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    Altra Informazione, Blog, Comitati di Lotta, Cronache di Lavoro, Cronache Politiche, Cronache Sociali, Politiche di Rifondazione, sanità e salute — Marzo 21, 2018 8:45 am

    I risultati del progetto CCM di monitoraggio di alcune patologie croniche, per individuare i fattori di rischio e il possibile effetto negativo di fattori microclimatici e ambientali. Il nuovo volume della Collana Dossier presenta i risultati del progetto “La presa in carico del paziente affetto da patologie complesse negli istituti penitenziari: profili epidemiologici e contesto ambientale”; il progetto è stato finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della salute e ha coinvolto nel periodo 2013-2015 le Regioni Emilia-Romagna (capofila), Toscana, Lombardia e Calabria per un totale di 19 Istituti penitenziari, in collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Il lavoro ha monitorato per un anno l’andamento di alcune patologie croniche nella popolazione degli istituti penitenziari, con l’obiettivo di individuare la presenza di eventuali fattori di rischio e il possibile effetto negativo di fattori microclimatici e ambientali (calore, freddo, microclima, inquinamento indoor).

    La salute nelle carceri

    Pubblicato da franco.cilenti

    CRISI E PATOLOGIE

    Il contesto carcerario italiano è caratterizzato, dal punto di vista sanitario, da una popolazione che almeno nel 60-70% dei casi risulta portatrice di patologie croniche, spesso già in giovane età. A questo si aggiunge un significativo svantaggio rispetto ai determinanti della salute, caratterizzato da una fragilità sociosanitaria ancora più evidente con il progredire dell’età.

    L’8 gennaio 2013 la Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo ha ritenuto colpevole lo Stato italiano per aver violato l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo a causa delle condizioni in cui la popolazione carceraria è costretta a vivere. Sebbene la condanna riguardi situazioni strutturali, queste sono rese ancora più evidenti dal sovraffollamento. A tutto ciò si aggiunge il disagio dovuto agli eventi climatici e atmosferici, particolarmente evidente nelle stagioni estiva e invernale.

    È lecito ritenere che l’alta prevalenza di malattie croniche riscontrate e le condizioni determinate dai problemi strutturali e di sovraffollamento possano costituire un ulteriore rischio per la salute delle persone detenute.

    Il progetto di cui si riportano i risultati nel presente documento è stato finanziato dal Centro nazionale per il controllo e la prevenzione delle malattie (CCM) del Ministero della salute e ha coinvolto le Regioni Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia e Calabria per un totale di 19 Istituti penitenziari. Il progetto aveva lo scopo di:

    • rilevare le patologie croniche presenti nella popolazione detenuta;
    • sviluppare e favorire l’implementazione di software per la gestione della cartella clinica informatizzata negli Istituti penitenziari;
    • sviluppare profili assistenziali per le patologie croniche al pari di quanto disponibile per i cittadini liberi;
    • evidenziare modalità operative utili per affrontare emergenze e criticità ambientali (calore, freddo, microclima, inquinamento indoor) che caratterizzano il contesto carcerario e il territorio su cui insiste la realtà penitenziaria.

    La raccolta dei dati ha riguardato:

    • stili di vita e stato di salute di una popolazione di persone detenute affette da patologie croniche, monitorati per un anno con strumenti simili a quelli utilizzati dai medici di base nelle cure primarie;
    • condizioni microclimatiche in ambito carcerario, per evidenziare collocazioni dei detenuti potenzialmente nocive per la salute e migliorare gli aspetti residenziali negli istituti di pena.

    La rilevazione dei dati clinici ha permesso di “disegnare” le caratteristiche del detenuto tipo: ha 52 anni, è italiano (81%), ha un livello di istruzione elementare o medio inferiore (oltre il 70%), è un fumatore (58%), sedentario; è obeso o sovrappeso (71%). Il 57% non fa attività fisica o vi dedica un tempo settimanale insufficiente: solo il 27% la pratica almeno due volte la settimana. Solo un terzo lavora, di cui il 50% per meno di 20 ore settimanali. È spesso in situazione di disagio personale (52%), in particolare per motivi familiari, con una notevole quota di insonnia (36%),
    e spesso utilizza psicofarmaci per dormire. Solo il 25% riferisce una dieta prescritta, seguita nei 2/3 dei casi; quasi la metà dei diabetici (45%) non risulta a dieta. Una storia di tossicodipendenza riguarda un detenuto su quattro, per lo più da abuso di cocaina (l’abuso pregresso di cocaina si riscontra nel 40% dei soggetti ipertesi e nel 19% dei portatori di patologie cardiovascolari). È in terapia con farmaci specifici.

    Il monitoraggio dei soggetti per la durata del progetto ha portato a una prima, forte, evidenza: nei detenuti con patologie croniche non è sempre facilmente realizzabile un’attività ambulatoriale di presa in carico negli stessi termini proposti dal Servizio sanitario territoriale per i cittadini in libertà. Si ha una realtà di luci e ombre, dipendente dall’organizzazione sanitaria locale, dalla partecipazione del personale sanitario, dalla volontà dei singoli operatori, dalla collaborazione delle direzioni di Istituto penitenziario.

    Di fatto, quindi, a quasi un decennio dalla riforma della medicina penitenziaria, che ha trasferito le competenze di assistenza sanitaria alla popolazione detenuta dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale, gli obiettivi della prevenzione e promozione della salute in carcere hanno ancora ampi margini di miglioramento.

    Per quanto riguarda i dati indoor misurati nell’estate 2016, sono state raggiunte condizioni di forte disagio all’interno di 15 carceri su 19 (sono stati considerati in questo conteggio solo gli istituti in cui condizioni di forte disagio sono raggiunte in almeno due termoigrometri); le quattro carceri in cui non si sono raggiunte queste situazioni estreme sono Volterra, Pavia, Reggio Calabria e Catanzaro.

    Le concentrazioni giornaliere di PM2.5 indoor sono risultate sostanzialmente più elevate di quelle rilevate outdoor nelle 3 stazioni per le quali è stato possibile fare un confronto. Si osserva inoltre come il valore limite OMS di 25 µg/m3 per l’esposizione giornaliera risultava frequentemente superato durante il periodo di monitoraggio, a causa sia degli elevati livelli di fondo, sia del contributo delle sorgenti indoor e in particolare del fumo di sigaretta. In conclusione, le concentrazioni di PM2.5 paiono rappresentare la maggiore criticità nell’ambito carcerario.

    Autore/Autori: Bechtold P, Cilento A, De Donatis V, Donatini A, Goldoni CA, Marchesi S, Zacchia Rondinini A, Zauli Sajani S.; Agenzia sanitaria e sociale regionale

    31/1/2018 http://assr.regione.emilia-romagna.it

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    Autore: franco.cilenti
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