La guerra Nato alle Ong sgradite

Scrive Gilles Dorronsoro, docente di Scienze Politiche alla Sorbonne, direttamente sulle pagine dal quotidiano francese Libération, che il bombardamento dell’ospedale di Medecins sans Frontières di Kunduz “si mostra come un crimine di guerra legato alla pratica d’attacco dell’esercito americano rivolto alle stesse azioni umanitarie”. Le versioni palleggiate fra il comando Nato in Afghanistan e i portavoce del governo di Kabul si sono susseguite con fare contradittorio. Una prima tesi parlava di errore, per la mancanza di segnalazioni e localizzazione dell’ospedale. Posizione immediatamente contraddetta dagli operatori umanitari, che facevano notare come ogni propria presenza viene segnalata a tutte le parti in conflitto, soprattutto a chi è organizzato in struttura militare stabile come lo sono gli eserciti. Peraltro il bombardamento, effettuato con caccia ad alta precisione di fuoco, è durato quasi un’ora, nonostante gli appelli telefonici rivolti dal MSF ai comandi americani. Una seconda tesi affermava la presenza all’interno del grande compound sanitario di guerriglieri talebani; i fatti l’hanno smentita, perché le vittime sono tutte civili (medici e infermieri) più i feriti ricoverati, fra cui tre bambini. Perciò afferma il professore “I bombardamenti ripetuti sono illegali rispetto a quanto previsto dal diritto internazionale e ignobili da un punto di vista morale”.

Quindi aggiunge una riflessione che avevamo anticipato giorni addietro “… in realtà c’è l’inquietante tendenza a criminalizzare l’intervento umanitario. L’ospedale è stato colpito perché curava anche i feriti talebani. Già a luglio s’era verificato un incidente diplomatico con le truppe afghane penetrate nella struttura, accusata di prestare cure agli insorti”. Secondo lo studioso ciò che si ha sotto gli occhi è un’estensione della linea politica bushiana, mai del tutto scomparsa nelle stesse decisioni dell’amministrazione seguente, unita alle pratiche militari statunitensi. “Essa non concede spazi e interventi umanitari protetti da leggi internazionali nelle zone di guerra. Tutti gli attori presenti diventano bersagli legittimi”. Tutto ciò appare come l’altro volto del terrorismo, chiosiamo noi, speculare a quello talebano o del Daesh, di chi odia le testimonianze, di cooperanti, volontari, giornalisti pena lo sgozzamento. Oppure li vuole ammansiti, come il cronista britannico “convertito” John Cantlie, l’altra faccia della tipologia del reporter embedded che racconta una nazione in conflitto dalla base Nato di Bagram o simili. Dorronsoro ricorda come “nel 2000 la casa Bianca lanciò una campagna contro la Croce Rossa Internazionale che denunciava le torture sui prigionieri, ritenendo tali denunce protettive nei confronti dei terroristi”. In più gli Usa hanno fatto delle Ong uno strumento di conquista e potere (elemento ben noto ai governanti locali e ai signori della guerra cooptati nelle istituzioni, beneficiari primi dei finanziamenti, ndr).

L’impunità a chi ha compiuto l’azione, a chi l’ha ordinata, a chi stabilisce certi protocolli comportamentali che hanno valenza eminentemente politica, è l’unica certezza che scaturiscedalla vicenda. L’inchiesta di cui il presidente Obama si fa portavoce è il classico fumo negli occhi che in ogni situazione geopolitica gli Stati Uniti propinano all’opinione pubblica internazionale. “In realtà gli americani rifiutano di riconoscere le proprie responsabilità – sostiene il docente parigino – e scommettono sulla velocità del cerchio mediatico per limitare il colpo politico dell’incidente. Né c’è nulla da attendersi dai governi europei, in virtù della loro dipendenza dagli Usa. Una possibile inchiesta delle Nazioni Unite, con risultati disponibili fra un mese, non spingerà l’esercito statunitense a mutare i suoi comportamenti”. In chiusura il professore lancia un accorato appello – a nostro avviso utopistico per quanto lui stesso ha dichiarato sulla linea dei governi occidenti – che comunque riportiamo: “Una comune presa di posizione di tutte le Ong che intervengono in contesti di guerra e un sostegno politico del Parlamento Europeo possono aumentare il costo politico del cecchinaggio operato dall’esercito statunitense verso le Ong. Ne va dei valori, della sicurezza, dell’umanità e finanche delle nostre libertà politiche.

Enrico Campofreda

4/10/2014 www.contropiano.org

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