Jobsact, la sinistra Pd vota la 24° fiducia a Renzi. Prc: “Come ladri nella notte…”. Un governo – con un partito sinistro come il PD – che straccia i diritti elementari dei lavoratori e la speranza occupazionale, mentre lascia privilegi alla delinquenza, ad esempio con l’impunità del falso in bilancio, merita solo l’odio di classe di chi ama la democrazia come espressione massima di una civiltà

Con il voto di questa notte del Senato al Jobs act, il governo Renzi incassa la sua ventiquattresima fiducia. Dal giorno della sua nascita, tre al mese. Non c’è male per il “rottamatore” che vuole cambiare l’Italia no? Le prime due fiducie, quelle programmatiche, il Governo Renzi le aveva ottenute il 25 febbraio scorso. E via così, fidando su un partito che non si smentisce, sistematicamente mai! Deve essere per questa incallita abitudine che ieri, nonostante le minacce di sfaceli, alla fine anche Walter Tocci, oppositore del Jobsact, alla fine ha votato la fiducia e si è dimesso: l’unico. Un bilancio amaro, certamente per chi ha tentato da dentro il Pd di contrastare il cammino di Renzi.

Il dissenso ha preso forma, nel documento, presentato direttamente alla stampa a Palazzo Madama e preparato in maniera “estemporanea” che vanta 36 firme tra i democrat: 27 sono i senatori, tutti, pressoche’, firmatari degli emendamenti della minoranza Pd alla legge delega; 9 sono invece i deputati, tutti membri della Direzione. Tra questi ultimi spiccano due membri della segreteria Dem, Micaela Campana e Enzo Amendola, i bersaniani D’Attorre e Zoggia, l’ex segretario Epifani e uno dei Democrat piu’ oltranzisti nel dissenso anti-renziano come Stefano Fassina. Tutta gente che in molti casi, come Epifani, ha avuto un andamento ondivago e che ora tenta di ricrearsi una verginità. Non c’e’ solo Area Riformista nel gruppo; ma manca il nome di Pier Luigi Bersani e manca quel Pippo Civati che da tempo si pone all’estremo opposto del renzismo, tanto che ieri sera, sono stati almeno due i senatori civatiani – Casson e Ricchiuti – a uscire dall’Aula al momento del voto di fiducia. E sul punto il messaggio del documento e’ chiaro: “non e’ nella nostra natura non votare la fiducia a un Governo Pd ma ora il testimone passa alla Camera, dove ci batteremo con determinazione per passi avanti”. Passi avanti? Alla Camera il Governo dorme sonni tranquilli. E in quanto ai cosiddetti miglioramenti c’è da mettersi le mani nei capelli. Mancano, ad esempio adeguate garanzie “sull’invasivita’ dei controlli” (video) e manca, soprattutto, “la parte riguardante le tutele nei casi dei licenziamenti disciplinari”. Ma il documento del dissenso va oltre il merito del Jobs Act, con “un giudizio non positivo” su un ricorso alla fiducia che stoppa il dibattito, manifesta “le difficolta’ e le debolezze del Governo” e “non potra’ essere riproposto alla Camera”. Concetto letteralmente ribadito da un altro ‘big’ della sinistra Pd, Gianni Cuperlo. E invece è questo che accadrà.
La tensione, al Nazareno, resta insomma alta e rischia di invadere l’Aula di Montecitorio. Civati accusa il Pd di fare “la cosa piu’ di destra” della sua storia ed evoca dimissioni tra senatori.

“Non sono indifferente alla responsabilita’ di rispettare le decisioni prese dal mio partito- dice Walter Tocci- e neppure alla responsabilita’ del rapporto di fiducia tra la mia parte politica e il governo. Sono altresi’ consapevole che i margini di maggioranza al Senato sono piuttosto esigui e non ho alcuna intenzione di causare una crisi politica”. “Anche se ho sempre sostenuto- spiega- che l’alleanza tra partiti di destra e di sinistra dovesse essere a tempo e non per l’intera legislatura. Sarebbe meglio per tutti se la prossima primavera si tornasse a votare per formare un governo con un chiaro e determinato mandato elettorale. Ma, ripeto, questo non posso e non voglio deciderlo io. Saranno le massime autorita’ istituzionali a definire i tempi della legislatura”.

Sulla vicenda è intervenuto il segretario del Prc Paolo Ferrero: “Come ladri nella notte voteranno la fiducia su una delega che lascia mano libera al governo nella demolizione dei diritti dei lavoratori – scrive Ferrero in una nota – un atto che si pone contro la nostra Costituzione. Se il parlamento voterà la fiducia sul jobs act abdicherà la propria funzione e cederà tutti i poteri all’esecutivo, a questo governo che obbedisce alla Merkel”.

Fabio Sebastiani

9/10/2014 www.controlacrisi.org

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