L’allattamento è una scienza sociale

I governi tendono a sottovalutare il valore dell’allattamento, come tendono a sottovalutare tutto il lavoro di cura, attribuibile a livello mondiale per il 75% alle donne, di cui l’allattamento fa parte. Riconoscere e finanziare il lavoro di cura delle donne, e quindi anche l’allattamento, con misure fiscali e di bilancio che siano sensibili ai problemi di genere.

L’allattamento è una scienza sociale e la politica non è altro che allattamento su larga scala.

Parafrasare Rudolf Virchow[i] mi sembra logico dopo aver letto gli articoli dedicati all’allattamento dal Lancet, nel suo numero dell’11 febbraio 2023. I primi due articoli sono gia stati riassunti e commentati in un precedente post dello scorso 22 febbraio. Il terzo e ultimo articolo della serie è quello più politicizzato.(1) Tanto che, alla fine del lancio della serie, l’8 febbraio 2023,(2) Anthony Costello ha detto, tra il serio e il faceto, che se lui, quando lavorava all’OMS, era definito “un agente provocatore”, quelli che avevano presentato e discusso questo articolo potevano essere chiamati “terroristi politici”. Gli autori si propongono di esaminare le cause prime dei bassi tassi globali di allattamento, per capire come mai a genitori e famiglia sia impedito di fare le scelte ottimali, perché gli operatori sanitari e coloro che elaborano politiche e linee guida siano cooptati dall’industria, e per quale ragione in molti paesi non si dia priorità alla protezione, promozione e sostegno dell’allattamento. Per far questo, hanno adottato un approccio di economia politica, sintetizzato nella seguente figura.

L’espansione dell’industria dei sostituti del latte materno, descritta nel secondo articolo come effetto della globalizzazione,(3) ha trasformato l’alimentazione infantile in mercato e commercio. Il potere finanziario che ne consegue opera in un’economia deregolata che permette la messa in atto di strategie aggressive per accumulare profitti e capitali. Inoltre, come da manuale del capitalismo, l’industria tende all’oligopolio (6 multinazionali controllano il 60% del mercato globale), che in alcuni paesi diventa quasi un monopolio (2-3 ditte controllano quasi tutto il mercato). Ci sono poi le alleanze: da un lato quella ovvia con le multinazionali del marketing e delle pubbliche relazioni, dall’altro quella con l’industria lattiera e degli altri prodotti necessari a fabbricare la formula. Queste alleanze servono a rafforzare e a rendere più efficaci le attività di lobby sia a livello nazionale e sovranazionale (Commissione e Parlamento Europei, per esempio), sia presso le organizzazioni internazionali come OMS, FAO, Organizzazione Mondiale del Commercio e Commissione del Codex Alimentarius (l’organismo che regola gli standard industriali per gli alimenti). L’industria dei sostituti del latte materno, come quelle di tabacco, alcol e alimenti ultra-processati, investe molto (ma non si sa quanto) in attività di lobby a questi livelli, come anche, per imbiancare la propria immagine, in benevolenza e nella cosiddetta responsabilità sociale e ambientale. Il tutto in aperto contrasto con il Codice Internazionale OMS/UNICEF, per indebolirlo o per prevenirne il rafforzamento.(4) E magari proponendo codici volontari di comportamento, di cui è provata l’inefficacia, se non addirittura l’utilità per l’industria, nel senso che possono sostituire o ritardare leggi e regolamenti governativi.(5)

Adriano Cattaneo

CONTINUA SU https://www.saluteinternazionale.info/2023/03/lallattamento-e-una-scienza-sociale/

13/3/2023

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