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La Costituzione approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 è in vigore dal primo gennaio del 1948.

Con i suoi 139 articoli e le sue 18 disposizioni transitorie e finali essa rappresenta il risultato di un lavoro appassionante e di una convergenza di grandi culture politiche che segnano la rinascita del paese dalle ceneri e dal sangue della dittatura fascista, delle leggi razziali, dell’invasione nazista, del secondo conflitto mondiale.

La Costituzione è figlia di un incontro paziente ed al tempo stesso appassionato tra la cultura socialista e comunista, il mondo cattolico, il pensiero liberal-democratico; un incontro che ha avuto il momento più alto e drammatico nella resistenza al nazifascismo e nella lotta di liberazione. Non è un compromesso al ribasso, non è frutto del piccolo cabotaggio, non guarda soltanto alla terribile – ed al contempo affascinante – congiuntura del dopoguerra.

Contiene il tessuto della costruzione democratica, di una democrazia che è regole, riconoscimento e tutela dei diritti dell’uomo (“sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”) e della pari dignità sociale dei cittadini “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” ma si realizza al contempo attraverso l’ “adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Essa indica quale compito della Repubblica quello di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale”. 

Non si limita al riconoscimento formale delle libertà e dell’eguaglianza, indica un processo di rimozione degli ostacoli verso un orizzonte di sostanziale libertà (dal bisogno e dalle discriminazioni) e di eguaglianza. Un fine di giustizia sociale, attraverso un percorso che parte dal riconoscimento dei diritti inviolabili, dal ripudio della guerra, dall’abolizione della pena di morte, dal riconoscimento della personalità della responsabilità penale e dal rifiuto di una concezione vendicativa della pena, dalle libertà sindacali, dal diritto di sciopero, dalla legalità e che si snoda – con le garanzie date da un ordinamento basato sull’equilibrio e la limitazione dei poteri – verso l’effettivo riconoscimento del diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, ad una esistenza libera e dignitosa, all’assistenza sociale.  Questo cammino è perseguibile per i costituenti solo in quanto l’iniziativa economica privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” ed in quanto l’attività economica pubblica e privata “possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”

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