La “secessione sanitaria” affosserà il nostro Ssn.

GRILLO-GIULIA La ministra Giulia Grillo

Qualcuno, parecchi anni orsono, per disegnare in una immagine il nostro Servizio sanitario nazionale lo definì “a macchia di Leopardo”. Era una sintesi molto efficace perché aiutava a capire che le differenze di assistenza, cura, prevenzione, non erano soltanto tra Nord e Sud del Paese, ma perfino all’interno di uno stesso territorio. In città come Roma puoi avere un ospedale efficiente, di qualità eccellente, di grande professionalità e competenza, con tutti i mezzi diagnostici a disposizione. E a poca distanza trovi un altro nosocomio non completamente diverso per le strutture, però di livello medico-sanitario molto più basso.

Tuttavia la “diversità sanitaria” è stata evidente soprattutto nel confronto tra grandi aree, tra Regione e Regione. E ha alimentato il cosiddetto fenomeno del “turismo sanitario” da parte di centinaia di migliaia di pazienti, che lasciano il loro luogo di residenza per andare in una zona d’Italia dove possono essere curati meglio. Eppure in tanti abbiamo sempre pensato che con il passare del tempo la situazione sarebbe cambiata, cercando di colmare il divario che fa aumentare notevolmente i costi sanitari, che crea enormi disagi tra la popolazione, che alimenta disparità di condizione lavorativa anche tra il personale.

Ci siamo sbagliati. Perché non è stato così. Anzi: le differenze tra le varie aree del Paese si sono consolidate. Come testimonia anche il VI Rapporto dell’Osservatorio civico sul federalismo in Sanità, realizzato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, secondo il quale “si registrano disuguaglianze sempre più nette, e non sempre al Nord va meglio che al Sud”. Perché – ad esempio – se è vero che gli screening oncologici sono carenti del Meridione (come potrebbe essere altrimenti se mancano negli ospedali Tac, Pet, Risonanze magnetiche?), sulle liste d’attesa (il problema dei problemi), è un disastro pure nel Settentrione: per un intervento di protesi d’anca, stando al Rapporto, si attende di più in Veneto che in Calabria, e per una coronografia più in Piemonte che in Abruzzo.

Se questo è, allora c’è da chiedersi perché il ministro degli Interni, per osteggiare i richiami dell’Unione europea sulla manovra economica, esalta l’impegno del governo in difesa del diritto alla salute. Per me,le risposte sono due: o non conosce bene il nostro sistema sanitario (e gli suggeriamo di leggere il Rapporto), oppure fa propaganda alla quale chi non sa “abbocca” facilmente. Perché se difendere la Salute degli italiani significa stanziare 50 milioni di euro per abbattere le liste di attesa, di certo vediamo la realtà dei fatti in modo completamente opposto.

Il punto di vista è diverso anche da parte delle Regioni, come hanno rimarcato dopo l’incontro di giovedì scorso con la ministra della Salute, Giulia Grillo. Lei si è dichiarata molto attenta alle richieste regionali e alle necessità del Ssn, garantendo più risorse (4,5 miliardi di euro) per il futuro. Ma le Regioni hanno ricordato che l’aumento di un miliardo – totalmente insufficiente – era stato già definito nella legge di bilancio, che servono altri 604 milioni di euro in base ad una sentenza della Consulta per le Regioni a statuto speciale, che serve un miliardo per il rinnovo dei contratti di lavoro. E poi 800 milioni per l’abolizione del superticket (annunciata e al momento in stand-by), la previsione di un aumento del FSN per i prossimi tre anni, l’incremento dei contratti di formazione specialistica per almeno 3000 borse, i soldi per attuare i nuovi Livelli essenziali di assistenza…L’elenco è molto lungo, però il documento è un altro tassello che aiuta a capire quanta distanza ci sia tra il diritto alla salute che vorrebbe difendere il governo, e le reali condizioni della Sanità.

Sia chiaro: non è che i ministeri e i governi precedenti abbiano fatto chissà che. Peraltro per quasi tutto il 2017 l’attenzione politica si è concentrata sui vaccini, dimenticando però che in Italia si muore troppo di cattiva Sanità e per assenza di Sanità. Sappiamo da anni che le accentuate diseguaglianze, rese evidenti da Cittadinanzattiva, incidono sulla qualità della vita dei pazienti e contribuiscono ad abbreviare la stessa esistenza di decine e decine di migliaia di Italiani, che non potendo accedere alle diagnosi e alle terapie in tempo utile per curarsi, muoiono prima rispetto all’aspettativa media di vita (a Napoli si sarebbe ridotta, secondo l’Iss, di ben otto anni rispetto al resto d’Europa). Però se in passato è stato fatto poco, adesso si capovolge l’ordine delle cose. E invece di intervenire laddove non vengono garantiti gli standard minimi di assistenza, si punta ad una “autonomia differenziata” che privilegi soltanto tre Regioni, la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna (dove la qualità assistenziale e sicuramente migliore). E solo a queste andrebbe un maggiore finanziamento pubblico.

Forse è inutile sottolineare che l’idea è di matrice leghista, ed è appannaggio della ministra per gli Affari Regionali, Erika Stefani (e coinvolge la scuola e altri settori). Sta di fatto che se questa idea andrà in porto, si sancirà per legge l’esistenza di Italie diverse, penalizzando fortemente i cittadini che vivono al Centro, al Sud, e anche in altre Regioni escluse dalla “riforma”. A danno delle strutture, dei medici, degli infermieri…

Il paradosso è che ci apprestiamo a celebrare i 40 anni del Servizio sanitario nazionale – a dicembre è l’anniversario – fondato sui principi di solidarietà, di equità e unitarietà. Ma con questo nuovo intento “riformatore”, si rischia di metterlo in una bara e di sotterrarlo. Perché dividere le risorse nazionali in base al gettito fiscale pro capite, rappresenta la morte del Ssn. E va contro i diritti riconosciuti dalla nostra Costituzione. Al dunque milioni e milioni di italiani verranno discriminati perché meno ricchi di altri. E tanti altri saranno ancora più costretti al “turismo della salute”.

In origine la Lega voleva che il Nord si separasse dal resto del Paese. Ora che è diventata una forza nazionale, la prospettiva è cambiata. Però con questa “Secessione sanitaria” una parte del sogno si realizzerà. A favore di pochi e a danno di molti: è questo il “diritto alla Salute” che il governo vuole difendere dagli attacchi della perfida Europa?

Guglielmo Pepe

25/10/2018 http://pepe.blogautore.repubblica.it

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