Il virus del gettonismo nella sanità in coma

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Il linguaggio di chi amministra la sanità, negli anni, è mutato: si è riempito di parole tecniche e si è svuotato di significato.

Si parla, in pagine e pagine, di presa in carico, definizione degli obiettivi, piani diagnostico-terapeutici, lavoro di equipe, percorso di cura, affidamento del paziente ad un case manager.

Poi però ci ritroviamo con i medici a gettone.

I cosiddetti medici a gettoni rappresentano, semplicemente, l’esternalizzazione dell’ assistenza medica degli ospedali pubblici.

Le asl affidano tramite appalto, l’assistenza medica dei reparti con carenza di personale a delle agenzie di somministrazione lavoro che, un po’ impropriamente, definiamo cooperative. Le coop in Piemonte ci sono da almeno un decennio. La prima ad utilizzarle è stata l’ ASLTO4 , per coprire la gravi carenze di medici urgentisti nei Pronto Soccorso di Chivasso e Ciriè .

Poco per volta, come una metastasi, questa pratica si è diffusa in tutto il Piemonte. Adesso i medici delle coop sono, con poche eccezioni, in tutti gli ospedali, soprattutto nei Pronto Soccorso, ma anche nei reparti di Pediatria, Rianimazione, Radiologia.

I medici a gettoni esistono perché non si trovano medici specialisti da assumere negli ospedali . I concorsi vanno deserti. Negli ultimi anni infatti, i numerosi colleghi che sono andati in pensione non sono stati sostituiti perché a livello nazionale sono stati formati meno specialisti di quelli necessari. Un grave errore nella programmazione della formazione medica, che si è protratto per anni e che si è affrontato solo recentissimamente.

Così, per coprire i turni, arrivano in soccorso le coop.

I medici delle coop all’inizio erano medici di altre regioni, a volte stranieri, spesso senza specialità, che facevano molti turni in pochi giorni, passando da un ospedale all’ altro, a volta dormendo in albergo.

Negli ultimi tempi, a questi colleghi si sono sommati medici con esperienza, appena pensionati o che, attratti dall’ ottima remunerazione (circa il doppio a parità di impegno orario rispetto ad un medico dipendente) hanno deciso di licenziarsi dal pubblico.

L’utilizzo delle coop riduce la qualità del servizio ? Si Va detto, senza voler dare giudizi sulla competenza dei medici delle coop , questo tipo di organizzazione mina le basi del servizio sanitario pubblico e ne compromette la qualità. Infatti:

. I medici dipendenti sono stati valutati tramite concorso. Hanno dovuto superare una esame e presentare i titoli adeguati. I medici delle coop no.

. Poichè fanno turni consecutivi in ASL differenti, è molto complesso controllare il rispetto dell’ orario di lavoro e delle pause necessarie per l’adeguato recupero psicofisico.

. L’ ospedale investe (o almeno dovrebbe) nella formazione dei propri dipendenti. Ne valorizza (o almeno dovrebbe) le competenze. Questo non avviene per i medici delle coop

. Avere colleghi che arrivano , fanno un turno e magari non tornano mai più, mina l’ ambiente di lavoro. Infatti i rapporti professionali diventano spesso sociali e di amicizia. Un ambiente sereno e collaborativo migliora la qualità stessa del lavoro.

. Il lavoro ospedaliero è spesso un lavoro di equipe. Le prestazioni occasionali non sono adatte al lavoro di equipe.

. I medici delle coop sono remunerati circa il doppio dei medici dipendenti. Questo crea frustrazione tra i colleghi dipendenti ed alcuni arrivano a licenziarsi, sia per il maggior guadagno fuori dal SSN sia per una maggiore elasticità negli orari di lavoro.

Ma la risposta che viene data dalle ASL e dalla Regione , è che non ci sono alternative all’ esternalizzare i servizi: i concorsi vanno deserti, non si riesce ad assumere e solo così si evita la chiusura dei reparti e dei Pronto Soccorso.

Davvero non si può fare altrimenti ?

Nel 2021 in Piemonte si sono licenziati volontariamente 331 medici ospedalieri, di questi circa 50 facevano turni in Pronto Soccorso. La prima ed urgente iniziativa da intraprendere dovrebbe essere quella di scongiurare questi licenziamenti. Riducendo il disagio del lavoro , remunerandolo di più, limitando la burocrazia, ascoltando i dipendenti.

Poi, ci sarebbero gli specializzandi. Per il solo Pronto Soccorso, sono oltre 150 gli specializzandi nelle discipline equipollenti alla medicina d’urgenza, che frequentano gli ultimi due anni di specialità (dunque i più formati) e che potrebbero essere coinvolti negli ospedali con più carenze.

Inoltre, da tempo chiediamo che le stesse cifre con cui vengono pagati i gettonisti siano offerte ai medici dipendenti per remunerare i turni in più fatti oltre il normale orario di lavoro. Su questo punto, è delle ultime settimane una legge regionale che recepisce queste richieste .

In ogni caso, le borse di studio sono state aumentate solo nel 2019/2020, dopo anni in cui denunciavamo la carenze.

Infine, sarebbe indispensabile che fossero valutati con scrupolo i titoli e le competenze dei medici delle coop messi ad operare nei reparti.

Pochi giorni fa si è espressa sui medici a gettone anche la presidente della corte dei conti Piemontese, che ha affermato che “la grave situazione accentua i costi del servizio sanitario e non assicura quella continuità assistenziale per un servizio salute adeguato” .

Viene da chiedersi se queste criticità sono volute, se c’è una reale strategia che mira ad affossare il pubblico.

Certamente definanziare, mettere il sistema in crisi e poi propagandare tutti i disservizi del sistema pubblico, favorisce il privato. Che sta crescendo in modo esponenziale, a tutto discapito dei pazienti che il privato non se lo possono permettere . E poi, a tutto discapito dei lavoratori.

Chiara Rivetti

Segretaria regionale Anaao Assomed Piemonte

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