L’appello: no alle trivelle nell’Adriatico

C’è un piano per trivellare l’Adriatico alla ricerca di idrocarburi: il governo croato ha diviso la superficie marina adriatica croata in 29 ‘blocchi’ come primo passo per un piano di sfruttamento dei fondali. Il piano è rischioso anche per la conformazione dell’Adriatico che è un mare chiuso. Pensate in caso di incidente… Sul versante italiano le aree interessate dalla ricerca sono estese per 12.000 kmq.

Ricordiamo che ci sono già 6 piattaforme attive per l’estrazione del greggio e che nella parte settentrionale dell’Adriatico si estrae già il 70% del metano prodotto in Italia.

Sabato 28 febbraio sono scese in piazza San Marco a Venezia Greenepeace, Legambiente, WWF Italia e la rete di associazioni croate SOS Adriatico per dire No alle trivelle nel nostro mare. 

Sotto osservazione il governo croato: ‘a quanto risulta alle associazioni, infatti, il Ministero dell’Ambiente italiano a metà gennaio ha chiesto informazioni al Governo di Zagabria sui 9 progetti senza che però, a quanto risulta, sia arrivata risposta; nel frattempo, invece, il Governo sloveno ha ottenuto di poter essere parte consultata nella Valutazione Ambientale Strategica’ si legge in una nota del WWF.

Le associazioni inoltre ricordano che nelle acque italiane dell’alto Adriatico, area particolarmente sensibile per i rischi di subsidenza, sino allo scorso anno erano vietate le trivellazioni, mentre con l’art, 38 del decreto Sblocca Italia (dl 133/2014) il Governo ha aperto a ‘progetti sperimentali di coltivazione’ da sottoporre a valutazione di impatto ambientale. Grazie alla campagna delle Associazioni ambientaliste l’art. 38 del decreto Sblocca Italia (dl 133/2014) è stato impugnato di fronte alla Corte Costituzionale per violazione, tra l’altro, del Titolo V della Costituzione da ben 7 Regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Lombardia, Marche, Puglia, Veneto. 

‘Chiediamo al Governo italiano – dichiarano le associazioni – di impegnarsi per l’istituzione di un tavolo Italia-Croazia per la VAS sui pozzi confinanti con le aree territoriali. La Croazia lo ha già istituito (obbligatoriamente) con la Slovenia, proprio su richiesta ufficiale di quest’ultima. Serve ora un atto anche da parte del nostro Paese. Riteniamo, inoltre, fondamentale che l’Italia sia promotrice di un’azione per la tutela del mar Adriatico, anche nei confronti degli altri Paesi e in sede europea’.

Greenpeace, Legambiente, WWF e il network S.O.S za Jadran aggiungono inoltre: ‘La strada intrapresa da alcuni Paesi, Croazia e Italia in primis, giustificata secondo la logica di incrementare la propria economia e la propria indipendenza energetica nazionale, è miope, di breve durata ed anacronistica. Le quantità di idrocarburi in gioco, infatti, inciderebbe di poco sull’economia e sull’indipendenza energetica dei singoli Stati, la maggior parte del guadagno andrebbe a compagnie private, che vedrebbero incrementare le proprie casse personali mentre gli eventuali e possibili danni ricadrebbero sulla collettività. Al contrario è necessario ragionare su una scala più vasta, al di là dei limiti territoriali nazionali, su quale deve essere il futuro del Mar Adriatico, con le popolazioni locali, le associazioni ed i portatori di interessi a beneficio della collettività, non delle compagnie petrolifere’.

3/3/2015 www.ecoseven.net

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