LA CENTRALE A GAS DI CERANO: IMPIANTO NUOVO MA DI LOGICA VECCHIA

Nell’ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale del progetto di “sostituzione delle unità a carbone esistenti con nuove unità a gas” presentato da ENEL per la centrale Federico II di Brindisi, le associazioni Centro Turistico Giovanile, ISDE – Medici per l’Ambiente, Forum Ambiente Salute e Sviluppo, Italia Nostra, Legambiente, No al Carbone, Salute Pubblica e WWF hanno presentato osservazioni di cui qui di seguito si riportano le conclusioni. Il documento integrale è consultabile sul sito del Ministero dell’Ambiente.

La politica energetica perseguita dai maggiori operatori del sistema elettrico italiani, ancora fortemente condizionati dagli interessi legati alle fonti fossili, è chiara quanto contraddittoria: si continua a enfatizzare il ruolo “non programmabile” e “intermittente” delle fonti rinnovabili, ma poi si evita accuratamente di assumere quegli indirizzi legislativi ed applicativi che potrebbero dare una maggiore programmabilità alle produzioni pulite e conseguentemente una maggiore stabilità alla rete.

Al contempo si continua ad investire sulle fonti fossili, sordi ai tanti appelli che giudicano urgente e necessario un drastico cambio di indirizzo.

Nello specifico, la scelta di localizzare a Brindisi un nuovo impianto termoelettrico a gas, nell’ambito dell’attuale politica energetica nazionale, è inaccettabile e contraddittoria sulla base delle considerazioni che seguono e sintetizzano quanto precedentemente abbondantemente esposto:

a) non si avrebbe alcun effetto benefico generale e locale sui cambiamenti climatici, a seguito della sostituzione del carbone con gas, ma al contrario l’impianto proposto darebbe un significativo contributo alle emissioni climalteranti valutando approfonditamente anche quelle del metano e della portata dei fumi per singola unità decisamente superiore rispetto all’attuale produzione da carbone;

b) si confermerebbe l’obsoleto modello energetico attuale basato sulle fonti fossili e sulla produzione accentrata, invece di virare decisamente verso la produzione distribuita e le fonti rinnovabili;

c) resterebbe ingiustificato, per una presunta esigenza di stabilità della rete, il ricorso a centrali turbogas che sono della stessa sostanziale tipologia di quelle che contemporaneamente si dismettono in altre parti d’Italia da parte della stessa Enel, in quanto costose e poco competitive rispetto agli impianti a fonti rinnovabili; peraltro Terna, come sottolineato ha in corso lavori per l’efficientamento della rete di alta tensione ed ha evidenziato il grave danno ambientale ed economico legato a scelte di mancate immissioni da impianti eolici;

d) si continuano a ignorare o sottovalutare tutte le tecnologie già ampiamente applicate e legate alle fonti rinnovabili in grado di conferire una maggiore programmabilità alle produzioni e un maggiore equilibrio della rete, come gli accumuli elettrochimici e gli accumuli a sali fusi;

e) si continua ad ignorare l’improrogabile esigenza di attuare idonee ricerche e investimenti nelle smart grid, settore che accusa inquietanti ritardi, in modo da predisporre le reti per un maggior apporto da fonti rinnovabili e per un più efficace scambio di servizi tra produttori e gestori di rete;

f) appare incomprensibile la scelta di localizzare l’intervento a Brindisi, in un’area che già dispone di una produzione elettrica da fonti fossili e rinnovabili esuberante rispetto ai fabbisogni, invece di puntare semmai su aree con maggiori deficit di bilancio elettrico e più baricentriche rispetto ai centri di consumo, in ossequio a elementari principi di pianificazione energetica che deve eliminare l’attuale persistenza di grandi impianti e la conseguente rigidità del sistema e puntare su una produzione diffusa e vicina ai picchi di domanda;

g) appare altresì incomprensibile la scelta di costruire ex nuovo un impianto a turbogas (Enel infatti dice che ‘potrà’ essere realizzata una terza fase a ciclo chiuso), in adiacenza e solo in minima parte in sostituzione della centrale esistente, abbinando paradossalmente il concetto di economia circolare, con l’unico obiettivo di ricevere i fondi del capacity market;

h) aumenta il consumo di suolo, prevedendo un’estensione dell’impianto verso la falesia con gravi rischi e danni idrogeologici, ambientali e sulle aree protette e i Siti di importanza comunitaria non valutati nella Vinca;

i) ad aggravare gli impatti sul territorio legati all’impianto e alle infrastrutture connesse c’è il metanodotto per il quale Enel non prevede il riutilizzo dell’asse attrezzato ma addirittura amplia la ‘frattura’ da questo già creata;

j) in conclusione, il progetto in esame appare frutto sostanzialmente di valutazioni di tipo “geopolitico” piuttosto che tecnico-economiche, e destinato ad alimentare gli appetiti di un apparato che è riuscito finora a conservare i privilegi di tipo oligopolistico, evitando di confrontarsi con tendenze e scenari ormai affermati a livello mondiale;

k) mancano una vera analisi del quadro e del danno sanitario ed una effettiva VIS.

Il vantaggio strategico delle produzioni rinnovabili di avere dei costi marginali di produzioni tendenti allo zero, con un approvvigionamento riveniente dalle stesse risorse naturali e sganciato dai delicati equilibri geopolitici e dalle incertezze del mercato fossile, non tarderà a mandare fuori mercato tutte le centrali così alimentate, in un orizzonte temporale che però dipende dalle resistenze alla introduzione di modelli energetici innovativi e dagli investimenti che verranno fatti in questa direzione. La scelta di introdurre a Brindisi la produzione da turbogas, è in contrasto con le disposizioni della UE e non avrà alcun futuro a livello generale e locale, laddove crerà non più di 70 posti di lavoro.

Ben altra è la prospettiva del piano di rigenerazione che le associazioni hanno inviato direttamente al ministro Costa.

Come emerge dal report PWC “Low Carbon Economy Index 2019”, infatti, una riduzione dell’intensità carbonica che rispecchia le intenzioni definite nei INDC corrisponde a una riduzione annua pari a circa il 3%. Il raggiungimento degli obiettivi di Parigi implica, invece, un tasso di riduzione dell’intensità carbonica almeno pari al 7,5% annuo, circa cinque volte superiore al tasso di riduzione verificatosi negli ultimi anni (1,6% nel periodo 2000-2018).

Tali risultati evidenziando l’insufficienza delle intenzioni già definite e, quindi, l’urgenza di intervenire con misure drastiche che superino di gran lunga gli impegni di Parigi, con l’obiettivo principale di slegare la crescita del benessere economico dalle emissioni climalteranti.

Vanno infine rilevate le riserve che nel tempo la commissione europea ha manifestato sulla situazione energetica italiana e sulla stessa Pianificazione nazionale integrata energia clima (PNIEC) rispetto agli obiettivi generali di neutralità climatica e quelli specifici riguardanti l’effettiva decarbonizzazione e l’efficientamento energetico.

La commissione europea ha in particolare sottolineato che la “centralità del gas nel futuro mix energetico sembra essere in contraddizione con gli obiettivi dichiarati di decarbonizzazione” dell’economia nazionale.

Per le ragioni ampliamente esposte nelle presenti osservazioni, si chiede l’espressione di un giudizio di compatibilità ambientale negativo rispetto all’istanza presentata.

17 luglio 2020 http://www.salutepubblica.net

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