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Commenti di Mauro Biani

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    Altra Informazione, Blog, Comitati di Lotta, Cronache di Lavoro, Cronache Politiche, Cronache Sindacali, Cronache Sinistra Europea, Cronache Sociali, Culture, Politiche di Rifondazione, sicurezza lavoro, Storia e Lotte — Giugno 21, 2019 7:23 am

    I lavoratori dell’abbigliamento in Romania guadagnano solo il 14 per cento di un salario che potrebbe essere definito almeno “dignitoso”. Le principali destinazioni di esportazione dell’abbigliamento “Made in Romania” sono l’Italia, il Regno Unito, la Spagna, la Francia, la Germania e il Belgio. I marchi rilevati durante le indagini spaziano da discount e aziende di fast fashion a marchi del lusso di alta gamma, tra cui Armani, Aldi, Asos, Benetton, C&A, Dolce & Gabbana, Esprit, H&M, Hugo Boss, Louis Vuitton, Levi Strauss, Next, Marks & Spencer, Primark e Zara (Inditex). Per questo i familiari di quei lavoratori sono costretti a cercare impieghi precari, al nero e spesso umilianti in Europa occidentale. Il nuovo rapporto della Clean Clothes Campaign

    La moda rumena

    Pubblicato da franco.cilenti

    I marchi dell’Europa occidentale approfittano della povertà salariale in Romania: il più grande produttore di moda d’Europa.

    I lavoratori dell’abbigliamento in Romania guadagnano solo il 14 per cento del salario “dignitoso“. Per questo motivo i loro familiari sono costretti a cercare lavori precari in Europa occidentale.

    Il nuovo rapporto della Clean Clothes Campaign dedicato alla Romania analizza ampie ricerche che coprono gli ultimi sei anni, con particolare attenzione al periodo 2017-2018. Quasi mezzo milione di persone lavora nell’industria della moda rumena – la maggiore forza lavoro di questo settore in Europa. Le principali destinazioni di esportazionedell’abbigliamento “Made in Romania” sono l’Italia, il Regno Unito, la Spagna, la Francia, la Germania e il Belgio. I marchi rilevati durante le indagini spaziano da discount e aziende di fast fashion a marchi del lusso di alta gamma, tra cui Armani, Aldi, Asos, Benetton, C&A, Dolce & Gabbana, Esprit, H&M, Hugo Boss, Louis Vuitton, Levi Strauss, Next, Marks & Spencer, Primark e Zara (Inditex). Con quasi 10.000 fabbriche e laboratori, la Romania rappresenta a uno dei paesi di produzione storici per i marchi di moda dell’Europa occidentale.

    Da più di un decennio, l’industria dell’abbigliamento del Paese soffre di una drammatica carenza di manodopera, a causa delle condizioni di lavoro pessime. I lavoratori considerano i salari bassissimi del settore come il problema più grave: la paga media dei lavoratori intervistati per un orario di lavoro regolare è pari solo al 14% del salario dignitoso. Contrariamente alla legge, una cifra spesso inferiore al salario minimo legale, che di per sé costituisce comunque solo il 17% del salario vivibile. Sempre secondo i lavoratori, il mancato pagamento del salario minimo legale costituisce la norma. Molti di loro riferiscono di essere costretti a contrarre prestiti per far fronte alle spese quotidiane, come quelle di riscaldamento in inverno. Ciò significa che la maggior parte è fortemente indebitata. “Sto restituendo un prestito mentre guadagno 150 euro al mese. Soldi chiesti non per acquisti di lusso, ma per pagare le mie cure mediche“, ha riferito un lavoratore al nostro ricercatore.

    Oltre a contrarre debiti, i lavoratori e le loro famiglie sopravvivono, nonostante la povertà dei salari, grazie all’agricoltura di sussistenza, condotta oltre le lunghe ore di lavoro in fabbrica, e grazie al sostegno dei membri della famiglia che migrano verso l’Europa occidentale in cerca di lavoro. Quasi tutti gli altri lavoratori intervistati hanno raccontato di avere familiari che lavorano nell’edilizia o nell’agricoltura, ad esempio in Italia o in Francia. La migrazione della manodopera verso l’Occidente è una conseguenza diretta della povertà dei salari. “Provate a mantenere le vostre famiglie per un solo mese con i nostri salari” è stato l’invito di un lavoratore rivolto alle aziende che producono abiti nella fabbrica in cui è impiegato.

    Oltre ai bassi salari, i lavoratori della metà delle fabbriche oggetto di indagine riferiscono di ore di lavoro straordinario non retribuito, così come di ventilazione e aria condizionata non funzionanti in un Paese dove le estati possono essere roventi. La ricerca ha riscontrato anche casi di straordinari forzati e di accesso limitato o mancato all’acqua. Tutti i lavoratori si sono lamentati di essere vittime di bullismo: vengono maltrattati verbalmente, molestati e costantemente minacciati di licenziamento.

    Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti, membro italiano della Clean Clothes Campaign, lo riassume così: “I marchi del tessile spesso si vantano di portare lavoro in quei Paesi in cui ce ne bisogno e di offrire soprattutto alle donne una strada per uscire dalla povertà. La nuova ricerca della CCC dimostra che lavorare per i marchi della moda occidentali non costituisce una via di uscita dalla povertà, piuttosto favorisce la contrazione di debiti per sopravvivere ed è causa di separazione delle famiglie. Nessuno dei marchi che si rifornisce in Romania si è impegnato seriamente ed efficacemente contro le violazioni dei diritti umani e del lavoro nel Paese. È giunto il momento che l’Unione Europea introduca norme vincolanti sui diritti umani lungo le catene di forniturae affronti le grandi disuguaglianze all’interno del continente. In una parte – quella occidentale – i salari minimi legali sono a prova di povertà; nell’altra sono addirittura al di sotto della soglia di povertà stabilita dall’Unione Europea.”

    LaClean Clothes Campaign chiede che l’Unione Europea sviluppi una politica comune sui salari minimi per garantire in tutti gli Stati membri il rispetto del diritto umano a un salario vivibile, applicando di fatto il suo “Pilastro dei diritti sociali”. In particolare al Capitolo II, paragrafo 6 di questo documento si legge che “i lavoratori hanno diritto a salari equi che garantiscano un tenore di vita dignitoso” e che “la povertà lavorativa deve essere prevenuta”.

    18/6/2019 https://comune-info.net

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    • Rapporto sulla Romania 2019
    • Ulteriori informazioni sull’area europea
    Tags: abiti firmati aborto affari alimentazione ambiente anmil antiretrovirali assicurazioni saniitarie associazioni contro l’amianto Associazioni infermieri attac italia Autonomia regionale differenziata Basaglia beni comuni burnout capitalismo Caporalato Casa delle Donne civiltà Commercio e sfruttamento corruzione costituzione delocalizzazioni diseguaglianze disoccupazione dissenso doma donne DRG droghe economia economia europea emergency emigrazione Europa evasione fiscale farmaci farmaci e affari femminismo franco cilenti fumo e salute giornalismo giornalismo indipendente giovani Giulio Maccacaro governo Guerre hiv igiene immigrate industrie farmaceutiche infermieri Infermieri migranti infezioni informazione Informazione web infortuni professionali infortuni sul lavoro inquinamento internet isde jobs act lager lavori usuranti lavoro lavoro gratuito Lavoro in Romania lavoro nero lavoroesalute LEA Legge 180 Legge 194 logistica e sfruttamento Loredana Marino ludopatia mafia malasanità malattie professionali manicomi giudiziari medici medici per l'ambiente medici senza frontiere medicina democratica mediterraneo migranti migrazioni ministero salute minori morti di amianto morti sul lavoro. omicidi sul lavoro movimento notav multinazionali Naga NoTAp obiezione di coscienza ogm ONG operai PRC precariato precarietà prevenzione professionalità prostituzione repressione repressione lotte rifondazione comunista RLS sanità Rosa Rinaldi salute salute internazionale salute mentale sanità calabrese sanità emiliana sanità integrativa sanità Lazio sanità ligure sanità Lombardia sanità piemonte sanità privata sanità pubblica sanità pugliese Sanità Roma sanità Sardegna sanità siciliana sanità territoriale Sanità toscana sanità veneta Sbilanciamoci schiavitù scienza e salute sfratti e povertà sfruttamento donne sfruttamento in fabbrica sicurezza lavoro social web stalking suicidi suicidi sul lavoro tav tecnologia terzo valico Traffico d'organi TTIP tutele sociali vaccini e affari welfare
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