Ivan Cicconi, il coraggio dell’ingegnere comunista

Ivan Cicconi, il coraggio dell’ingegnere comunista

Ivan Cicconi, il coraggio dell’ingegnere comunista

di Giorgio Meletti

L’espressione retorica “vuoto incolmabile” trova dolorosa concretezza nella scomparsa di Ivan Cicconi, morto ieri nella sua Fermo. A maggio avrebbe compiuto 70 anni. A fianco della sua famiglia e dei nipotini che – la sua ultima sfida professionale, il mestiere di nonno intrapreso con entusiasmo giustappunto infantile – rimangono smarriti giornalisti, attivisti, politici, dirigenti pubblici e privati, magistrati talvolta, tutti quelli insomma che non sapranno più a chi telefonare per sciogliere un dubbio nella complicatissima palude degli appalti.

Ricorderemo Cicconi come ingegnere comunista, le due cose sempre insieme. Quando ti spiegava una cosa c’era sempre la passione del militante a temperare il cinismo del tecnico, e mai l’analisi professionale si concludeva senza un giudizio politico. Sempre lo slancio militante (una vita nel Pci e poi dopo la Bolognina il passaggio a Rifondazione comunista) restava aggrappato al necessario rigore delle conoscenze tecniche su cui fondare l’iniziativa politica. Ciò che gli consentiva di accompagnare la spiegazione documentata e stringente con il giudizio morale, che non mancava mai alla fine del discorso, espresso con eleganza e abbassando la voce, per rimarcare l’importanza e la dignità del punto di vista etico, così demodè per tanti sedicenti uomini di mondo.

Laureato in Ingegneria a Bologna, dove è rimasto per decenni, ha fatto a lungo il dirigente nel mondo delle coop rosse delle costruzioni, poi la sua dimensione è diventata quella del consulente e dell’analista indipendente. Ha raggiunto notorietà nazionale nel 1998 con La storia del futuro di Tangentopoli, analisi spietata e coraggiosa non solo sul sistema corruttivo dei lavori pubblici ma anche sul coinvolgimento del suo mondo di provenienza, le coop emiliane, e sui rapporti tra imprese e criminalità organizzata. Quel libro contiene una profezia sull’esito dell’operazione Alta velocità, la grande opera passata indenne attraverso l’inchiesta Mani pulite e destinata a costare allo Stato sei volte il preventivo. Nel 2011 Cicconi ha pubblicato a puntate su ilfattoquotidiano.it Il libro nero dell’Alta velocità, il suo terrificante consuntivo dell’operazione.

Nel 2000 aveva fatto il capo della segretaria tecnica di Nerio Nesi, ministro dei Lavori pubblici nel governo Amato. Con Nesi cercarono di fermare lo scandalo Mose, ma furono sconfitti dalle resistenze del Parlamento e di Palazzo Chigi. Nel tempo era diventato il punto di riferimento dei movimenti NoTav e degli ambientalisti che in ogni angolo d’Italia si battono contro gli imbrogli di cemento. A tutti forniva generosamente le munizioni tecniche per combattere battaglie sensate.

Ho un ricordo personale che fissa il valore di una persona straordinaria. Qualche anno fa mi telefonò e mi propose di accompagnarlo a Nuoro a tenere una conferenza sull’incredibile caso dell’ospedale costruito in project financing che stava costando tre o quattro volte il necessario. Gli risposi che sarei andato di corsa, perché c’era di mezzo la Sardegna e perché me lo chiedeva lui. Poi gli chiesi: “Ma tu piuttosto, con tutto quello che hai da fare, dove la trovi la voglia di andare fino a Nuoro?”. Rimase un istante in silenzio, poi borbottò: “Be’, sai com’è, quei ragazzi me l’hanno chiesto”. Tanto bastava, al generoso maestro, per correre al più vicino aeroporto.

da Il Fatto quotidiano

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Ivan Cicconi, perdiamo chi prima di tutti capì che il Tav era solo un affare

di Fabio Balocco | 20 febbraio 2017

Ivan Cicconi, perdiamo chi prima di tutti capì che il Tav era solo un affare

La gente ha la memoria corta, e purtroppo anche il popolo No Tav.

Eppure Ivan Cicconi ha dato un contributo importante anche alla lotta No Tav, scrivendo, tra gli altri, Il libro nero dell’alta velocità (titolo originario “Ladri di tutto ad alta velocità”), in cui analizza per filo e per segno tutti i legami fra politica ed affari che hanno portato alla realizzazione della più imponente opera pubblica in Italia, un affare, quando nacque, nel lontano ormai 1991, pari a 30.000 miliardi di lire, considerando solo le tratte Milano-Napoli e Torino-Venezia. Un’operazione che da un lato ha gettato a mare una tecnologia trasportistica come quella del pendolino, che tutto il mondo ci invidiava, e dall’altro ha contribuito ad aprire una voragine nei conti pubblici dello Stato, che tuttora brucia. Questo senza contare i disastri ambientali che ha prodotto (Mugello su tutti) e sta producendo (Torino-Lione e Terzo valico). Tutti d’accordo i partiti con poche eccezioni personali. Una su tutte Luigi Preti, esponente socialdemocratico che così scriveva nell’anno 1992 a Beniamino Andreatta, all’epoca responsabile economico della Democrazia Cristiana: “Tu sei un uomo di grande onestà ed economista di grande valore. La Democrazia Cristiana ne deve tenere conto se vuole evitare che il progetto dell’alta velocità si realizzi sul serio e si dia poi colpa al tuo partito dopo la catastrofe”.

Legame fra politica ed affari che giustifica la realizzazione dell’opera e giustifica altresì l’enorme lievitare dei costi dell’opera in corso di realizzazione. Come ricordava Sergio Rizzo sul Corriere della Sera nel 2008: “Il costo a chilometro è salito a 44 milioni di euro… Domanda inevitabile: e negli altri Paesi? In Spagna, dove nel 1992 c’erano già operativi 460 chilometri di linea, il costo medio è di 15 milioni di euro a chilometro. In Francia, dove il primo tratto ad alta velocità fu inaugurato nel 1983, il costo medio è invece di 13 milioni a chilometro”.

È chiaro poi che nel momento in cui un governo fa la scelta di realizzare l’alta velocità, come qualsiasi altra opera definita (ma non lo è) di “pubblica utilità”, per foraggiare i soliti noti (che siano grandi imprese private o cooperative rosse non importa) decide contemporaneamente di risparmiare o di tagliare altrove, che può essere riassetto idrogeologico, sanità, istruzione, ricerca.

Ivan Cicconi invitava in proposito a ripensare addirittura come dovrebbe essere una democrazia, un “governo del popolo”: in mano a questi partiti? “Senza la definizione di regole per la formazione e la gestione dei partiti, qualsiasi riforma elettorale che metta mano alle regole del consenso, o qualsiasi riforma della pubblica amministrazione che detti regole per i tecnici, i politici e i rapporti coi privati, consegnerebbe comunque il governo dei processi a questi partiti indefiniti, che – dentro e grazie al trionfante modello Tav – sono diventati, strutturalmente, catalizzatori di illegalità e ladri di risorse, ladri di democrazia e ladri di futuro: appunto, ladri di tutto”.

Ma se i partiti sono colpevoli, anche noi uomini della strada abbiamo le nostre responsabilità: nel momento in cui vogliamo l’Expo, o lo stadio della Roma, oppure non ci indigniamo per l’ennesima nuova autostrada, o per la riproposizione del Ponte sullo Stretto, anche noi siamo colpevoli. “Per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti”.

Ivan Cicconi è morto. Le sue opere però gli sopravvivono. Grazie.

da Il Fatto quotidiano

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Ivan Cicconi, il mio amico, se n’è andato

di Sandra Amurri

Come sempre accade quando un amico caro, persona per bene, competente, umile, generosa nel mettere a disposizione il suo valore e il suo sapere, se ne va, è come se anche una parte di te se ne andasse via con lui. E resti più povera, dentro.

Ivan Cicconi, l’ingegnere civile nato a Fermo, nella mia città, dove tornava ogni volta che poteva per riviverla passeggiando fra i vicoli, assaporando quell’odore, mai smarrito, degli anni dell’infanzia e della giovinezza. A Fermo, dove si era diplomato all’Istituto Tecnico Montani, il primo in Italia ad unire teoria e pratica grazie ai suoi laboratori e, dove si era iscritto, dapprima alla Fgci e poi al Pci. Figlio di un ebanista e di una cuoca, Ivan, era rimastocomunista. Una parola che, nel tempo in cui tutto è divenuto uguale senza distinzione, richiama giustizia ed equità sociale.

Era un uomo semplice, mai sopra le righe e inflessibile nella difesa di quel bene comune a cui si dedicava con passione. Quante volte sono stata ospite della sua casa bolognese prima, e anche dopo, che sposasse Enrica Selvatici, avvocatessa, ex assessore ai Lavori pubblici come indipendente del Pci, della Regione Emilia-Romagna. L’ultima volta che ci siamo visti, nella mia casa di Fermo, il 24 agosto scorso, la notte del terremoto. Poi l’11 settembre quella caduta alla stazione di Bologna mentre con Enrichetta (come la chiamava lui) stava andando a trovare i nipoti a Milano. Poi il peggioramento.

Quante battaglie vissute assieme, lui a spiegarmi, io a denunciare scrivendo. Dalla Tav alla Quadrilatero al Ponte sullo Stretto di Messina alla grande truffa del project financing grazie alla legge Obiettivo voluta dall’ex ministro Lunardi. Ivan aveva un forte senso di appartenenza e per questo non risparmiava la sua parte politica, come accadde con le cooperative rosse, quando doveva portare alla luce scandali e maneggi. La trasparenza che perseguiva faceva parte del suo modo di essere.

 Ricordo che un giorno uno dei magistrati di Mani Pulite mi disse: per capire il metodo devi leggere La storia del futuro di Tangentopoli dell’ingegnere Cicconi, per noi è una bibbia. Gli risposi, con orgoglio, lo conosco, Ivan è un mio caro amico. Sì, andavo fiera della sua amicizia, come raramente accade. E ogni volta che al telefono sentiva la mia voce esclamava: “Sandrocchia, cosa stai combinando?”, ben sapendo che avevo bisogno del suo prezioso sapere, mai disgiunto dall’umanità. O, quando, lui che collaborava con Libera, dopo aver letto un mio pezzo sulla mafia, mi chiamava per farmi i complimenti.

Mi restano le lacrime appiccicate addosso, condivise ieri sera con la tua Enrichetta che, fino al tuo ultimo respiro, ha sperato che potessi risvegliarti. Ripeteva: “Non ce l’abbiamo, fatta, Sandra, a salvarlo”. Mi mancherai, Ivan, mancherai a chiunque non si accontenti e conservi ancora la tua stessa indignazione per le ingiustizie e il tuo stesso stupore, la sola forza per non arrendersi.

La camera ardente sarà allestita mercoledì 22 dalle 13 alle 14,30 al Cimitero Monumentale della Certosa di Bologna dove si svolgerà la Liturgia della parola con don Luigi Ciotti

da Il fatto quotidiano

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Ivan Cicconi ci ha lasciato

Facciamo nostre le parole di Alberto e Claudio, per salutare una grande persona che ha saputo, con coerenza e tanta, tanta capacità, contrastare il sitema Tav insieme a noi, completando con il suo sapere che ci ha sempre messo a disposizione, le motivazioni e le metodologie del nostro movimento, al quale mancherà tanto.

Ciao Ivan

“Ciao Ivan. Per anni hai illuminato gli angoli bui delle grandi opere e dei loro interessi inconfessabili. Con la competenza e il rigore di sempre, generosamente messo a disposizione di chi lavora per un paese più giusto. Mancherai tantissimo. Ti vorremmo ancora con il gruppo dei tecnici No Tav, di cui sei stato parte insostituibile. Grazie per tutto quello che ci hai insegnato, cercheremo di farne tesoro. Continuando a lottare.”

“Purtroppo ci stiamo accorgendo che non e’ vero che “nessuno e’ indispensabile”. In mondi “particolari “come quello degli appalti pubblici e delle sue “regole” Ivan e’ stato uno dei pochissimi veri esperti che ha messo la sua straordinaria competenza a servizio dei cittadini e contro le mafie (specialmente le più subdole, ingorde e pericolose: quelle dei “collettibianchi” organiche ai partiti). Non mancherà’ solo a noi che siamo una comunità vitale con un ricambio generazionale promettente e in atto. Mancherà ancor di piuù a quei pochissimi eroici funzionari pubblici che resistono in solitaria alle nuove tangentopoli che si chiamano Consip e di cui nessuno parla.

Ivan – per quel che ne so -ha avuto in sorte una lunga agonia in cui la famiglia gli e’ stata vicino proteggendolo anche dall’affetto che avremmo voluto manifestargli ma che non lo avrebbe potuto aiutare più di tanto nella sua lotta. Che la terra ti sia lieve caro compagno!”

da NOTAV.INFO

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A Ivan Cicconi, 1947 – 2017 – #notav

Ivan Cicconi

Ci è arrivata ieri la notizia della morte di Ivan Cicconi.

Ivan Cicconi è l’autore di libri fondamentali come La storia del futuro di Tangentopoli (1998) e Il libro nero dell’alta velocità, ovvero il futuro di Tangentopoli diventato storia (2011), quest’ultimo interamente disponibile on line. Libri fondamentali per i movimenti contro le grandi opere inutili, in primis per il movimento No Tav.

Ivan Cicconi è stato il più arguto e competente critico del sistema degli appalti pubblici in Italia; ergo, è stato tra i più arguti critici del capitalismo italiano, perché il capitalismo italiano di inizio XXI secolo è ormai quasi soltanto una faccenda di appalti pubblici e subappalti, «grandi opere», tondino e cemento, mattone e asfalto, sovrapproduzione di infrastrutture, sovrapproduzione edilizia, congestione del territorio, in un perenne festival di scommesse a breve e brevissimo termine garantite dallo stato. Le «grandi opere» servono solo a chi le costruisce, l’importante è far girare avanti e indietro i camion del «movimento terra» e far girare le betoniere, come spiedi su un fuoco spento. Farle girare a ogni costo. Tanto, mentre i profitti sono privati, le perdite le paghiamo tutti. Un capitalismo morto-che-cammina, con la carne che si disfa, simile a fanghiglia, e un tanfo di marciume che si sente da lontano, ma tutti lo respirano facendo gli gnorri.

Ivan Cicconi ha rivelato nei dettagli autentiche truffe legalizzate – truffe sistemiche – come il cosiddetto project financing per le «grandi opere»; ha spiegato la centralità e criminogenicità della figura del general contractor; ha raccontato come fu spacciato per debito privato il debito pubblico generato dall’Alta Velocità.

Leggendo i libri e gli articoli di Ivan Cicconi, ascoltando le sue conferenze, si comprende cosa significhi davvero «corruzione», e risulta chiaro che la presenza della mafia negli appalti pubblici non è semplice «infiltrazione».

Il lavoro dell’ingegner Cicconi andrà proseguito.

L’eredità del compagno Cicconi andrà investita nelle lotte.

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