L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA È EVERSIVA

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La regionalizzazione si è dimostrata del tutto inadeguata a garantire un SSN equo, universale ed uniforme su tutto il territorio nazionale, ha prodotto gravi disuguaglianze in tutte

le Regioni ed in particolare tra Nord e Sud, ha facilitato le privatizzazioni e la diffusione della sanità integrativa, ha depotenziato quando non smantellato i servizi per l’assistenza territoriale e la prevenzione. La pandemia da coronavirus è la dimostrazione viva che un servizio sanitario diviso e diverso per ciascuna Regione è esposto alla sconfitta. Quanto successo deve far riflettere anche su tutte le altre materie, per le quali le Regioni hanno chiesto l’Autonomia Differenziata.

Le regioni non hanno avuto la capacità di affrontare i problemi posti dall’evolversi delle necessità, nonostante fosse una loro competenza, non hanno saputo affrontare l’emergenza della pandemia, ciononostante continuano a pretendere totale autonomia di indirizzo e di gestione su ogni aspetto in sanità: normativa del lavoro, attività libero professionale; formazione, specializzazioni, università; sistema tariffario, rimborsi, ticket; gestione dei farmaci, anche equivalenti; patrimonio edilizio e tecnologico; ricerca scientifica; prevenzione primaria e secondaria; tutela della salute sui luoghi di lavoro; controllo alimenti; gestione ed istituzione di fondi sanitari integrativi.

Hanno invece dato nuovo slancio al privato convenzionato e ai fondi integrativi, che stanno, loro si, minacciando la tenuta del sistema sanitario pubblico, e che potrebbero arrivare a restringerlo fortemente con un sistema multi-pilastro, in cui la salute cessa di essere un diritto, ma una merce da acquistare sulla base del censo col risultato di crescenti disuguaglianze all’interno delle stesse regioni.

Il passaggio delle competenze sanitarie alle Regioni non ha solo destrutturato e squilibrato il SSN, ha anche indebolito culturalmente e svuotato di competenze il Ministero della Salute e il suo organo tecnico, l’Istituto Superiore di sanità, che nella recente emergenza da Covid si sono mossi in ritardo tra incertezze e sbandamenti.
Non è possibile governare sulla base di principi e normative decise a livello regionale Sanità ed Ambiente il cui stato di salute influenza direttamente ed in modo potente la vita delle persone e di tutti gli esseri che abitano questa terra. Ancor meno se il privato ha una presenza superiore al 50% del sistema sanitario regionale, tanto da poterne influenzare scelte e decisioni, tra cui tagliere e smantellare interi settori del Servizio Sanitario Pubblico, come l’assistenza sanitaria di base, la prevenzione, la sanità animale e anche l’ambiente in nome del profitto.

Le criticità aumentano ulteriormente nelle regioni del Sud e nelle Isole, perché hanno un minor gettito fiscale e perché negli anni, a questi territori sono stati scientemente sottratti finanziamenti, attraverso un iniquo calcolo della spesa storica pro-capite, fatto sull’età media, che al Sud è più bassa (si va dai 2.285 euro per un cittadino che vive in provincia di Bolzano, a 1.738 euro quando ci si sposta in Sicilia) e sui servizi esistenti. Cioè, si è dato di più a chi aveva di più, e di meno a chi poco aveva, anche nella sanità ha agito l’ipocrisia del LEP, attraverso i LEA, peraltro incompleti e non uniformi, che sono stati applicati quasi solo al Nord, lasciando le briciole al Sud.

Il Ministero della Salute va ricondotto al suo ruolo originario di programmazione nazionale, va rinforzato l’Istituto Superiore di Sanità ricostituendo un efficiente Servizio Epidemiologico e un reale Servizio per la Prevenzione, vanno fissati per tutto il territorio livelli uniformi (non essenziali) di assistenza e criteri di gestione ed organizzazione, infine vanno stabiliti i relativi finanziamenti cominciando dal recupero di quelli sottratti. Sulla base dei principi, livelli e criteri definiti in modo omogeneo per tutti i territori, alle Regioni spetterà l’articolazione dei servizi regionali, affiancate dai Comuni e dalle Comunità Territoriali, le cui competenze in materia di sorveglianza in campo sanitario vanno ricostituite, recuperando quel ruolo di rappresentanza e partecipazione che da 75 anni è loro negato, benché previsto nella Costituzione.

Nel paese le disuguaglianze erano aumentate moltissimo già prima della pandemia, ora peggioreranno. Questo è il vero problema, non abbiamo bisogno di autonomie differenziate ora. Le regioni devono fare un passo indietro e lasciare invece che i Comuni vengano avanti. Vi è bisogno di giustizia sociale, di ripartire la ricchezza, di attuare la Costituzione.

Loretta Mussi

Medico di sanità pubblica. Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

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