La promozione della salute può imparare dalla crisi?

La pandemia da covid-19 ha rivelato un serio difetto di impostazione dei nostri sistemi sanitari: la prevenzione, considerata nel senso più ampio, includente in particolare la promozione della salute, è concepita come un’opzione importante ma non come principio guida del sistema sanitario al suo interno e nei suoi rapporti con gli altri settori della società rilevanti per la salute (educazione, lavoro, cultura, abitazione, ambiente).

Tragicamente, le soluzioni preventive che avrebbero evitato l’emergenza ospedaliera e l’affollamento delle terapie intensive sono arrivate in ritardo, costringendo la maggior parte dei paesi alla misura drastica del lockdown, con le sue pesanti ripercussioni sulle disuguaglianze, l’economia, la salute mentale. Anche nella fase attuale, per mantenere bassi i livelli di diffusione del virus in attesa del vaccino, oltre a individuare e isolare casi e contatti, sarebbe necessario attivare azioni di sostegno al cambiamento dei comportamenti di individui e comunità che pur essendo conosciute dai promotori della salute stentano ad essere avviate. Questo non a causa delle persone (i professionisti della prevenzione sono in prima linea e combattono duramente l’epidemia allo stesso modo dei loro colleghi clinici) ma per il fatto che il sistema sanitario pubblico in molti paesi, non solo in Italia, ha un pilastro della prevenzione troppo debole.

In un breve intervento sulla newsletter forward Rodolfo Saracci scrive: “È oggi tempo di uscita titubante da un incubo e di incertezza sulle forme del futuro: ma è adesso, nella finestra di tempo dei prossimi mesi e prima che questa vada chiudendosi verso il ritorno al preesistente, che occorre – senza pause di riposo – dare forma specifica e concreta a progetti innovativi di politica della salute, prioritariamente nell’area vitale della prevenzione”.

Per avviarsi senza indugio su questo percorso può essere utile cominciare a fare un elenco di cosa la prevenzione, e in particolare la promozione della salute, possa imparare dalla pandemia.

  1. I temi: le malattie infettive non sono affatto scomparse ma sono una priorità dei nostri giorni. In tutti questi anni la promozione della salute si è concentrata soprattutto sulle malattie croniche, forse con la sola eccezione dell’AIDS e, più in generale, delle infezioni sessualmente trasmesse. Così chi si occupa di malattie infettive non conosce gli strumenti della promozione della salute che pure potrebbero essere facilmente applicati a questo campo (ECDC, 2014).
  2. Gli strumenti: è necessario utilizzare gli strumenti di comunicazione più adeguati alle diverse fasce di popolazione sperimentando approcci nuovi, integrati e sostenibili. Dato l’attuale grado di incertezza della conoscenza a vari livelli, è particolarmente difficile la comprensione da parte del pubblico di ciò che gli esperti e le autorità dicono e raccomandano. Le società democratiche tendono a fare affidamento sul fatto che gli individui facciano le scelte “giuste” per conto proprio, ma il modo in cui gli individui integrano il mare di informazioni disponibili è una grande sfida. Le informazioni e l’imposizione di norme non sono sufficientiper convincere tutti i gruppi di popolazione ad aderire ai comportamenti proposti. Le persone, infatti, rispondono positivamente alle richieste di cambiare i propri comportamenti quotidiani solo se accompagnate da prospettive e benefici che soddisfano i loro bisogni e desideri.  E’ importante quindi utilizzare approcci multi-componente, che integrino il marketing, le norme e l’educazione, che richiedono il coinvolgimento e la collaborazione di più parti e a tutti i livelli: dai Governi alle comunità, passando per il mondo della scuola e del lavoro (Parkinson, 2020).
  3. Gli interventi: devono essere molto dinamici e adattarsi alla velocità di comparsa della malattia coinvolgendo i partecipanti come protagonisti attivi. Per applicare i metodi della promozione della salute alle malattie infettive è necessario focalizzarsi maggiormente sulla ricerca-azione piuttosto che sul risultato, per comprendere meglio i processi coinvolti nell’implementazione (McQueen, 2015). I metodi della “ricerca partecipativa” dovrebbero essere meglio sviluppati, riconosciuti e documentati nella letteratura scientifica e nei protocolli di ricerca.
  4. L’intersettorialità: è necessario lavorare concretamente in ottica One Health, molto affine ai principi e alle strategie della promozione della salute, in particolare per quel che riguarda la transdisciplinarietà e la multisettorialità.
  5. La ricerca: per combattere efficacemente la pandemia non serve solo approfondire le conoscenze sul virus ma anche il modo in cui la gente prende le decisioni, le organizzazioni agiscono, e le comunità reagiscono. Comprendendo come persone e organizzazioni reagiscono durante le crisi, si può capire come la coesione sociale e la fiducia nelle istituzioni pubbliche possono essere rinforzate per rendere le persone e le comunità più resistenti alle crisi. Sarebbe utile maggiore ricerca sul modo in cui può essere aumentata la fiducia nelle istituzioni pubbliche e la mobilitazione del capitale sociale per migliorare la resilienza delle comunità locali.
  6. La prontezza: la promozione della salute deve prepararsi a rispondere molto più rapidamente senza aspettare il verificarsi della crisi. I determinanti sociali e gli stili di vita causa delle malattie croniche sono generazionali e possono richiedere molti anni prima di registrare cambiamenti. Ma le gravi sfide per la salute che si verificano rapidamente (come quella a cui stiamo assistendo) richiedono risposte rapide: John Catford, in un editoriale su Health Promotion International, parla di ‘acute’ health promotion e della necessità di sviluppare capacità e competenze per riorientare i servizi sanitari, progettando e realizzando rapidamente interventi di supporto alle comunità e ai singoli.

Una delle chiavi di lettura importante è comprendere l’attuale crisi come un processo di apprendimento individuale e sociale. Esperti di sanità pubblica di tutte le discipline dovrebbero lavorare insieme contribuendo a creare una comprensione più ampia che consenta di accettare la complessità e l’alto grado di imprevedibilità delle emergenti sfide sanitarie globali (legate alla pandemia ma anche, per esempio, al riscaldamento climatico o all’acuirsi delle disuguaglianze sociali). Dopo i problemi iniziali, nella maggior parte dei paesi abbiamo assistito ad un’ampia mobilitazione di tutti i settori della società che si sono attivati per combattere la pandemia. I servizi di prevenzione, indipendentemente dalla loro specializzazione e copertura territoriale, sono stati in prima linea e sono individuati come elemento chiave nel controllo della pandemia nella fase post lockdown. Il loro coinvolgimento durerà almeno fino al prossimo anno e comunque fino alla disponibilità su vasta scala di un vaccino: è il momento per pensare a “come” strutturare servizi di prevenzione e promozione della salute nuovi e rimodellati sulla base di quanto stiamo imparando dall’esperienza in corso. Non solo per migliorare la risposta alla pandemia ma per ripensare in modo più ampio ruolo e strutturazione della promozione della salute nell’ambito dei servizi di sanità pubblica. È necessario trovare le risorse e riorientare quelle disponibili per rendere praticabili e concrete queste idee. L’obiettivo della salute per tutti può essere raggiunto e mantenuto solo mettendo la prevenzione davanti a tutto. Il covid lo dimostra: una volta fallita la prevenzione l’intera salute della popolazione è compromessa, non solo la salute delle persone colpite dalla malattia (si vedano per esempio la mortalità in eccesso legata a cause non covid e il pesante impatto sulla salute mentale). Un gruppo di operatori piemontesi della promozione della salute e della prevenzione ha avviato un laboratorio di pensiero per costruire un’agenda di idee e proposte da sviluppare prima di tutto nell’ambito del prossimo piano della prevenzione, tra le progettualità regionali quella più vicina alla promozione della salute. Sarebbe utile riuscire ad allargare il dialogo anche all’interno di altre linee programmatorie, dalla cronicità alle dipendenze, dalla salute mentale alla coesione sociale, dall’ambiente alle emergenze infettive con un atteggiamento di proposta e confronto. Sarebbe importante raccogliere idee anche da fuori Regione. Dobbiamo imparare a convivere con l’incertezza. Il mondo post covid non sarà più quello di prima. Anche la promozione della salute deve cambiare.

Bibliografia

Antonella Bena

23/7/2020 https://www.dors.it

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