La vera battaglia da condurre è quella su welfare e pubblico impiego

Un nutrito gruppo di delegati di base riunito sotto il cartello di Pubblico impiego in movimento, ha dato vita ad un convegno nazionale tenutosi a Milano il 10 Giugno.

Veniamo da anni difficili nei quali lo stesso sindacato di base ha subito non solo profonde trasformazioni ma anche pericolose involuzioni e un deficit di democrazia interna, anni nei quali le iniziative unitarie su temi rilevanti e strategici sono stati ben pochi.
E’ assolutamente legittima la ricerca di un ambito di confronto serio, poi nell’immediato futuro valuteremo se alle parole seguiranno i tanto attesi fatti.

La strada da percorrere nel pubblico impiego è forse la piu’ complicata perché i 3 milioni e 200 mila dipendenti sono per antonomasia i meno conflittuali, in certi settori prevalgono logiche clientelari e di subalternità ai dettami governativi e agli accordi sindacali sottoscritti dai cosiddetti rappresentativi.

La riduzione da 11 a 4 comparti è avvenuta senza reali risposte, eppure questo accordo, sottoscritto dalla stessa Usb, avrà ripercussioni negative sul salario di tanti\e quando si tratterà, con il prossimo contratto nazionale, di uniformare le retribuzioni.

Pensiamo poi al fatto che ad oggi non esistono stanziamenti certi per i rinnovi contrattuali e sulla stampa leggiamo notizie che sembrerebbero smentire l’ottimismo dell’accodo autunnale che aveva promesso aumenti medi di 80 euro. La stessa direttiva Madia per il rinnovo dei contratti da poco uscita non fa luce sull’importo dei fondi a disposizione , si capisce che per il 2017 e il 2018 non c’è ancora una effettiva copertura e dovremo attendere le prossime manovre economiche del Governo. Ma peggio ancora per la sanità e gli enti locali, questi aumenti contrattuali potrebbero sancire anche ulteriori sacrifici per enti ai quali i Governi hanno sottratto per anni fondi promettendo loro un risarcimento mai arrivato.

Ora sappiamo che questi aumenti non sono affatto scontati, potrebbero arrivare per i salari piu’ bassi scatenando una guerra intestina al pubblico impiego.

Basta calcolare la inflazione Istat per comprendere che se nel 2009 uno stipendio era pari a 1400 euro, oggi dovrebbe essere non inferiore a 1570, quasi 170 euro di perdita che non sarebbe certo compensata con 80 euro magari dilazionati in piu’ anni. Ma la cifra perduta è sicuramente maggiore se pensiamo al secondo livello di contrattazione e all’aumento dei costi in generale che le attuali buste paga non riescono piu’ a reggere.

Neppure la certezza della perdita salariale ha spinto i\le dipendenti del pubblico impiego a delegittimare Cgil cisl uil e sindacati autonomi, da qui bisogna ripartire con una analisi aggiornata mettendo in discussione anche il nostro stesso operato.

Nel nostro Paese, da almeno 30 anni, si parla di riforme, un cantiere perennemente aperto che ha determinato interventi del legislatore su materie un tempo oggetto dei contratti con il blocco della contrattazione dichiarato illegittimo due anni fa costantemente aggirato da pseudo intese tra sindacati e Governi che hanno permesso la approvazione dei decreti Madia, la riduzione dei fondi alla sanità, il rinvio dei rinnovi dietro alla retorica della stabilizzazione dei precari che escluderà gran parte degli stessi.

In questi giorni il Miur ha diffuso i dati di una inchiesta sulla edilizia scolastica, ebbene nella stragrande maggioranza delle province italiane quasi il 90% degli edifici scolastici non è a norma di legge, la metà dei plessi presenta problemi strutturali che la scarsità di risorse a disposizione degli enti, provincia in primis, non consente interventi adeguati. Dai dati miur si evince che il piano straordinario del Governo Renzi sulla edilizia scolastica è stato un flop.

Il tema della edilizia scolastica è l’ennesima riprova del fallimento della Legge Del Rio, tra i lavoratoratori e i cittadini si è sviluppata una forte indignazione che tuttavia non ha prodotto concreti percorsi di opposizione.
Davanti a noi si prospetta il rinnovo dei contratti con le innumerevoli insidie già evidenziate, uno strumento utile per guadagnare consensi nelle elezioni rsu del Marzo 2018 ai sindacati maggiormente rappresentativi che poi sono gli stessi ad avere taciuto di fronte ad anni di blocco contrattuale.

In questi giorni, mentre in Gazzetta Ufficiale pubblicano i decreti Madia, stanno completando l’opera di smantellamento delle aziende partecipate

La condizione perchè una società non sia dismessa è quella di avere un fatturato medio superiori ai 500 mila euro in questa prima fase transitoria. C’è poi la possibilità di ripianare le perdite delle partecipate impiegando, da parte degli enti proprietari delle società, accantonamenti che dovranno rispettare comunque i limiti della quota di partecipazione.
Il decreto legislativo che modifica il Testo unico sulle partecipate (dlgs n.175/2016) sta per essere approvato dal Governo e viene previsto un piano di razionalizzazione che altro non è se non la riduzione delle aziende e del personale in esso impiegato. Liquidare società comporta anche ricollocare il personale e questo avverrà a discapito di nuova occupazione, a discapito della stabilizzazione dei precari. Sono previsti tempi stretti per liquidare, o fondere\sopprimere le società, pensare che sia il fatturato di una società a determinare la sua sopravvivenza ci sembra un parametro alquanto discutibile

Infatti, fino al 2019 sopravviveranno le società partecipate con fatturato superiore a 500 mila (e non più sopra la soglia di 1 milione inizalmente prevista) e un occhio di riguardo sarà concesso a favore delle società produttrici di servizi quali trasporti, acqua ed energia, aziende che in questi anni hanno avuto una gestione profit a prescindere dal carattere pubblico delle quote azionarie, aziende che tra fusioni ed accorpamenti sono diventati colossi con fatturati rilevanti.
La collaborazione sindacale ha permesso non solo di rinviare di oltre due anni il rinnovo dei contratti rispetto alla sentenza della Corte costituzionale che ne imponeva il rinnovo ma anche la riproposizione dei decreti Madia sostanzialmente identici a quelli che sempre la stessa Corte aveva bocciato giudicando irregolare la procedura seguita dal Governo.

L’accordo sindacati e Governo ha quindi svolto un ruolo fondamentale facendoci perdere ulteriore potere di acquisto e consentendo al Governo di approvare i decreti madia tra i quali anche il sistema di valutazione del personale

Su questo tema bisogna intenderci bene perché il secondo livello di contrattazione è nato per impedire la erogazione della quattordicesima in busta paga demandando alla rsu il compito di trattare sul salario accessorio. Peccato che a colpi di decreti legislativi le materie contrattate sono state prima concertate e poi solo oggetto di una informazione togliendo alla rsu ogni effettivo potere di contrattazione

Il salario accessorio è diventato sempre piu’ risicato e sottoposto a regole ferree con interventi continui della Magistratura contabili miranti a contenere le dinamiche contrattuali generali ed individuali.

Sempre il salario accessorio dipende dai fondi della produttività soggetti a decurtazioni “di legge” e al sistema della performance sul quale il Governo sta concentrando la sua ultima offensiva in nome delle priorità strategiche delle pubbliche amministrazioni .

Per dirne una, negli enti locali, le priorità saranno gli obiettivi di mandato dei sindaci che avranno mano libera anche nello smantellamento delle dotazioni organiche favorendo l’assunzione di alcune figure giudicate essenziali anche quando non sono necessarie per la macchina comunale e la sua ordinaria gestione

Paradossalmente oggi il cittadino è sempre piu’ scontento dei servizi pubblici ma coinvolgerlo nella valutazione dei dipendenti pubblici, di cui sa ben poco, non determinerà miglioramenti effettivi. Del resto sono proprio gli strumenti mediatici a giustificare processi di privatizzazione, tagli agli organici , riduzioni salariali

La sfida che abbiamo davanti è quindi particolarmente ardua perché mancano strumenti di analisi comuni sui processi che hanno caratterizzato il pubblico impiego da 30 anni ad oggi

I precari sono soggetti deboli e ricattabili e per lo piu’ non conflittuali, i dipendenti della Pa hanno interiorizzato, a torto, l’assurda convinzione che i bassi salari siano compensati dalla certezza del posto fisso quando invece tra i disegni del Governo c’è l’intento di favorire la licenziabilità dei\lle dipendenti pubblici.

In questi anni, la spesa per i dipendenti pubblici in Italia è scesa ai minimi storici e se confrontiamo i dati con quelli europei si capisce che abbiamo salari bassi, organici insufficienti e una macchina pubblica in costante ritardo e affanno.

Avere una idea di quale servizio pubblico vogliamo è di fondamentale importanza per lanciare una offensiva che metta insieme l’aspetto rivendicativo specificamente sindacale con alcune istanze (per esempio impedire la chiusura di ospedali e ambulatori, la cancellazione di linee del trasporto pubblico locale o delle ferrovie, non svendere l’accorpamento delle camere di commercio come riduzione di sprechi, tornare a denunciare con forza la legge del Rio) perchè la difesa del pubblico, non dimentichiamolo mai, ha bisogno del diretto coinvolgimento dei cittadini e di una iniziativa conflittuale della forza lavoro.

Federico Giusti

11/6/2016 www.controlacrisi.org

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