IL NUOVO DEGRADO SOTTO IL TAPPETO DELLA SANITA’ PIEMONTESE

Lavoro-e-Salute-Marzo-2017-02

Nel 1854 una piccola donna, scoprì in un ospedale militare di Scutari in Turchia che l’alta  mortalità dei soldati feriti era determinata dalla mancanza di igiene. Quella donna, per certi versi antesignana delle bombarole sufragette, sconvolse il mondo maschilista inglese del XIX secolo con le sue tesi rivoluzionarie sull’importanza dell’ambiente nello sviluppo e prevenzione delle malattie.

E’ grazie a quella grande piccola signora, Florence Nightingale, se per noi oggi la pulizia e l’igiene negli ospedali è considerata un fondamento.

Purtroppo, come un malato di Alzheimer, il nostro Sistema Sanitario Regionale sembra iniziare a dimenticarsi dell’esistenza di quei principi.

Se guardiamo a come il sistema degli appalti delle pulizie sia da qualche anno sottoposto a sempre più drastici tagli di spesa giustificati solo dalla necessità di garantire le “parità di bilancio” o i “piani di rientro” e non da chissà quali grandi innovazioni tecnologiche, direi che siamo nel bel mezzo di una perdita della ragione.

Questa malattia ormai ha contagiato tutti: i nostri politici, i managers, gli amministratori generali, fino a qualche nostro RSU. Ovviamente i molti sanitari guardano e subiscono in silenzio, se non si rendono complici, come tanti piccoli banali Eichmann.

Quello che sta accadendo in queste settimane in alcuni ospedali torinesi (Martini, Oftalmico, S.Anna, Regina Margherita, Molinette, presidi) è quello che è avvenuto due anni fa al San Luigi, all’Ospedale di Rivoli, al Giovanni Bosco, al Maria Vittoria. I tagli sulle ore di servizio sono più o meno simili, viaggiano sul 33%. Eppure i capitolati prevedono pressoché le stesse attività, addirittura con qualche cosa di più, come la pulizia dell’unità paziente sottratta agli OSS.

Il risparmio per le Direzioni Amministrative rispetto alla spesa storica di questi appalti si aggira su quasi 10 milioni di euro su tre anni.

Ovviamente ci sarebbe da chiedersi se chi ha amministrato prima era uno stupido che ha portato un danno alla gestione pubblica, magari da perseguire, oppure se chi amministra adesso è un fesso che ha consegnato un settore delicato come quello delle pulizie in mano a dei pazzi forsennati o degli incompetenti.

Peccato che chi si è aggiudicato in questo caso l’appalto è una delle più grandi aziende del settore in Italia, una multinazionale tedesca, la Dussmann. Peccato che la Dussmann abbia scaricato completamente lo sconto economico con cui ha vinto la gara, sulle spalle dei lavoratori. Il 33% di sconto  corrisponde al 33% di taglio delle ore degli operatori.

Dove stà l’efficenza, l’innovazione, la formazione? Nei negrieri. Ovvero in una nuova specie di responsabili e affiancatori (“tutor”…) che inseguendo il personale lo informa su come e dove pulire, battendogli i tempi, minacciandolo, blandendolo. Valletta se la ride nella tomba. La grande innovazione della Multinazionale tedesca è la solita vecchia minestra riscaldata della intensificazione del lavoro attraverso l’aumento del sistema di sorveglianza e punizione.

Ma poiché non credo nella possibilità di spremere la gente oltre il dovuto, se non attraverso l’introduzione dello schiavismo, l’intensificazione del lavoro senza innovazione tecnologica non potrà mai recuperare su quel taglio. L’esperienza del San Luigi o del Giovanni Bosco, ancor di più del Maria Vittoria insegnano. L’omissione del lavoro, la pulizia saltata, l’inapplicazione del capitolato diventa l’unica strada percorribile. E’ il modello all’italiana, anche questo un déjà vu.

Sui futuri grandi risultati di questo “risparmio” staremo a vedere, basterà monitorare il tasso di infezioni nosocomiali da Clostridium Difficilis (diarree) o il persistere delle colonie di Legionella e la relativa incidenza di polmoniti ospedaliere (che alle Molinette sono di casa) per capire i costi aggiuntivi derivanti dal nuovo sistema delle pulizie.

Se invece osserviamo i costi sociali, tocchiamo il dramma. Abbiamo una pesante perdita di reddito che interessa 680 lavoratori di una età media  di 40 anni, un aumento della massa di incapienti (ovvero di nuovi poveri con meno 8 mila euro di reddito annuo)  che non prenderanno più il bonus Renzi oltre la metà, perdita di una parte di assegni familiari a causa della riduzione delle ore al di sotto delle 24 ore settimanali per la stragrande maggioranza degli operatori.

Vi sarà dunque una massa consistente di lavoratori poveri che dovranno garantire pulizie migliorative e di qualità nei nostri ospedali in condizioni di lavoro e di vita di gran lunga peggiorate.

Molti di loro dovranno ricorrere all’assistenza sociale, perderanno la casa, rinunceranno a cure mediche importanti non potendo permettersi le spese, non potranno più garantire gli studi ai figli, altri si metteranno nelle mani degli usurai. Avremo alla fine dei lavoratori malati che forniranno la pulizia ad altri malati. Secondo una folle logica da istituzione penitenziaria o concentrazionaria.

Naturalmente a fronte delle logiche proteste di lavoratori e organizzazioni sindacali i vari dirgenti dell ex-Asl To 1 e di Città della Salute, come dell’Assesorato Sanitario Regionale, nonché la stessa responsabile unica dell’appalto – secondo la nuova normativa, non hanno fatto che ripetere che la legge e le procedure sono state rispettate, dunque loro non possono far più di tanto sulle scelte interne alle imprese nell’organizzazione del servizio. Ovviamente i dirigenti vigileranno che gli appalti forniscano i servizi dovuti. Lo stesso farà Saitta quando e come incontrerà le rappresentanze sindacali dirà le stesse cose.

In questa maniera si ripete il meccanismo solito di deresponsabilizzazione su quello che avviene nello stesso luogo, per quanto riguarda la fornitura di un lavoro da parte di lavoratori che non sono dipendenti dell’amministrazione pubblica ma lavorano per questa. Un meccanismo cinico che rende invisibili questi lavoratori anche agli occhi dei loro colleghi pubblici, se non quando scioperano.

Ma il danno sociale è già partito, quello sanitario sarà tutto da valutare nel tempo, la grave ferita procurata sarà difficile da saturare e recuperare.

C’è solo da augurarsi che non finisca come ad Auschwitz per la popolazione locale con il drammatico risveglio sull’esistenza del kampo al termine della guerra.

Marco Prina

Filcam Cgil Torino

pubblicato sul numero di marzo del periodico Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

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