondamentali; sebbene questa gente fosse minoranza al Congresso del FSLN del 1994, e in minoranza anche nella base del partito, era maggioranza tra quanti avevano ricoperto le più alte cariche governative e di partito negli anni Ottanta ed era maggioranza anche fra coloro che erano stati eletti a cariche pubbliche nelle elezioni del 1990, pertanto tra le sue fila si trovava la maggior parte degli allora deputati del FSLN.

Fu così che, approfittando di questo vantaggio, poco tempo dopo la sconfitta subita dal sandinismo in quelle elezioni, questa gente si appropriò del patrimonio materiale del FSLN in quella che divenne nota come “la piñata” e procedette alla riforma della Costituzione nel 1995, nell’ambito di un accordo con la destra, in seguito al quale fu eliminato il diritto universale alla salute e all’istruzione, legittimata la privatizzazione dei servizi pubblici, introdotto il doppio turno elettorale per impedire al FSLN di vincere, furono imposti limiti alla rielezione presidenziale per impedire che il Comandante Daniel Ortega potesse ricandidarsi e fu introdotto il voto qualificato per l’elezione dei magistrati.

Ma in seguito ai risultati elettorali dell’anno seguente, disastrosi per i promotori di quelle riforme, l’unico modo per ottenere un voto qualificato, requisito imposto da quegli stessi partiti per l’elezione alle cariche, era un accordo tra i due grandi partiti di allora, il FSLN e il PLC (Partito Liberale Costituzionalista, N.d.T.), cosa della quale approfittarono gli ex sandinisti per accusare il FSLN di fare ciò che essi stessi già avevano fatto senza che alcuna legge li costringesse, cioè accordarsi con la destra, nel loro caso con propositi contrari agli interessi popolari.

Però nulla è comparabile con ciò che avrebbero finito per fare gli ex sandinisti nelle elezioni del 2008, 2011, 2012 e 2016, nelle quali hanno appoggiato i candidati della destra più irriducibile e fondamentalista del Nicaragua, appoggia dagli USA; è come se, per esempio, ex guerriglieri che avevano lottato contro le dittature militari di quel Paese avessero appoggiato Macri alle presidenziali o Piñera in Cile o Bolsonaro in Brasile.

I partiti che fecero le riforme costituzionali del 1995 senza consultarsi con nessuno, nemmeno in apparenza (tra i quali gli ex sandinisti riciclati come destra avventizia), nelle elezioni dell’anno seguente, tutti insieme, non ottennero neppure il 10%, il che mise in evidenza il carattere illegittimo e spurio di tali riforme; tutto ciò, nonostante che, avendo il controllo del potere elettorale, avessero inibito in maniera evidentemente arbitraria qualsiasi candidato disturbasse i loro piani, cosa della quale si scordano quando accusano il sandinismo di partitocrazia nelle istituzioni dello Stato che, per la destra, sono imparziali e trasparenti solo quando è lei a controllarle. Un dato curioso è che gli ex sandinisti in questione sono stati alleati anche del FSLN come parte della Convergencia Nacional nelle elezioni locali del 2000 e del 2004 e in quelle nazionali del 2001, fino a quando sono tornati a correre per conto loro alle elezioni nazionali del 2006.

Ma la consacrazione definitiva di questi ex sandinisti come controrivoluzionari ormai senza possibilità di ritorno è avvenuta durante il fallito tentativo di golpe del 2018, quando serrarono le fila insieme alle forze filoimperialiste e si misero alla testa delle azioni armate controrivoluzionarie sviluppate tra aprile e luglio di quell’anno; questi soggetti, che già negli anni Novanta avevano rinunciato alla bandiera rossa e nera, nel 2018 erano a fianco delle orde neosomoziste che fecero del bruciare questo simbolo rivoluzionario un atto ricorrente, come anche della profanazione dei monumenti e persino delle tombe degli eroi e dei martiri della Rivoluzione.

Un’altra espressione dei livelli ai quali già allora era arrivata questa gente è costituita dalle loro riunioni con esemplari di senatori “cubanoamericani” statunitensi della risma di Ileana Ros-Lehtinen e Marco Rubio, dai quali hanno ricevuto sostegno, come lo ricevettero in generale golpisti quali Álvaro Uribe, con il quale si facevano orgogliosamente fotografare e Jair Bolsonaro che, rendendosi ridicolo come lui solo riesce a fare, ha loro offerto il territorio brasiliano per mettere sotto processo i sandinisti.
La pseudosinistra da bar alla quale piace aderire al discorso delle potenze imperialiste contro il governo sandinista, è da abbastanza tempo che rimprovera al sandinismo che governa in Nicaragua una presunta alleanza con l’impresa privata e la Chiesa cattolica.

Quanto alla prima questione, in Nicaragua, da quando il sandinismo è tornato al governo, la percentuale di PIL prodotta dai mezzi di produzione di proprietà associativa, cooperativa, famigliare e comunitaria è passata da meno del 40% a oltre il 50%, a detrimento dell’impresa privata tradizionale che ha visto diminuire il suo peso economico da oltre il 60% e meno del 50% del PIL e, nei primi nove anni dei quattordici di governo sandinista (dal 2007), il salario minimo dei lavoratori è cresciuto dieci volte di più che nei diciassette anni di neoliberismo: ciò è forse favorevole agli interessi dell’impresa privata capitalista? Fin dal suo arrivo al potere per la prima volta, nel 1979, il sandinismo ha offerto all’impresa privata un ambito di intesa e la ricerca di consenso per favorire la stabilità del Paese, ma siccome a quell’epoca la solidarietà con la Rivoluzione sandinista era di moda, lo snobismo caratteristico della sinistra da bar non le permetteva di accusare il sandinismo di cercare alleanze con gli imprenditori che, in fin dei conti, a quel tempo non accettarono l’offerta di convivenza, a differenza di quanto avvenne quando il sandinismo tornò al potere nel 2007 e, per alcuni anni, i grandi imprenditori non ebbero altra scelta se non quella del pragmatismo; ma qualche tempo dopo, alla prima occasione e come c’è da aspettarsi quando vi sono contraddizioni tra interessi antagonisti, l’impresa privata cominciò a inveire contro il governo sandinista e, insieme alla gerarchia cattolica, è stata tra i settori più bellicosi durante il tentativo di colpo di Stato del 2018, curiosamente con il sostegno di coloro che dall’estero accusavano il sandinismo di essere suo alleato.

Quanto alla presunta alleanza del FSLN con la gerarchia cattolica, si tratta di un mito urbano mondiale: non c’è stato un solo giorno, da quando nel 2007 il sandinismo è tornato al governo (ovviamente neppure prima), nel quale i gerarchi cattolici non abbiano portato attacchi di ogni tipo al sandinismo. Il mito di questa falsa alleanza nasce dall’avvicinarsi, negli ultimi anni della sua vita, del Cardinale Miguel Obando y Bravo, ma questo avvicinamento al sandinismo costò al Cardinale il pensionamento imposto dal Vaticano; pertanto, appena dette i primi segnali di riconciliazione con il sandinismo, il Cardinale Obando smise di essere un gerarca della Chiesa cattolica. Vi sono anche settori della sinistra il cui problema è semplicemente il non disporre dell’infallibile bussola dell’antimperialismo; vale a dire, basta vedere da che parte stanno l’impero e i suoi mezzi di disinformazione per, almeno, essere in grado di concedere il beneficio del dubbio quando non si ha conoscenza diretta della situazione in un dato Paese.

In Nicaragua si usa popolarmente il termine “puchito” come sinonimo di “pochino” e, in parte per questo, i golpisti sono chiamati “los puchos” ma, il termine “pucho” in questo caso ha una connotazione che va al di là del mero dato quantitativo, alludendo a coloro che non hanno vocazione per il potere, pur esercitandolo per molto tempo. Il fatto è che in Nicaragua la borghesia sembra avere perduto l’istinto di potere come classe sociale, un fenomeno poco usuale ma sintomatico di una vera rivoluzione.
A livello mondiale, tuttavia, disgraziatamente abbonda anche quella che si potrebbe chiamare la “sinistra pucha”, ovvero quei settori sedicenti di sinistra che non perché minoritari, ma per non essere maturati a sufficienza o, peggio, essere stati a un certo punto corrotti da un percorso erratico, si muovono brancolando nel buio di fronte alle congiunture mondiali o nazionali, senza bussola per orientarsi.

È questa “sinistra pucha” che, invece di denunciare le ingerenze dell’imperialismo solidarizza con esso (si vedano gli esempi di Cuba, Venezuela, Libia, Siria…), attaccando gli aggrediti invece di attaccare il nemico comune di coloro che si presume lottino per un cambiamento di sistema a livello mondiale e che, per di più, osa definire, dalla sua impotente mancanza di azione, chi è rivoluzionario e chi no o quale rivoluzione è vera e quale no; questa “sinistra pucha” dovrebbe fare la sua rivoluzione per predicare con l’esempio e avere così autorevolezza per parlare in questi termini.

Ma la destra golpista, in Nicaragua, è “pucha” anche perché non ha vita propria, è una destra dalla vita artificiale concessa dal padrone imperialista e non è colpa del sandinismo che la destra “pucha” sia guidata da traditori confessi della patria, che anche in qualsiasi altro Paese che si rispetti sarebbero in carcere, riciclatori di denaro e persino narcotrafficanti, come alcuni altri arrestati qualche anno fa, non per quei crimini che pure hanno commesso e dei quali, alcuni, si vantavano pubblicamente in messaggi trasmessi attraverso video ampiamente diffusi e per i quali già in passato avevano usufruito dell’indulto, ma in questi altri casi per reati comuni propri della loro precaria condizione morale, anche se ora vorrebbero farsi passare per prigionieri politici.

Infine, quanto sia “pucha” la destra golpista in Nicaragua, risulta evidente quando, a fronte dell’arresto dei suoi più noti portavoce, la più assoluta tranquillità continua a regnare nel Paese, la vita continua nel più sereno ambiente di pace immaginabile e neppure gli stessi “puchos” interrompono le loro normali attività, comprese quelle ricreative. Se i delinquenti arrestati fossero leader, a situazione sarebbe diversa.

Nel 2018, quando i golpisti guidati dalle agenzie imperialiste e interventiste manipolarono molte persone mediante la pratica della guerra psicologica come componente del format di colpi di Stato di nuovo tipo progettato dai loro padroni imperiali, non ebbero bisogno del permesso di alcuna autorità per portare la gente in piazza; ma pur essendo più facile manipolare qualcuno che convincerlo che sta essendo manipolato, quando questo prende coscienza dell’inganno del quale è stato vittima è molto difficile manipolarlo di nuovo ed è ciò che accade quando questi format golpisti falliscono: non strapperanno di nuovo al popolo nicaraguense la pace che tanto gli è costata e che è l’unica vera.


È la pace della giustizia sociale e della libertà che solo con essa si conquista, come si conquista la felicità solo quando prevalgono determinati valori etici che, a livello della società nel suo insieme, possono essere predominanti solo come prodotto e parte fondamentale del contenuto della sua trasformazione rivoluzionaria, la sola dalla quale poteva nascere e sta nascendo il Nuovo Nicaragua in costruzione, con il sandinismo alla sua testa, in ribellione permanente e in resistenza vittoriosa contro la potenza mondiale dell’imperialismo.

È la pace come parte di una lunga tradizione di lotta, che inizia alla metà del XIX Secolo con la vittoria nicaraguense e centroamericana contro le truppe filibustiere patrocinate dagli schiavisti del sud degli USA, passando per l’espulsione delle truppe interventiste da parte del Generale Augusto C. Sandino negli anni Trenta, per l’abbattimento, negli anni Settanta, della dittatura somozista imposta dagli USA dopo l’assassinio di Sandino, per la vittoria sulla guerra di aggressione imposta dal governo nordamericano negli anni Ottanta, poi per quella sul neoliberismo imposto dal ricatto elettorale negli anni Novanta e, infine, quella sul tentativo di colpo di Stato del 2018.

Fino ad arrivare alle nuove vittorie che si stanno conquistando in questa lotta, uno dei cui obbiettivi è, come diceva Carlos Fonseca (fondatore e leader del FSLN, assassinato dal somozismo nel 1976), “un cambiamento di sistema: il rovesciamento delle classi sfruttatrici e la vittoria delle classi sfruttate”, ovvero che il sandinismo governante è la ribellione popolare al potere, che lotta dal governo contro il sistema imposto per secoli dalle classi oppressive; e come diceva Ricardo Morales Avilés (intellettuale sandinista assassinato nel 1873), affinché questa lotta dia frutto “bisogna cambiare tante cose (…); prima il potere, la proprietà, noi stessi e poi… aria fresca e mais per tutti; aria e fiori per tutti”. In questo è impegnato il Nicaragua sandinista, oggi più degno e vittorioso che mai.

di Carlos Fonseca Terán

Segretario alle Relazioni Internazionali del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale.
Traduzione da www.lahaine.org a cura di Gorri

13/7/2021

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