IL VOTO E’ “MOBILE”

A valle dell’ultimo appuntamento elettorale, che ha visto la netta affermazione di FdI, il drastico ridimensionamento della Lega, la sonora sconfitta del Pd, il deludente risultato di Fi e l’inaspettata “tenuta” del nuovo M5S di Giuseppe Conte, è interessante rifarsi al “Rapporto sul voto” prodotto dall’Istituto di ricerca Ixè di Trieste.
Il documento offre utili informazioni – che tenterò di sintetizzare e riportare in questa sede – relativamente ai “flussi di voto” da un partito all’altro, e a come si siano divisi rispetto all’età anagrafica, alle condizioni economiche, e all’appartenenza religiosa.

Naturalmente, prima ancora di qualsiasi altra considerazione, c’è un preoccupante dato, che emerge dalla consultazione elettorale del 25 settembre, che non va assolutamente ignorato, né sottovalutato: la crescita esponenziale del numero degli astensionisti.
Qualcuno potrà anche ritenere che si tratti di un fenomeno abbastanza diffuso nelle democrazie occidentali, in particolare negli Usa e, quindi, considerato il carattere transnazionale, meno preoccupante di quanto dovrebbe.
Si dimentica di dire, però, che ad esempio, mentre oltre Atlantico, il rilevante numero di soggetti non partecipanti al voto rappresenta l’effetto dei più stravaganti escamotage – messi in atto (soprattutto) negli Stati governati dai repubblicani – per cercare di limitare quanto più possibile la partecipazione al voto dei “latinos” e dei “colored”, in Europa e, per quanto di nostro interesse in Italia, ciò è sintomo di una disaffezione, nei confronti della politica, che, credo, rappresenti un grave vulnus alla democrazia.

I dati del Rapporto sono frutto di 2.421 interviste, operate subito dopo l’ultima fase elettorale e confrontate con i risultati delle politiche 2018 e delle europee del 2019.
Un primo dato, molto interessante, è relativo alla poca fedeltà al partito votato in precedenti occasioni. In questo, senza alcuna pretesa di abbandonarmi a un’analisi sociologica del fenomeno, che non mi compete, mi limito a rilevare un elemento che considero molto negativo. La ormai molto diffusa carenza di quella carica ideale e ideologica che, in anni non lontani, caratterizzava il voto di tanti; in particolare, degli elettori di sinistra.

Caso diverso è quello degli elettori di FdI. Infatti, dalle interviste emerge che ben l’84 per cento di coloro che, nel 2018, avevano votato per la compagine di Giorgia Meloni ha nuovamente concesso fiducia alla stessa.
Negli altri partiti, invece, c’è grande mobilità.
Nel Pd. ad esempio, poco più della metà di coloro che lo avevano votato nel 2018 lo ha confermato nel 2022, circa il 10 per cento ha optato per Calenda/Renzi e ben il 22 per cento ha preferito astenersi.
Determinante, ai fini del successo finale della Meloni, è stato il travaso di voti a suo favore provenienti dalla Lega; ben il 48 per cento dei voti raccolti dai leghisti nel 2018 ha scelto l’estrema destra.
Così come circa un terzo degli elettori, che nel 2018 votò a favore di Berlusconi, ha preferito la Meloni, il 7,4 è emigrato in Azione e circa il 19 per cento ha infoltito le fila degli astenuti.
Tra coloro che, nel 2018, avevano votato il M5S, solo il 32,2 per cento ha confermato la precedente scelta, il 9 per cento si è spinto fino all’estrema destra e un terzo ha deciso per l’astensione.
Interessante rilevare che un non trascurabile 7,4 per cento di coloro che ancora nel 2018 amavano definirsi Centrosinistra ha, addirittura, scelto di votare l’ultra destra; mentre un abbondante 30 per cento ha optato per il duo Calenda/Renzi!

Infine, relativamente ai voti conseguiti dal M5S, c’è da notare il singolare flusso di voti realizzato sia in uscita che in entrata. Giuseppe Conte, infatti, registra una notevole perdita di consensi rispetto al boom del Movimento nel 2018 (oltre il 32 per cento dei consensi) ma, grazie al grande recupero – conseguito soprattutto nell’ultima fase della campagna elettorale – raccoglie il voto di circa il 20 per cento di soggetti che si definiscono di sinistra e altrettanta percentuale tra coloro che si definiscono già elettori del Centrosinistra.
Relativamente alle classi di età dell’elettorato, è innanzi tutto utile ricordare che, il 25 settembre scorso, per la prima volta, i 18 enni hanno potuto votare sia per la Camera che per il Senato.
In questo senso, il Pd e FdI confermano la loro indiscussa “presa” sugli elettori ultra 65 enni (il 26, 3 del Pd + SI contro il 24,4 per cento di FdI).

Interessante rilevare le scelte dei giovani tra i 18 ed i 24 anni.
In questo segmento, le preferenze maggiori vanno a Calenda/Renzi (oltre il 17 per cento dei giovanissimi votanti), seguiti da FdI (poco più del 15 per cento) e dal M5S, leggermente favorito rispetto al Pd (13, 6 e 13, 5 per cento).
Le rilevazioni del Rapporto sono relative anche alle condizioni economiche che le persone intervistate misurano attraverso la percezione che le stesse hanno del loro tenore di vita.
I segmenti di riferimento cui ha fatto ricorso l’indagine dell’Istituto sono quattro: persone che vivono in condizioni di agiatezza economica, serene, appena accettabili e inadeguate.
In questo quadro, Pd e Azione godono consensi soprattutto tra le persone agiate e serene.
Chi lo avrebbe mai immaginato che un partito, erede dell’ex Pci, ex Pds ed ex Ds, avrebbe finito con il godere di tali consensi?
Interessante rilevare che coloro che vivono le condizioni peggiori non si affidano a FdI ma al M5S (poco più del 27 per cento degli intervistati) e, soprattutto, alla Lega.

Meritevole di grande attenzione, da parte di chiunque aspirasse a farsi interprete e paladino delle esigenze dei più bisognevoli, il dato relativo all’alto grado di astensionismo rilevato tra coloro che vivono condizioni economiche inadeguate; oltre il 53 per cento, contro il 28,4 per cento degli astenuti che godono di agiatezza economica.
Rispetto alla coincidenza tra voto e scelta religiosa, dalle interviste si rileva che circa un terzo dei cattolici (tra praticanti e non praticanti) vota a favore dell’estrema destra di Giorgia Meloni. La percentuale tra gli atei è pari a circa il 15 per cento.
Tra i non credenti le preferenze vanno soprattutto a favore di Pd e M5S.Non partecipa alla contesa elettorale circa il 40 per cento dei cattolici praticanti. Tra i non praticanti l’astensione è pari a circa il 34 per cento. Percentuali di notevole entità.

In definitiva, credo si possa confermare, senza tema di smentite, che il Rapporto Ixè fotografi una situazione di sostanziale e, purtroppo, diffusa disaffezione dalla politica.
Auspico, però, che ciò sia dettato più dalla diffidenza nei confronti degli attuali mediocri suoi protagonisti piuttosto che da un irreversibile senso di sfiducia rispetto alla capacità della politica di offrire decisioni e scelte che costituiscono l’essenza di qualsiasi democrazia parlamentare.

di Renato Fioretti

Esperto Diritti del Lavoro. Già dirigente Cgil

Collaboratore redazione del mensile Lavoro e Salute

3/10/2022

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