La salute del docente? Importa a qualcuno?

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La salute dei docenti importa a qualcuno? Ai posteri l’ardua sentenza, recita il detto.

E’ del 2004 la raccomandazione europea in materia di tutela della salute sui posti di lavoro. L’Italia la recepisce 4 anni dopo, nel 2008, col nuovo Testo Unico, ovverosia il D.L. 81/08. All’art. 28 – professioni di aiuto a elevata usura psicofisica, come quella docente precisando che il datore di lavoro ha l’obbligo di verificare il livello di Stress Lavoro Correlato (SLC) nell’ambiente di lavoro e di attuarne la prevenzione. Viene inoltre specificato che il contrasto allo SLC deve tenere conto di due variabili fondamentali quali genere ed età. Il decreto resterà inapplicato fino al 31.12.10, dopodiché si farà finta di applicarlo perché il legislatore si è dimenticato (volutamente?) di mettere a disposizione le necessarie risorse per applicarlo.

Resta così l’obbligo normativo per i dirigenti scolastici che procedono in ordine sparso: chi fa finta di niente (la maggior parte) evadendo l’obbligo; chi affida la prevenzione dello SLC al responsabile per la sicurezza (solitamente l’ingegnere che si occupa della sicurezza dell’edificio e dell’antincendio). Inutile dire, il personale docente deve per forza apparire in ottima salute e non necessita di alcun intervento per contrastare lo SLC.

Le statistiche di altri Paesi ci dicono l’esatto contrario: la professione docente è quella a più alto rischio. In Italia non sembra invece neanche necessario raccogliere dei dati nazionali per disporre statistiche. Ne consegue che si può mettere mano alle riforme previdenziali, senza effettuare alcun preventivo check-up alla salute della categoria. Si può perfino impedire di andare in pensione a chi ne ha diritto o per chi ha gravi problemi di salute.

Se poi consideriamo che il D.L. 81/08 esige particolare attenzione per le due variabili quali genere ed età, basti pensare che le donne nella scuola rappresentano l’82% dell’intero corpo docente e l’età media è di circa 52 anni. In altre parole dovrebbero essere particolarmente oggetto di prevenzione le donne (il loro rischio depressivo è 2,5 volte superiore a quello dell’uomo) ed in particolare quelle in fase perimenopausale (in menopausa la donna vede quintuplicare il suo stesso rischio depressivo). Vi sarebbe poi da parlare anche del rischio oncologico che vede particolarmente esposti gli insegnanti e il rischio malattie rare,  ma tutto ciò continua a non interessare ad alcuno.

Chi controlla dunque l’operato dei dirigenti scolastici in termine della prevenzione dello SLC? Nessuno!

Ci si accorge dell’aumento delle assenze per malattia dei docenti, tanto per alimentare lo stereotipo dell’insegnate fannullone che dopo una estemporanea flessione del dato, effetto della legge Brunetta, i docenti hanno ricominciato a marcare visita in maniera crescente nonostante le penalizzazioni economiche introdotte. Le diagnosi di malattia (riservate) riportano verità scomode.

Invece di occuparsi della salute degli insegnanti, si introduce la valutazione dei docenti da parte dei ragazzi, in barba alla riconosciuta asimmetria che caratterizza il rapporto precettore-discente.

La professione dell’insegnante ha una peculiarità unica rispetto a tutte le altre: “la tipologia del rapporto con l’utenza”. Non esiste altra professione in cui il rapporto con l’utenza, e per giunta la stessa utenza, avvenga in maniera così insistitamente reiterata: tutti i giorni, più ore al giorno, 5 giorni alla settimana, 10 mesi all’anno, per cicli di 3/5 anni. In altre parole è come se il docente si sottoponesse quotidianamente a una Risonanza Magnetica Nucleare operata da tante paia di occhi quanti sono i suoi stessi studenti: un solo capello fuori posto e i ragazzi lo mettono in croce.

Della salute dei docenti non importa nulla a nessuno e talvolta neanche a loro stessi, perché non sono a conoscenza dei rischi professionali che corre il loro benessere.

Marilena Pallareti

Associazione Attac- Forlì

5/2/2015

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