L’appetito cresce mangiando

Quasi un terzo della popolazione mondiale non ha accesso a un’alimentazione adeguata e il sud del mondo è ancora scosso dall’impatto del Covid-19, che ha messo in luce le asimmetrie di potere, la fragilità e l’ingiustizia alla base del sistema alimentare dominante. Se si pensa che colossi come Google, Amazon, Microsoft e Alibaba – le più grandi società esistenti al mondo – stanno provando a controllare le risorse genetiche coltivate nei campi, nelle zone di pesca e di pascolo assieme ai dati sulle scelte dei consumatori si possono intravedere scenari inquietanti. La sfida legata a quella che viene definita la “quarta rivoluzione industriale” è garantire invece una governance pubblica di tali conoscenze e risorse assicurandoci di non perdere il controllo sul nostro futuro alimentare e agricolo. Il Civil Society and Indigenous Peoples Mechanism, che raggruppa migliaia di produttori di cibo, popoli indigeni e consumatori in tutto il mondo, non prenderà parte al Vertice ed anzi, ha deciso di sfidarlo, con un controvertice in tre giornate di mobilitazione online

Il report sullo Stato della Sicurezza Alimentare del mondo (SOFI) del 2021 riporta dati drammatici sull’insicurezza alimentare. Se il trend era in crescita dal 2014, nel 2020 l’aumento ha eguagliato in 12 mesi quello degli ultimi cinque anni messi assieme, con il risultato che 2.37 miliardi di persone non hanno avuto accesso adeguato al cibo nel 2020. Anche i dati sul sovrappeso e l’obesità, entrambi fattori di maggiore esposizione alle malattie non trasmissibili ed indirettamente alla pandemia da COVID 19, non danno tregua.

Quasi un terzo della popolazione mondiale non ha accesso a un’alimentazione adeguata ed il sud del mondo è ancora scosso dall’impatto del Covid-19, che ha messo in luce le asimmetrie di potere, la fragilità e l’ingiustizia alla base del sistema alimentare predominante.

Lo scenario è a tinte fosche,  non colorate come suggerirebbe il logo del Vertice ONU sui Sistemi Alimentari (UNFSS) indetto dal segretario generale Antonio Guterres a settembre a New York e preceduto da un “pre-vertice” ospitato dal governo italiano presso la FAO, dal 26 al 28 luglio.

A dominare invece è l’ottimismo scintillante del mondo del business e delle grandi imprese multinazionali, quello abituato a decidere i giochi negli ambienti chiusi di Davos, al Forum Economico Mondiale. Il crescere del ruolo della finanza nel settore agricolo e la sempre maggiore quotizzazione in borsa delle imprese dell’agroindustria, così come le fusioni e gli investimenti in questo settore da parte di attori per i quali il cibo non era il business principale (vedi Amazon), rende il ridisegno dei sistemi alimentari la nuova frontiera di influenza.

Il conflitto di interessi al cuore del Vertice ONU sui Sistemi Alimentari

Il Forum Economico Mondiale per la prima volta nella storia è co-organizzatore del Vertice delle Nazioni Unite e le regole diventano all’improvviso opache e poco trasparenti, attraverso il modello multistakeholder, in cui si mettono fintamente tutti gli attori sullo stesso piano. Le decisioni non si negoziano, si tirano fuori magicamente dal cappello attraverso la selezione tra migliaia di “idee” emerse nei  così detti “dialoghi” (indipendenti, governativi o globali) che il Vertice ha invitato i governi e tutte le parti interessate ad organizzare.  Queste dovrebbero poi convergere in filoni, o “game changing solutions”  attraverso le quali ognuno potrà impegnarsi sulla base della propria buona volontà. Chi selezionerà queste idee, sulla base di quali criteri e priorità, quale sarà il risultato finale del Vertice e come verrà implementato? Restano domande aperte. E soprattutto: quali garanzie sono messe in atto contro gli evidenti conflitti di interesse tra le realtà come AGRA – Alleanza per una Rivoluzione Verde in Africa, finanziata dalla Gates Foundation ed accusata di aprire i mercati ed i fondi pubblici al sostegno degli OGM in Africa (https://www.iatp.org/throwing-good-money-after-bad), la cui presidente, Agnes Kalibata, conduce il Vertice, e le scelte avallate?

Se il fallimento dei sistemi alimentari è sotto gli occhi di tutti, dai danni ambientali legati all’agricoltura intensiva, all’utilizzo meccanico dei suoli, delle acque, della biodiversità agricola – ai sistemi di distribuzione e consumo – corresponsabili dello spreco di un terzo di ciò che viene prodotto globalmente – allora perché continuare ad affidare le soluzioni agli stessi attori che ci hanno condotto al disastro attuale?

Le reti ed i movimenti del cibo restano fuori dal Vertice

La depoliticizzazione dei nodi strutturali della fame è l’obiettivo primario degli organizzatori-imprenditori di un vertice che è stato fino ad ora completamente in versione digitale, con la maggior parte della documentazione disponibile solo in inglese. Il segretariato ha proceduto ha velocità spedita, cercando di cooptare di volta in volta terminologie utili a mascherare ciò di cui veniva accusato (agroecologia, diritti umani, che appaiono infine e come una scelta tra tante).  Le regole hanno bypassato i tradizionali canali della diplomazia per abbracciare le metodologie, la semantica, gli obiettivi di Davos. Il Vertice, accusano ormai circa un migliaio tra organizzazioni della società civile, scienziati ed accademici, è quanto di più lontano dalla dimensione necessaria a costruire partecipazione ed inclusività, cosa che ha di fatto impedito di portare all’attenzione le soluzioni sistemiche che migliaia di organizzazioni di produttori, pastori, pescatori, donne, giovani lavoratori agricoli, popoli indigeni  ed ONG stanno chiedendo da anni: ripartire dai modelli di produzione, distribuzione e consumo di piccola scala in armonia con gli equilibri ambientali, riconciliando la scissione operata dall’industria del cibo tra coloro che curano la terra, i boschi, i mari, le montagne con metodi agroecologici o biologici ed i consumatori dei propri territori.  

Riterritorializzare i sistemi alimentari, ribadendo il diritto alla sovranità alimentare, qualcosa di incredibilmente innovativo e stimolo potenziale per il rilancio delle economie locali ed il recupero della biodiversità. Quello che il COVID, d’altronde, ha dimostrato essere la soluzione di fronte alle crisi più gravi: l’economia solidale e circolare che ci ha fornito le risposte più creative di mutuo aiuto, spesso ricostruendo le reti mancanti di protezione sociale. Le catene del valore e della distribuzione globale che hanno creato il disastro attuale sono interessate a queste soluzioni solo nella misura in cui si possano incorporare, adattare e riciclare in chiave di business ed aumento dei profitti per i propri azionisti.  

Occorrerebbe che i movimenti del cibo ed i produttori, che, ricordiamo, in alcuni paesi rappresentano il 60 – 70 % della popolazione ed a livello globale forniscono il 70% del cibo consumato, riuscissero a farsi ascoltare dai propri governi. L’Italia è vista dal di fuori come un paese emblematico per l’importanza dei sistemi alimentari legati ai territori, ma l’Italia in questo Vertice grazie al suo “NON dilaogo” con la base ed i movimenti sociali si presenterà con alcune ricette sulla sostenibilità delle imprese e la loro capacità di ridurre il food waste.

Se una dieta sana a base di frutta e verdura e di ingredienti poco trasformati costa mediamente cinque volte di più di una dieta a base di prodotti ultra a processati (dati SOFI 2019, confermati 2020) ed allo stesso tempo i produttori di piccola scala sono tra i settori della popolazione più povera al mondo, vuol dire che le soluzioni vanno ricercate altrove.

Le regole del commercio, la veicolazione dei fondi pubblici e dei sussidi, lo sfruttamento del lavoro, la concentrazione di alcune grandi imprese ed il loro eccesivo potere in alcuni settori non sono argomenti del Vertice.

La nuova sfida è sul controllo dei dati e la scienza al suo servizio

Già dal primo documento reso pubblico sulla agenda dell’incontro, l’orientamento prevalente risultava puntare alla agricoltura di precisione, alla raccolta di dati e all’ingegneria genetica come temi portanti per affrontare la sicurezza alimentare. L’enfasi sugli approcci basati sulle tecnologie di precisione e l’uso efficiente delle risorse nascondono la necessità di ottenere  il controllo di una enorme quantità di dati, di cui i sistemi alimentari sono portatori. Se si pensa che colossi come Google, Amazon, Microsoft e Alibaba – le più grandi società esistenti al mondo possano controllare le risorse genetiche coltivate nei campi, nelle zone di pesca e di pascolo assieme ai dati sulle scelte dei consumatori si possono intravedere scenari inquietanti. La sfida legata a quella che viene definita la “quarta rivoluzione industriale” è garantire una governance pubblica di tali conoscenze e risorse assicurandoci di non perdere il controllo sul nostro futuro alimentare e agricolo.

Perché reinventare la ruota?

I vertici globali dovrebbero servire come opportunità per rafforzare le strutture di governance esistenti ed affinarle per affrontare sfide specifiche, come la fame o l’insostenibilità dei modelli di produzione e consumo cui siamo drammaticamente sottoposti. Questo vertice tenta invece di istituire un nuovo comitato scientifico, definito interfaccia scienza-politica, ignorando ciò che già esiste: l’High Level Panel di Esperti in Sicurezza Alimentare e Nutrizione (HLPE), organo scientifico indipendente istituito con la riforma del Comitato per la sicurezza alimentare mondiale (CFS) nel 2009, a seguito della crisi alimentare del 2008. La riforma del CFS rispondeva al riconoscimento della mancanza di un’architettura istituzionale globale per rispondere alle crisi alimentari e per raggiungere gli obiettivi delle Nazioni Unite sulla riduzione della fame e la promozione del diritto al cibo. L’HLPE viene creato per fornire ricerca e informazioni utili ai membri del CFS nel loro processo decisionale e rispetta un’accurata e bilanciata rappresentanza geografica e delle diverse tipologie di saperi. Perché creare un altro organo, con un approccio monolitico al concetto di scienza, molto lontano dalle considerazioni che avevano portato alla riforma del CFS?

Le richieste del Meccanismo della Società Civile e dei Popoli Indigeni, il CSM

Un altro organo creato con la riforma del CFS nel 2009 è il Civil Society and Indigenous Peoples Mechanism (CSM), Meccanismo che raggruppa migliaia di produttori di cibo, popoli indigeni e consumatori in tutto il mondo che da anni, sulla base di regole di funzionamento e di rinnovamento  trasparenti, dedicano lavoro, tempo, energie, conoscenze a questi temi, prendendo decisioni concertate in maniera collegiale. Come il CFS anche il CSM è ospitato dalla FAO a Roma ed ha reso il CFS un organismo legittimo ed inclusivo, contribuendo alla diffusione ed all’applicazione dell’apparato normativo da questo prodotto.

Il Vertice, che in maniera inedita si tiene a New York anziché in FAO, viene letto come uno spostamento della governance del cibo da Roma. E questo sotto gli occhi di un governo italiano che evidentemente ha rinunciato a qualsiasi interesse geopolitico in questo settore. 

Il CSM non prenderà parte al Vertice ed anzi, ha deciso di sfidarlo, con un contro vertice in tre giornate di mobilitazione online (https://www.foodsystems4people.org/take-action-2/). Non è legittimo prendere decisioni su qualcosa di così importante come il cibo senza la consultazione attiva ed informata della società civile e dei popoli indigeni a livello globale.

Il CSM, in alleanza con altre organizzazioni internazionali che si sono unite alle proteste, aveva fatto richieste molto chiare per poter prendere parte significativamente alle discussioni del Vertice (https://www.csm4cfs.org/note-from-the-csm-liaison-group-on-fss/). Una tra tutti, la richiesta di rispettare l’autonomia organizzativa del Meccanismo ed aggiungere un ambito di riflessione sulla concentrazione, il controllo e quindi lo strapotere delle multinazionali dell’agroalimentare nelle catene alimentari. Richiesta rispedita al mittente. Il vertice ha preferito darsi una finta facciata di partecipazione, includendo last minute singole organizzazioni o rappresentanti in nome della società civile. Nell’era post Covid il business rischia di essere decisamente peggio dell’usual (…continua…)

Paola De Meo

24/7/2021 https://comune-info.net

* Terra Nuova, Centro per la solidarietà e la cooperazione tra i popoli

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