La Salute globale a un bivio

Il (neo) colonialismo della salute globale si manifesta nel deciso predominio di un pensiero occidentale che opera esclusivamente all’interno delle grandi istituzioni di ricerca e formazione, tenendo escluso il mondo reale dei paesi a basso e medio reddito.

Come l’araba fenice, la Global Health, “che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa” (1). Pur continuando ad essere un concetto abbastanza vago e polisemico, ormai la nozione di Global Health è entrata a fare parte del vocabolario della salute pubblica internazionale (2).    La riflessione sulla salute globale promossa dal gruppo Lancet sotto l’instancabile stimolo del suo editor principale Richard Horton è venuta evolvendo negli ultimi mesi. Iniziata come critica della natura neocoloniale della salute globale, oggi la analisi critica della Global Health si articola ulteriormente e Lancet Global Health propone la nozione di « salute globale pragmatica »  – Pragmatic global health – (3), come possibile risposta a quelle minacce  che continuano a mantenere una sostanziale asimmetria di potere nel pensiero  e nelle pratiche della salute globale.

Le minacce da cui difendersi sono rappresentate dal (neo) colonialismo e dal ricorso a modelli e soluzioni esclusivamente biomedici. Il (neo) colonialismo della salute globale si manifesta nel deciso predominio di un pensiero occidentale che opera esclusivamente all’interno delle grandi istituzioni di ricerca e formazione quali i prestigiosi centri di Harvard, della John Hopkins, di Yale, della London School o dell’Imperial College o, ancora, di Oxford e Liverpool. Questi centri, di fatto, formulano l’agenda delle priorità di azione e di ricerca e ispirano le grandi organizzazioni pubbliche e private, quali la OMS o le fondazioni filantropiche (Bill e Melinda Gates Foundation, Global Alliance for Vaccines, Wellcome Trust, Coalition for Epidemic Preparadness Innovations ecc.…)  che, con un circolo virtuoso o vizioso (a seconda dei punti di vista), finanziano quegli stessi centri di pensiero e di ricerca. Insomma, si tratta di una partita tutta giocata in casa, con pochi attori e sempre gli stessi. Il mondo reale dei paesi a basso e medio reddito resta escluso e/o passivo recipiente di donazioni e protocolli di ricerca sul campo.  Se l’obiettivo fondamentale della Global Health è quello di operare per diminuire il gap fra paesi ad alto reddito e paesi a medio e basso reddito, è necessario che i processi decisionali (l’accesso ai farmaci essenziali, i meccanismi di regolamentazione dei brevetti, il rafforzamento di ogni forma di prevenzione, lo sviluppo di sistemi sanitari accessibili, equi e costo effettivi) si generino all’interno di consessi internazionali che non siano dominati da organizzazioni non-pubbliche e for-profit (4,5).

Benedetto Saraceno

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15/3/2023

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