In diretta dal Venezuela

Anna Camposampiero: “Il socialismo bolivariano ha vinto senza brogli. Ora la lotta contro le sanzioni”
(Foto di FB di Anna Camposampietro)

In questi giorni la stampa occidentale si è inventata le peggiori bufale che si siano mai sentite negli ultimi mesi sul Venezuela. Giornalisti arruffati nelle loro veline prodotte d’agenzie stampa occidentali, tipiche del giornalismo embedded , hanno avuto la pretese di farsi padroni della verità sulle elezioni venezuelane. C’è chi ancora parla di “regime” o di “processo elettorale farsa” , solo perchè non conterà sul riconoscimento di gran parte della comunità internazionale, esprimendo al contempo una visione coloniale: solo quello che è accettato dall’Occidente può essere valido.

Delle elezioni venezuelane ne abbiamo parlato con Anna Camposampiero, responsabile dell’area migrazioni e mobilità umana del Partito della Rifondazione Comunista, membro del gruppo del Partito della Sinistra Europea che lavora con l’America Latina e accompagnatrice internazionale alle elezioni del 6 dicembre. Da sempre impegnata con i popoli in lotta, è stata membro di un’organizzazione civile che ha aiutato la popolazione dell’Iraq sottoposta a un soffocante embargo nel 1991 a causa dell’invasione del Kuwait, intrattiene rapporti di solidarietà internazionalista con la rivoluzione curda in Rojava ed è coordinatrice nazionale della Rete No CPR in Italia.

Il socialismo bolivariano ha trionfato, come era prevedibile. Come è stata l’affluenza in Venezuela? 

Il livello di astensione è stato molto alto, intorno al 69%, ma ci terrei a contestualizzare, perché i numeri buttati lì non sono utili a nessuno. Queste elezioni si stanno tenendo in un contesto socio-economico difficile, non solo per la pandemia ma soprattutto per le sanzioni, che rendono tutto molto difficile, anche fare benzina e spostarsi. Inoltre, sempre a causa delle sanzioni e del blocco, circa 5 dei 20 milioni degli aventi diritto al voto sono andati all’estero. Non considerare tutto ciò è strumentale e poco obiettivo. E in ogni caso non si possono sminuire i più di 5.200.000 votanti che si sono espressi. Affrontare costruttivamente il tema della partecipazione è differente dall’uso strumentale della bassa affluenza per delegittimare un processo democratico. Detto questo, dei 5.264.104 voti, il Gran Polo Patriottico, di cui il Psuv è la componente numericamente maggiore, ha preso 3.558.320 voti, conquistando il 67% dei seggi. Le opposizioni di destra hanno preso 944.665 voti, acquisendo una rappresentanza utile per il dialogo politico soprattutto contro le sanzioni, uno dei punti di accordo che hanno portato a queste elezioni. Infine il Partito Comunista del Venezuela, che ha scelto di presentarsi da solo, ha preso 143.917 voti. Questi sono i tre punti principali sul risultato. 

Come si è svolto il vostro ruolo di osservatori internazionali?

La delegazione di cui ho fatto parte, organizzata dal Partito della Sinistra Europea, sottolineo tutta al femminile, non rientra nell’ambito della definizione di osservatori, ma di accompagnatori. Noi, insieme a delegazioni di tutti i continenti, siamo state invitate dal Psuv. Vi sono poi osservatori internazionali invitati dal Consiglio Nazionale Elettorale che hanno un altro status. L’Unione Europea, invitata, non ha voluto inviare osservatori, chiedendo anzi, con una certa ingerenza, di spostare le elezioni di 6 mesi per potersi organizzare. La Costituzione Bolivariana prevede che ogni 5 anni, il 5 gennaio si installi un nuovo parlamento. Quindi legittimamente si è mantenuta la data del voto del 6 dicembre pur in assenza di osservatori della Ue. In totale la presenza internazionale era di circa 300 unità, tra cui figure di rilievo come l’ex primo ministro spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero, l’ex presidente del Paraguay Fernando Lugo, l’ex presidente della Bolivia Evo Morales, l’ex presidente dell’Ecuador Rafael Correa, la ex deputata colombiana Piedad Cordoba, la parlamentare salvadoregna Nidia Diaz, per citarne alcuni.

Abbiamo potuto osservare il meccanismo di voto elettronico, ci è stata fornita una formazione sui tre livelli di auditoria, prima del voto, durante il voto e successivamente, e siamo stati aggiornati sui cambiamenti della legge elettorale, frutto del dialogo con l’opposizione che ha portato un aumento del numero dei parlamentari (da 165 a 277) e di quelli eletti con il proporzionale (dal 30 al 52%) per garantire la presenza dei partiti più piccoli in parlamento. Nella pratica abbiamo potuto visitare vari seggi, distribuendoci in piccoli gruppi. Io ho potuto girare alcuni seggi a Caracas e nello stato de La Guaira a circa un’ora di viaggio dalla capitale, sulla costa. Abbiamo verificato la presenza di rappresentanti di lista anche della opposizione, abbiamo potuto fare domande, chiedere informazioni e, infine, abbiamo rilasciato una dichiarazione congiunta in una conferenza stampa. In ultimo, abbiamo constatato la assoluta attenzione ai sistemi di biosicurezza anti-Covid, in cui ovviamente il sistema di voto elettronico ha aiutato molto, non avendo schede, matite, etc. 

Il Venezuela è stato un’eccellenza nell’affrontare la crisi sanitaria da Covid-19. Come sono state organizzate le misure di biosicurezza nei seggi elettorali? 

L’organizzazione è stata davvero ottima. File di sedie distanziate di un metro e mezzo, divise per seggio, per l’attesa. Tutto il personale presente, inclusi i militari, con mascherine. Dentro i seggi indossavano anche le visiere. Gel igienizzante in quantità, strisce gialle a terra per aiutare a mantenere la distanza, e tanto senso di responsabilità e rispetto delle misure da parte di tutte e tutti. La persona che si reca a votare, una volta entrata nel proprio seggio deve lasciare tutti i propri effetti personali all’ingresso. Ovviamente è vietato fare foto. Il seggio è composto dal presidente, segretario, membro A (prima c’era anche il membro B che immergeva il dito dell’elettore nell’inchiostro come prova dell’avvenuto voto), e responsabile CNE della macchina per il voto. Fortissima presenza femminile, devo sottolinearlo.

Molti giornalisti della stampa occidentale hanno parlato di “processo elettorale farsa”, anche se non ci sono basi razionali per affermarlo. Il sistema di voto elettronico con riconteggio manuale ha riscontrato problemi?

Va segnalato che qualche mese fa sono andati a fuoco i magazzini dove erano conservate le macchine per il voto e sorvolo sulla mia opinione rispetto all’”incidente”, ma, nonostante blocco e sanzioni, il CNE è riuscito a organizzare le votazioni. Con il sistema di voto venezuelano è praticamente impossibile il broglio. La persona che vota controlla la propria ricevuta che è solo comprovante del voto. Il voto è quello della macchina che viene trasmesso a fine giornata. Il doppio controllo impronta digitale impedisce che una persona possa votare due volte. Inoltre viene fatta una auditoria in tre passaggi, come ci hanno spiegato al CNE: una viene effettuata prima del voto in cui si controllano le macchine e una il giorno delle elezioni, con la verifica cittadina e il controllo su circa il 54% delle macchine a sorteggio. Ve n’è una terza dopo il voto, con 3 passaggi: verifica cittadina fatta il giorno successivo al voto; i partiti politici che partecipano alla competizione elettorale verificano che i canali per la trasmissione dei dati non siano stati alterati; e vengono controllate le corrispondenze tra impronte digitali e dati degli elettori e delle elettrici.

Per dare garanzia che dopo ogni passaggio di controllo nulla venga cambiato, viene “costruito” un codice segmentato a cui tutti i partecipanti danno una parte per costruire una firma elettronica che permette modifiche. In questo modo solo con l’accordo di tutti è possibile intervenire. L’audit del voto è un atto legale, e i risultati sono pubblici. I voti sono elettronici, archiviati nelle macchine e inviati via telematica con sistemi protetti. Si può fare un ulteriore confronto con le ricevute del voto avvenuto, che non sono il voto. Concetto difficile da comprendere da chi magari ha passato notti a contare crocette e schede. Incomprensibile che un sistema ormai in vigore dal 2004, venga contestato a priori e senza presupposti concreti. 

Oltre il boicottaggio da parte di Voluntad Popular e le gerarchie ecclesiastiche, ci sono stati tentativi eversivi da parte della destra per ostacolare le elezioni?

A parte tutti i tentativi messi in atto dalla cosiddetta autoproclamazione di Juan Guaidò, inclusi tentativi di invasione militare di cui la nostra stampa non ha mai fatto cenno, le sanzioni criminali che bloccano qualunque euro o dollaro all’estero, la delegittimazione continua e costante del presidente Nicolas Maduro, la ricerca di sostegno (purtroppo ottenuto) di non riconoscimento del risultato ancor prima dello svolgimento delle elezioni, e l’appoggio ingerente di Stati Uniti e Unione Europea, direi di no. Non mi pare ci siano stati altri tentativi. Di sicuro non ci sono stati problemi ai seggi. Va ricordato che queste elezioni sono frutto di un dialogo iniziato nel 2018 a cui ha partecipato quella parte di opposizione interessata soprattutto a uscire dall’incubo delle sanzioni. Ai seggi abbiamo incontrato rappresentanti di lista della opposizione che confermavano il regolare svolgimento. 

Quali riforme strutturali e sociali attendono il Venezuela bolivariano?

Il primo obiettivo è l’eliminazione delle sanzioni. Non si può parlare di riforme strangolati da sanzioni criminali, con le riserve estere bloccate, il commercio di petrolio fermo. Le sanzioni vogliono dire macchinari ospedalieri che non si possono riparare, software che non si possono attualizzare, medicinali che non si possono comprare. Vorrei ricordare che la Convenzione di Ginevra definisce le sanzioni applicate in epoca pandemica come un atto di guerra, e inoltre quelle applicate al Venezuela non sono nemmeno passate per il voto delle Nazioni Unite. Unilaterali degli Stati Uniti, con appoggio e applicazione della Unione Europea. Il lavoro politico e diplomatico del nuovo assetto parlamentare sarà dedicato a questo. Era tra i punti di convergenza con l’opposizione in vista di queste elezioni. Poi si potrà parlare di altro. 

Alla luce di tutto ciò, quali motivi hanno UE, USA e paesi alleati a non riconoscere le legittime elezioni venezuelane?

Petrolio, oro, acqua, Amazzonia. In poche parole, le risorse naturali che fanno gola e che il governo non è disposto a concedere.  Alleanze non gradite, come con Iran, Cina e Russia (che hanno dimostrato solidarietà durante la pandemia e permesso i risultati ottenuti). E, a mio avviso, anche la forza simbolica che ha la Rivoluzione Bolivariana per un continente che ha subito un fortissimo contrattacco delle destre, ma che sta rialzando la testa.

Lorenzo Poli

8/12/2020 https://www.pressenza.com

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *