“La nostra Torino”

Angelo d’Orsi, nato a Pontecagnano (SA) nel 1947, emigrato da bambino a Torino con la famiglia, vi ha compiuto gli studi medi, superiori (Liceo Gioberti) e universitari (Lettere e Filosofia) laureandosi con Norberto Bobbio. Ha insegnato nelle Università di Milano (Statale), Piemonte Orientale (Alessandria), Aosta e Torino, dove è stato titolare della cattedra di Storia delle dottrine politiche. Ha anche tenuto corsi di Metodologia della ricerca storica, Storia della storiografia, Teoria e storia della democrazia, Storia delle culture e delle ideologie politiche. Ha, inoltre, insegnato in diverse Università di Francia e del Brasile. Ha svolto conferenze seminari in numerosi atenei italiani, europei ed extraeuropei.
Ha fondato e diretto numerose riviste: Nuova Sinistra, Nuvole, Quaderni di Storia dell’Università di Torino, e dirige tuttora Historia Magistra. Rivista di Storia critica e Gramsciana. Rivista di studi internazionali su Antonio Gramsci.
Ha dato vita a diverse manifestazioni culturali come FestivalStoria, Le Settimane della Politica, e a istituzioni come la Fondazione Luigi Salvatorelli (Marsciano – PG).
Giornalista pubblicista fin dal 1971, ha collaborato con testate quali Quotidiano dei Lavoratori, Il Sole 24 Ore, Corriere della Sera, La Stampa, Avvenimenti, Il Fatto Quotidiano; ha pubblicato articoli anche su giornali stranieri. Ha curato rubriche radiofoniche per la Radio della Svizzera Italiana. Attualmente scrive per MicroMega e Il manifesto, saltuariamente per altri quotidiani. Il suo blog ha per titolo tre parole d’ordine gramsciane: Istruitevi, Agitatevi, Organizzatevi.
Ha all’attivo la pubblicazione di 53 libri, un centinaio di saggi e alcune centinaia di articoli.

I suoi ultimi titoli sono: 1917. L’anno della rivoluzione (Laterza, 2016; Premio Val Comino); Gramsci. Una nuova biografia (Feltrinelli, 2017; nuova ed. riv. e accr. ivi 2018: Premio internazionale Sormani per opere su Gramsci); L’intellettuale antifascista. Ritratto di Leone Ginzburg (Neri Pozza 2019; selezione Premio Viareggio e finalista Premio Acqui Storia); Manuale di storiografia (Pearson, 2021).

Ha accettato la candidatura e Sindaco di Torino per elezioni del 2021 per la lista “Sinistra in Comune”, collocata a sinistra del PD nella quale convergono partiti, formazioni, organizzazioni della sinistra di classe torinese.
La candidatura è sostenuta anche da PCI e Potere al Popolo

Elio Limberti – Torino è una città complessa, la cui storia ha subito nel tempo cambiamenti di natura e direzione sostanziale. Oggi si presenta come una città fratturata, orfana della propria storia industriale e con una socialità multiversa. Come interpreti i bisogni delle classi sociali a cui ti rivolgi nella tua campagna elettorale?

Angelo d’Orsi – Torino è città ricca di storia, non tanto per la sua durata quando per la sua qualità, in particolare dall’età risorgimentale. Una capitale industriale, politica, culturale, in momenti diversi, e quasi sempre una città laboratorio, dove si è inventato, sperimentato, e avviato imprese di ogni genere, dall’industria alla cultura. Schiacciata nella dimensione di one company town, per la ingombrante presenza della Fiat, che monopolizzava produzione, scienza, tecnologia, cultura, e persino l’immaginario collettivo. La perdita della Fiat ha significato una perdita grave quanto la perdita dello status di capitale, nel 1864. E a partire dalla fine della dinastia degli Agnelli, divenuta poi Elkann, la Fiat si è come smaterializzata, e Torino ha dovuto inventarsi una fisionomia nuova, ma con ceto politico locale di modestissimo livello, incapace di pensare un futuro coerente con il suo passato, e dopo la bella stagione politica di Diego Novelli da metà degli anni Settanta durata quasi un decennio, è cominciato il riflusso politico e il declino economico. Le dirigenze dell’ex Pci-Pds-Ds-Pd, sono apparse completamente piegate ai poteri forti, in particolare le fondazioni bancarie, mentre il partito, del resto sul piano nazionale, subiva una mutazione genetica. Il risultato che non solo le classi disagiate non sono più state rappresentate ma che Torino è davvero una città frantumata, la cui stessa struttura urbana riproduce la divisione di classe. Io ho in mente di ricuperare il dialogo con le classi disagiate, che sono specialmente collocate nelle vaste periferie, di cui il PD prima, il M5S dopo, si sono sempre disinteressate, nei fatti, pur avendo – questi ultimi – vinto le elezioni del 2016 proprio usando il tema periferie.

Elio Limberti – La tua candidatura a Sindaco presuppone una visione pe culiare della Città futura da parte tua e della squadra. Vuoi illustrarla?

Angelo d’Orsi – Torino è oggi una sorta di città medievale, dove le divisioni urbanistiche corrispondono alle stratificazioni sociali: una serie di fossati dividono lo spazio e per sciatteria, il senso della comunità. Il mio compito sarebbe innanzi tutto ricostruire quel senso, restituire agli abitanti di Torino un idem sentire, in quanto parte della comunità cittadina. Una città dunque inclusiva, che diventi capitale, nuovamente, nella scena italiana, per la trasparenza amministrativa (sto insistendo fin dal primo giorno sulla importanza di due concetti che sono diventate le mie parole d’ordine: “ascolto” e “trasparenza”. Non la città-cartolina che è stato il progetto fallimentare perseguito dopo le “giunte rosse” di Diego Novelli, sin dalla seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso, dal Centrosinistra, proseguito nella fallimentare esperienza del governo Appendino con la sua giunta monocolore Cinque Stelle, ma una città degna della sua tradizione di capitale industriale, di centro propulsivo delle lotte sociali, di eccellenza tecnologica, di laboratorio culturale. Una città che reinventa la propria economia, senza gettare alle ortiche quel nocciolo duro che è l’industria, in particolare quella metallurgica, e dell’auto: un know how che va conservato anche se ovviamente rinnovato nel segno della ecocompatibilità. Pensare di trasformare Torino in una Venezia del NordOvest, è ridicolo, e velleitario. Torino, come diceva Gramsci, è “città seria”, e la sua serietà va salvaguardata, aggiungendo il diritto alla bellezza, un diritto dal quale i proletari, i subalterni, gli emarginati vengono esclusi.

Elio Limberti – Ti rifai spesso al pensiero gramsciano. Il lavoro, in quello schema di pensiero è centrale. Tuttavia, oggi, il lavoro si presenta frastagliato, spesso senza alcuna garanzia sostanziale, sovente come occasione precaria; infine, l’assenza di lavoro è spesso un’angoscia diffusa. Nell’impianto giuridico italiano l’istituzione Comune ha poteri ben limitati in materia di lavoro, cosa proponi e proponete verso una maggior tutela e diffusione del lavoro come fonte e garanzia di dignità e non di disperazione?

Angelo d’Orsi – In verità, il Sindaco e l’Amministrazione Comunale sono dotate di potenzialità che sta poi ai singoli e alle forze politiche che li coadiuvano trasformare in attualità. Per esempio a Torino, il Sindaco può fare modifiche al Piano Regolatore, che implichino lavoro, specialmentenel riuso di spazi abbandonati (Torino è forse la capitale italiana dei buchi neri, ossia di strutture non più in uso e spazi analogamente lasciati nell’oblio), che si tratta di far rivivere. Ho lanciato lo slogan “Non un mattone in più!”, in quanto la città ha un altro triste primato, di consumo di suolo: invece di aggiungere altri mattoni si può aggiustare, ristrutturare, riattare, e riusare quale che sia la destinazione d’uso di spazi ed edifici. Anche salvare un prato dalla speculazione immobiliare mentre fa un favore alla natura (e dunque agli abitanti della città), può essere un’occasione di lavoro. E il Sindaco può e deve svolgere, d’altro canto, una funzione di controllo e vigilanza sul rispetto delle norme di sicurezza nei luoghi di lavoro, coadiuvando così le deboli forze dell’Ispettorato del Lavoro. Si tratta di battersi, anche con la classe imprenditoriale, perché accetti il principio della dignità e della sacralità, per così dire, del lavoro. Ricuperare la tradizione dell’industria, senza perseguire, come dicevo sopra, il sogno grottesco della città-cartolina; valorizzare le grandi competenze che i due atenei cittadini (Università degli Studi e Politecnico) sono in grado di mettere in campo a disposizione degli imprenditori, ma della città nel suo insieme, innovando per quel che sarà necessario, specie per rendere ecocompatibile ogni produzione. Anche l’attività per trasformare le produzioni in tal senso, tutto ciò che occorre per rendere Torino “a green town” crea lavoro, e lavoro dignitoso.

Elio Limberti – Da due anni la vita di tutti è condizionata dalla pandemia di Covid-19, questo ha ulteriormente messo in in luce le carenze di un sistema sanitario votato al mercato e non ai diritti dell’individuo. Il Sindaco, in materia sanitaria, è una figura centrale ma sinora i tuoi predecessori sono stati del tutto assenti in materia, subendo la predominanza della Regione. Si sta profilando, inoltre, un’autonomia regionale che potrebbe significativamente peggiorare la situazione. Cosa ne pensi e cosa ti proponi di fare sulla salute dei cittadini, anche al di là della contingenza Covid-19?

Angelo d’Orsi – Il tema Salute è uno dei sette punti del mio Programma. Battersi contro tre pratiche e tre ideologie che hanno devastato il Servizio Sanitario Nazionale sarà una delle mie priorità: combattere, cioè, la regionalizzazione, l’aziendalizzazione, la privatizzazione del servizio. Come Sindaco, se sarò eletto, intendo riprendere ogni potere che è stato lasciato più o meno debitamente affidato all’ente regionale, e sottrarre al settore privato la gestione della sanità, e nel contempo lavorare per una sanità territoriale, di quartiere, se non di caseggiato. Al progetto faraonico della “Città della Salute” noi contrapponiamo la Salute in Città, come recita uno degli slogan che ho lanciato.

Elio Limberti – Partecipi, partecipiamo ad una competizione elettorale con le carte truccate: il sistema maggioritario ci penalizza in modo estremo. Mentre continuiamo sostenere il principio del sistema proporzionale puro in nome di una democrazia effettiva e non falsa, credi che questa condizione possa permettere alla sinistra di classe di essere giustamente rappresentata nelle istituzioni, anche locali, come il Comune di Torino?

Angelo d’Orsi – “Giustamente rappresentato” solo se vincessimo e io diventassi Sindaco e portassi con me la maggioranza dei Consiglieri. Se così non sarà, sarà una ingiusta rappresentanza. La legge sui sindaci è una delle tante ferite inferte alla democrazia, con la complicità del PD e di tutto il Centrosinistra. Ogni legge maggioritaria è un vulnus al principio della rappresentanza. La tendenza verso questo tipo di leggi elettorali è intrinseca nel percorso verso il “superamento” della democrazia, quella che Colin Crouch ha chiamato “post-democrazia”. Che la destra abbia spinto in tale direzione si spiega, ma che la sinistra lo abbia accettato o addirittura abbia fatto proprio il principio ispiratore, è più difficile da accettare, anche se si capisce, alla luce di tutta la trasformazione avvenuta dentro il campo della sinistra occidentale.

Elio Limberti – L’esperienza torinese sembra dimostrare che sia possibile unire le diverse espressioni della sinistra di classe per un obiettivo comune. Questo vuol dire che è davvero possibile unire i terreni del conflitto e quello istituzionale per riaffermare una società più giusta?

Angelo d’Orsi – È possibile ma molto difficile. E la difficoltà non consiste soltanto nello sforzo di assemblare i pezzi, ma ancora di più in quello di tenere assemblati. Le spinte centrifughe e le tentazioni identitarie sono assai forti. E ci sono forze che sono legate a una concezione politica che comprende tanto la lotta fuori delle istituzioni, quanto quella interna ad esse, e forze invece che si concentrano nel movimentismo. Gli obiettivi sono comuni, ma le strategie sono spesso diverse, e la formazione dei militanti spesso li differenzia notevolmente, e tuttavia siamo riusciti nel miracolo di realizzare questa unione che mi sostiene nella corsa alla conquista del Palazzo di Città, ma l’obiettivo massimo, al di là della conquista di un risultato elettorale favorevole, sarebbe trasformare l’unione in unità stabile. Io sogno una sinistra radicale, comunista, ambientalista, davvero unita.

Elio Limberti – Nel comporre la tua squadra elettorale, immagino tu abbia dovuto conciliare istanze diverse: competenze, capacità di rappresentanza, obbligo del rispetto della diversificazione di genere, necessari equilibri fra forze politiche diverse per storia e natura. Il risultato che hai, avete, ottenuto ti pare soddisfacente per affrontare la guida del Comune di Torino? Nel caso in cui Sinistra in Comune non fosse la prima lista negli esiti elettorali, quali obiettivi vi siete posti?

Angelo d’Orsi – Si poteva fare di meglio, certo, ma il risultato è soddisfacente. Sono sicuro che nella lista ci sono le competenze e la passione giuste per realizzare una squadra di governo della città capace di dare grandi risultati. Alla seconda domanda preferisco non rispondere. Io lavoro per vincere e cerco di infondere questa volontà in tutte le componenti della Coalizione, oltre che nel mio team.

Elio Limberti – Il tuo spessore intellettuale è fuori discussione: con 53 libri, un centinaio di saggi e un migliaio di articoli pubblicati, la tua profonda conoscenza della storia del pensiero politico e di Gramsci in particolare fanno di te uno studioso di alto livello; la tua lunga militanza intellettuale nella vita politica ti pone senz’altro fra le figure più qualificate nell’esame del contingente sociale e politico. Come può questo bagaglio di conoscenza e di capacità d’analisi rivelarsi strumento utile ed efficace nella progettazione e poi nel dare attuazione alla Torino futura?

Angelo d’Orsi – Ho invece ricevuto non poche critiche proprio in relazione al mio bagaglio culturale; a dire insomma che la cultura, lo studio, la professione di docente esercitata per 43 anni, non solo non servono a fare politica e a conquistare voti, ma sono un handicap per governare. È una delle tante espressioni del mondo alla rovescia in cui ci è dato di vivere. Al contrario sono convinto che proprio questo bagaglio culturale e professionale possa rappresentare il valore aggiunto della mia Candidatura e diventare, se giungessi al Palazzo di Città, un serbatoio fondamentale cui attingere per fare politica. In fondo tanto Gramsci, quanto, prima di lui, Machiavelli hanno dimostrato che per fare politica conoscere la storia e la teoria della politica è fondamentale. Ma quanti fra i miei competitors (e spesso anche tra i miei supporters) hanno studiato Gramsci e Machiavelli?

Intervista a cura di Elio Limberti

Pubblicata sul numero di settembre del mensile Lavoro e Salute

Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-settembre-2021/
PDF http://PDF http://www.lavoroesalute.org/

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