LA SCUOLA SCIALUPPA

Dopo mesi di attesa, il ministero dell’istruzione ha finalmente emesso un Piano nazionale per la riapertura delle scuole. Comitati, task force , studi di esperti sono stati elaborati dal ministero in un modesto compendio di indicazioni generiche e generali, assolutamente non esaustive e colme di banalità che, per essere tradotte operativamente, richiedono ancora la costituzione di tavoli, conferenze di servizio, a diversi livelli, sempre più ristretti, fino alle singole istituzioni.

Un’impressionante catena di soggetti deliberanti in cui si realizza un antico uso italico: lo scarica- barile, dove il barile è la responsabilità, demandata sempre a chi è più in basso e si trova a non possedere sufficienti risorse e poteri per gestirla, la responsabilità. Ognuno scrive come devono essere fatte le cose ( scrivere non è difficile ) ma affida al passaggio successivo la concreta attuazione della norma. É in questa situazione che le scuole dovranno riaprire, a settembre.

Gli interessi legati alla riapertura delle scuole, però, vanno ben oltre la ripresa del funzionamento di un’istituzione fondamentale per la società. Scorrono fiumi di considerazioni , che vengono da ogni parte, a volte anche spudoratamente retoriche ed ipocrite, su quanto sia necessaria la scuola, vitale per la crescita e l’equilibrio di bambini e ragazzi.

Fa sorridere, però, che negli ultimi anni, siano state costantemente tagliate risorse per l’ ìstruzione, e siano stati arrecati gravissimi danni alla tanto amata scuola pubblica, per non parlare del disprezzo e dell’assoluto disconoscimento della funzione educativa della stessa, nella quasi indifferenza generale, o in aperta ostilità.

Dovremmo forse ricordare i numerosi episodi di aggressione verbale o fisica agli insegnanti, o della continua messa in discussione delle scelte, delle valutazioni, del modo di operare dei docenti. Con questo non si vuole certo aprire fronti di guerra che non servono e non serviranno mai al bene comune. Ma serve ricordare che la scuola è un sistema complesso, per sua natura. Nel sistema in cui viviamo, da diversi anni la scuola è diventata appetibile, assoggettata alle regole del mercato. Da capitolo di spesa improduttiva ( almeno a breve termine) è diventata opportunità di investimento economico, un vero “volano per l’economia” come viene esplicitamente definita nel Piano per la ripresa.

Oggi, in un quadro di enorme difficoltà, la scuola rappresenta una scialuppa di salvataggio. I genitori, le famiglie, contano sulla scuola per la gestione dei figli piccoli.

I lavoratori delle cooperative, delle mense , e di tutto ciò che gravita intorno alla scuola in termini di servizi hanno necessità di normalità, per non perdere occupazione. Ma qualcuno pensa di utilizzare la scuola scialuppa per realizzare disegni ben più ambiziosi, scardinando del tutto la struttura dell’istruzione pubblica , mescolando e confondendo ruoli, soggetti, competenze. Dalla sostituzione dei banchi, al rinnovo degli arredi, all’ingresso di associazioni varie ad occupare tempo scuola, il processo di diversificazione della destinazione dei fondi pubblici, dal sistema scolastico ad altri soggetti, è decisamente avviato.

I principali protagonisti dei processi formativi dell’istituzione scolastica, cioè docenti e studenti, allievi di ogni età, sono relegati a passivi fruitori di scelte compiute altrove, i sedi non scolastiche. Il fronte comune che sembra dispiegarsi per rivendicare interventi e finanziamenti, in realtà rischia di produrre il completo disfacimento della scuola.

La speranza che la scialuppa possa servire a salvare davvero la scuola è legata a uno sforzo necessario, che bisogna compiere, che dovranno compiere soprattutto i genitori: non ci si dovrà accontentare di aperture ad ogni costo, né farsi attrarre da finte innovazioni, che siano tecnologiche o naturalistiche, in realtà rispondenti ad interessi squisitamente economici.

Quello che i genitori devono pretendere, insieme agli insegnanti, sono investimenti seri e consistenti nel pubblico, nella costruzione di edifici sicuri, nell’adeguamento degli organici e nella professionalità riconosciuta e potenziata dei docenti.

Tutte queste istanze, e molte altre, rivendicate da decenni e sempre inascoltate, servono a garantire la scuola pubblica, conservandone il senso profondo, la funzione primaria che non è e non può essere quella di allegra custodia e di completamento della gestione familiare.

Occorrerà accertarsi che nessuno pieghi le esigenze della formazione e dell’istruzione a quelle del mercato, che si interrompa il processo di aziendalizzazione e destrutturazione della scuola.

Sarà necessario impedire che si realizzino sistemi formativi territoriali, affidati ad ambigui “Patti di comunità” che magari potrebbero risolvere il problema dell’orario di apertura ma segnerebbero la destrutturazione assoluta della scuola italiana.

Loretta Deluca

Insegnante, Torino

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

Pubblicato sul numero di luglio del mensile Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org
ANCHE IN VERSIONE INTERATTIVA
www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-luglio-2020

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