Il piano pandemico prossimo venturo

Il 1° Dicembre 2021, pochi giorni dopo l’annuncio da parte del Sud Africa della scoperta della variante Omicron, la Sessione Speciale dell’Assemblea Mondiale della Sanità (WHASS), convocata per la seconda volta nella storia della organizzazione, ha raggiunto l’unanimità sull’elaborazione di un trattato, di un accordo o di un altro strumento internazionale per rafforzare la prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie. L’idea, lanciata per la prima volta nel Novembre 2020 da Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo, è nata sotto la spinta dell’evidente fallimento della governance globale sanitaria durante la pandemia da Covid19 (vedi Equità, OMS e Bill Gates). Il trattato avrebbe come obiettivo la costruzione di un’architettura sanitaria globale più forte e preparata alle future emergenze sanitarie, basata sul rafforzamento della cooperazione internazionale e del multilateralismo, con a capo l’OMS [1]. Tuttavia la proposta ha suscitato, su scala internazionale, diverse perplessità e interrogativi molti dei quali sono stati racchiusi e analizzati dal lavoro di ricerca e advocacy di Geneva Global Health Hub (G2H2) nel rapporto “The politics of a WHO pandemic treaty in a disenchanted world[2] pubblicato il 24 Novembre 2021.

Il G2H2 è una piattaforma indipendente che abbraccia oltre 40 entità della società civile internazionale e negli anni della pandemia si è affermata come uno spazio di facilitazione e riflessione sulle scelte della comunità internazionale e sulla governance della salute globale. Il rapporto raccoglie più di venti interviste ad analisti e accademici, a delegati del nord e sud globale impegnati nel negoziato a Ginevra e nelle capitali, provenienti da quasi tutte le regioni dell’OMS. Siamo davvero convinti che il mondo abbia bisogno di un nuovo trattato pandemico? A questa domande il rapporto cerca di dare una risposta. Di fatto, esiste già una normativa vincolante dell’OMS per la risposta alle emergenze sanitarie, i Regolamenti Sanitari Internazionali (International Health Regulations, IHR), emanati nel 1969 e rivisti nel  2005 dopo lo scoppio del virus SARS del 2002. Durante la pandemia da Covid19, l’IHR ha tuttavia rivelato tutti i suoi limiti soprattutto in alcuni ambiti tra cui la preparazione degli Stati, la loro compliance alle norme pattuite e il funzionamento del Comitato di Emergenza per la dichiarazione di un’emergenza sanitaria (Public health emergency of international concern, PHEIC). Inoltre, l’IHR non fa riferimento alle più recenti e sempre più importanti strategie basate sull’approccio One Health.
Le IHR sono state emanate secondo l’articolo 21 della Costituzione dell’OMS [3] in materia di Regolamenti (con il vantaggio di entrare in vigore direttamente senza richiedere la ratifica degli stati) e quindi  hanno carattere vincolante per gli Stati Membri dell’Oms, tuttavia la pandemia da Covid19 ha rivelato chiaramente che i meccanismi di compliance degli IHR  risultano ancora deboli, quando non addirittura inesistenti. Queste sono le vulnerabilità più eclatanti individuate nei rapporti che quattro Commissioni interne dell’OMS hanno elaborato nel corso del 2021, con l’obiettivo di fornire supporto all’adozione di un nuovo trattato sulle pandemie. I report hanno prodotto più di cento raccomandazioni, specificatamente rivolte al Working Group on Pandemic Preparedness and Response (WGPR) , il gruppo di lavoro dedicato al trattato istituito dall’OMS a Maggio 2021.

Beatrice Sgorbissa

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20/6/2022

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