LA FINANZA UBIQUA OVVERO LA FINANZIARIZZAZIONE INTEGRALE DEI RAPPORTI ECONOMICI E SOCIALI: ORIGINI E RESPONSABILITA’

Segnalo nuovamente un mio articolo del 2019 e fornisco anche informazioni sulla sua gestazione perché interessanti e rivelatrici, sul piano politico. Le mie riflessioni, concepite per approssimazioni successive, erano in buona parte raccolte in pro memoria inviati, mediante latori qualificati (parlamentari, sindaci e dirigenti di partito), alla Direzione DS (Democratici di Sinistra), ai tempi del governo di Romano Prodi, poi a quella PD (Partito Democratico) e a Enrico Letta personalmente, ai tempi del governo di Mario Monti. Non sono state prese in considerazione. E nemmeno ritenute meritevoli di discussione. Nel mese di novembre del 2015, ai tempi del governo di Matteo Renzi, le avevo integrate con proposte operative (su contrasto dell’usura e sostegno delle attività produttive) e inviate al direttore de l’Unità. Anche in questo caso, nessun riscontro.

All’epoca, speravo potesse esserci spazio, almeno sul terreno del confronto, per una posizione non ministerialista che privilegiasse la rappresentanza e lo sviluppo delle forze produttive, in una prospettiva di trasformazione della società ispirata all’idea guida dell’alleanza dei produttori, rispetto ai leitmotiv dell’occupazione dello Stato e della finanziarizzazione forzosa dei rapporti sociali.
Sbagliavo completamente perché non coglievo l’orientamento politico e ideologico di fondo dei miei interlocutori. Infatti, l’ipotesi di base della centralità dell’economia reale, cioè dei processi di produzione di valore, era stata progressivamente e inesorabilmente soppiantata dall’ipotesi della centralità dell’economia virtuale, cioè del circuito della generazione di denaro mediante denaro. L’enfasi data dal Presidente Giorgio Napolitano al ruolo dei Mercati Finanziari, diventati nei suoi discorsi una sorta di entificazione della Ragione nella determinazione degli eventi storici contemporanei, aveva anch’essa presumibilmente influenzato la formazione e il consolidamento dei suddetti orientamenti. Insomma, era stata effettuata la scelta di assecondare e sostenere la tendenza dominante che negli Stati Uniti s’è convenuto di definire “finanziarizzazione della quotidianità” (financialization of every day life). In questa direzione si muove, scontando pure l’originario riferimento all’esperienza dell’Unione Sovietica, l’azione legislativa e comunicativa della sinistra di governo in materia di limitazione dell’uso del contante.

In realtà, sono stati perseguiti (e, in una certe misura, raggiunti) i seguenti obiettivi:
intermediazione bancaria dilatata a dismisura e imposta ope legis;
legittimazione e applicazione diffusa del meccanismo speculativo della cartolarizzazione dei crediti (cessione di crediti effettivi o presunti, esigibili o inesigibili, per acquisire rapidamente liquidità); subordinazione della vita sociale al sistema finanziario attraverso la spinta all’indebitamento (cessioni del quinto di pensioni e stipendi, credito al consumo, carte di credito revolving, ecc.) e all’uso di onerosi strumenti di pagamento elettronici.
L’attenzione ossessiva alla tracciabilità, assurta a paradigma di strutturazione del rapporto complessivo cittadini-Stato, è stata mutuata, come evidenzio nell’articolo, dal sistema di controllo totale in vigore nella Germania Orientale. Essa è stata applicata ai movimenti finanziari e poi, durante la pandemia, ai movimenti fisici e alle relazioni sociali degli individui; ora viene estesa finanche ai consumi energetici privati.

A una considerazione retrospettiva, non c’è da meravigliarsi che la mia posizione sia stata ignorata. Tuttavia, questa circostanza non significa necessariamente che essa sia priva di valore, a maggior ragione se fornisce utili modelli interpretativi di rilevanti, disparati e solo apparentemente scollegati fenomeni in corso di svolgimento. Menziono alcuni di questi fenomeni, a titolo esemplificativo:

l’influenza determinante della finanza speculativa internazionale sugli aumenti accelerati e spropositati dei prezzi al consumo dell’energia;

la privatizzazione dell’uso della città pubblica e la progressiva conversione della regolamentazione dell’accesso ai centri storici in un apposito business finanziario;

la trasformazione della gestione di beni comuni (l’acqua e non solo) in altri business finanziari;

la proliferazione dei famigerati “bonus”, primariamente nel settore dell’edilizia privata, marchingegni criminogeni atti a generare e cedere credito d’imposta e ad alterare l’economia di mercato (distorsione di domanda-offerta e della relazione committente-fornitore, assegnazione di una innaturale e preminente funzione al sistema finanziario e all’Agenzia delle Entrate) predisposti allo scopo principale di trasferire surrettiziamente risorse finanziarie pubbliche alle banche (in pratica, si tratta di prodotti finanziari ad elevato rendimento e a basso rischio per l’acquirente del credito, garantiti dallo Stato e spacciati per ciò che non sono: sostegno dell’economia reale).

Presi isolatamente, questi e consimili fenomeni costituiscono altrettanti alberi; considerati alla luce della categoria unificante della finanziarizzazione delle relazioni economico-sociali, essi ci si presentano per quello che sono: parte della foresta.

Le mie riflessioni iniziali erano indubbiamente datate ma, a un certo punto, le ho pubblicate, con poche modifiche e integrazioni; oggi le ripropongo sia per l’ampio e trasversale interesse suscitato sia perché assolvono una funzione esplicativa accresciuta, all’interno di un contesto politico ed economico sempre più dominato dal principio della finanza ubiqua.
Suggerisco una lettura incrociata dell’articolo con il post “L’IDENTITA’ DIGITALE: SERVIZIO AL CITTADINO O CONTROLLO TOTALE?” pubblicato qualche mese fa sulla mia pagina Facebook, nel quale tratto analiticamente il tema dell’uso centralistico-autoritario della digitalizzazione e il ruolo chiave di agenzia politica del sistema finanziario svolto oggi in Italia dalla sinistra ministerialista.

Prof. Carlo De Filippis

13/8/2022

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