Il No è il vero voto anticasta

C’è una domanda che in questi giorni gira sui social. Una domanda che ancora non ha trovato risposta, benché venga posta ripetutamente ai big politici dei vari schieramenti : perché tagliare gli eletti e non gli stipendi e i privilegi dei parlamentari? Già, perché i privilegi continueranno ad esserci anche dopo il 21 settembre, che vinca il sì o che vinca il no. E anzi, difficilmente potrebbero essere messi in discussione di fronte ad una vittoria dei Sì che, come dice ieri Romano Prodi sul Messaggero, argomentando il suo No, potrebbe fare affermare l’idea che “la diminuzione del numero dei parlamentari costituisca una riforma così importante per cui non ne debbano seguire le altre”.

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Eppure, sarebbe stato addirittura più semplice abolire i privilegi: bastava un voto in Parlamento, che non avrebbe richiesto nemmeno il referendum confermativo. E in più, si sarebbero ottenuti risparmi ben più cospicui dei 90 centesimi all’anno, sempre che abbia senso parlare di “risparmio” quando si parla di democrazia. Soprattutto quando, poi, si tagliano i parlamentari eletti e si ingrossano gli staff tecnici, le consulenze, le nomine, senza badare a spese.

dimaioester

Ma non l’hanno fatto. Non hanno mai votato l’abolizione dei privilegi. E non c’è da sperare che lo faranno mai, a maggior ragione di fronte ad una “Casta” ancora più ristretta e potente, un’oligarchia impenetrabile. Una vera Casta di intoccabili, in attesa che in qualche futuro chissà, possa pure sparire quell’inutile orpello che è il Parlamento, come profetizzava nel luglio 2018 Casaleggio.

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E invece si decide la strada impervia e pericolosa della modifica costituzionale: quattro voti in parlamento e un referendum confermativo, per di più mettendo mano alla Costituzione. Per cosa poi? Per segare 345 rappresentanti del popolo che probabilmente saranno pure i più “sacrificabili”, i più liberi, i più scomodi, i più capaci, i meno “affidabili”, quelli che lavorano, a tutto vantaggio dei più assenteisti (come risultano essere personaggi come Giorgia Meloni e Vittorio Sgarbi), che in Parlamento, taglio o meno, continueranno a starci. E per ritrovarsi poi un Parlamento a 600, pieno di nominati e peones. E non c’è da meravigliarsi se poi qualcuno “sospetta” che il taglio del Parlamento, per il quale hanno votato quasi tutti i partiti, sia in realtà solo uno un’arma di distrazione di massa per evitare i più spaventevoli tagli dei privilegi o addirittura la riduzione degli stipendi alle medie europee. Perché c’è una cosa che non si ricorda spesso, nemmeno tra chi va comparando il numero dei parlamentari italiani a quelli degli altri paesi europei. E cioè che in Italia ci sono i parlamentari più pagati d’Europa.

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Non a caso, commenta qualcuno, la “Casta” ha votato compatta sì per tagliare il Parlamento, compresa la destra, l’unica che ha tutto da guadagnare da una vittoria del Sì, come ricorda Franco Bechis in un articolo diventato virale. Di certo c’è però che votando sì, si vota come la “Casta”. Cioè come la Casta ha votato in Parlamento, quasi unanimemente. E di certo c’è pure che la “Casta” non vota mai contro se stessa. Per questo il Sì è un voto di arretramento, perché se da una parte taglia 345 eletti collocando l’Italia all’ultimo posto in Europa nel rapporto eletti-elettori, dall’altra cristallizza e perpetua un’inaccettabile situazione di privilegi. E per questo il No è un voto contro la Casta, come dice la presidente dell’Arci Carla Nespolo. Un voto costituente, che chiede come primo atto il taglio immediato degli stipendi e dei privilegi e poi una legge elettorale che preveda le preferenze. Di fronte ad una vittoria del No il ceto politico non potrà sottrarsi a queste pressanti richieste dei cittadini, di tutti i cittadini, di quelli che voteranno sì e di quelli che voteranno no.

Fortebraccio News

29/8/2020 https://fortebraccionews.org

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