Lavoro precario, salute precaria

dipinto chiazze

È sempre più allarmante la correlazione tra lavoro atipico, uso di antidepressivi e malattie cardiovascolari. Gli infortuni sul lavoro, inoltre, aumentano più tra i lavoratori atipici rispetto al complesso dei lavoratori. E incidenti e morti sul lavoro in itinere sono maggiori tra i precari, i quali, infine, hanno maggiore difficoltà di accesso agli strumenti e alle tutele in materia di prevenzione, salute e sicurezza sul lavoro. Sono alcune delle conclusioni cui è giunto il seminario “Salute e sicurezza nel lavoro atipico e flessibile”, organizzato lo scorso 18 ottobre da Cgil e Nidil Cgil, in collaborazione con Civ Inail.

Nessi tra lavoro atipico, stress correlato, uso di antidepressivi e malattie cardiovascolari
Secondo i dati e le analisi presentate da Sergio Iavicoli (Dipartimento medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale Inail), i rischi psico-sociali nel lavoro discontinuo e flessibile sono ampiamente dimostrati e documentati, non solo in Italia. Tuttavia, il nostro Paese con la sua frammentazione di tipologie contrattuali atipiche, conquista le posizioni peggiori di tutti gli indicatori correlati alla qualità delle condizioni di lavoro.

Stando alle elaborazioni della Sesta Indagine Europea sulle condizioni di lavoro Eurofound, nella distribuzione dei Paesi europei in base all’indice sintetico sulla continuità dell’occupazione, l’Italia figura in fondo alla classifica. L’indice viene calcolato considerando tipologia contrattuale, sicurezza del lavoro e prospettive di carriera. Bassi punteggi in questo indice sono associati a criticità negli altri indicatori sulla qualità delle condizioni di lavoro.

Considerando, invece, i risultati pubblicati dall’European Agency for Safety and Health at Work sulla percezione di incertezza del posto di lavoro, in vari settori, l’Italia si classifica tra i Paesi europei in cui questa è mediamente più alta, tra il 25 e il 28%, a fronte di una media europea del 15%. I settori più sensibili risultano l’agricoltura, le costruzioni e l’industria manifatturiera.

Da sottolineare la stretta correlazione rilevata tra tipologia di impiego/precarietà e uso di antidepressivi e malattie cardiovascolari. Uno studio longitudinale (2007-2011) svolto nella Regione Lombardia e pubblicato nel 2016 su un campione di 2,7 milioni di lavoratori ha evidenziato che nei lavoratori precari la probabilità di prescrizione di psicofarmaci aumenta rispetto ai lavoratori con contratti a tempo indeterminato e che all’aumentare dei giorni di lavoro sotto contratto atipico aumenta significativamente anche il consumo di psicofarmaci, con effetti maggiori nelle donne, nella fascia 35 – 49 anni meno istruiti.

In aumento gli infortuni sul lavoro per gli atipici rispetto al complesso dei lavoratori
Dai dati Inail emerge che, prendendo come riferimento il triennio 2014, 2015, 2016 e le categorie di lavoratori in somministrazione, in collaborazione e voucher, sono pervenute all’istituto circa 13mila denunce di infortunio all’anno, di cui mediamente oltre l’80% sono state riconosciute come infortuni sul lavoro. Lo ha sottolineato Francesca Marracino (consulenza statistico attuariale Inail) nel presentare una relazione sui dati statistici inerenti gli infortuni nel lavoro atipico e flessibile, considerando gli impiegati attraverso contratti di somministrazione, collaborazione e voucher.

Nel 2016 gli infortuni accertati positivi occorsi ai lavoratori somministrati sono stati 8.743, ai collaboratori 784, ai voucheristi 1.491. Il totale delle denunce dei lavoratori atipici rappresenta il 2% circa delle denunce complessive, una quota variabile tra il 69 e il 78% è da ricondurre ai lavoratori somministrati, tra l’11 e il 14% ai voucher e una quota in forte diminuzione, dal 20 all’8%, riguarda i contratti di collaborazione. L’incremento nel triennio per gli atipici è stato del 14,1% mentre il numero di denunce in complesso è diminuito del 3,4%.

“Finalmente abbiamo ottenuto dati dall’Inail sulle tipologie di lavoro flessibile, somministrati, collaboratori, voucher (categoria quest’ultima sulla quale per la prima volta escono dati infortunistici) – commenta Andrea Borghesi, segretario nazionale Nidil Cgil –. Lo spaccato che viene fuori dai dati e dalle relazioni che sono state presentate nel seminario è preoccupante, ma nel ringraziare l’Istituto, chiediamo che venga realizzato un report annuale che contenga questi dati e altri, necessari per analisi sempre più esaustive. Sarebbero utili, ad esempio, un raffronto con i dati infortunistici dei lavoratori a tempo determinato e con contratto intermittente, la distinzione per settore merceologico di accadimento, dimensione aziendale impresa, il giorno dell’infortunio rispetto all’assunzione, il numero degli infortuni a fronte della durata dei singoli contratti”.

“Solo tra i lavoratori somministrati l’aumento è stato di oltre il 25,7%. A fronte, è vero, di un aumento dei lavoratori interinali ma ciò non può consolare in alcun modo – commenta ancora Borghesi –. Peraltro mentre l’occupazione saliva in generale nel triennio 2014-2016 si registrava un calo o una stabilizzazione degli infortuni (che però hanno ripreso a galoppare nell’anno in corso). Le agenzie e le aziende utilizzatrici devono fare di più in questo senso. Stiamo peraltro parlando di occupazione per lo più giovanile. Nel rinnovo del contratto che è in corso chiederemo di affrontare il tema a partire da questi dati”.

I dati evidenziano che, rispetto al complesso, tra i precari sono maggiori gli infortuni e i morti sul lavoro in itinere, cioè durante gli spostamenti da e per il lavoro. Riguardo alle modalità di accadimento, l’incidenza degli infortuni in itinere è leggermente superiore per le categorie di lavoratori atipici/flessibili (17,5%) rispetto ai lavoratori nel complesso (14,2%). Per i lavoratori in somministrazione gli infortuni in itinere rappresentano circa il 17,7% del totale, per i collaboratori arriviamo al 27,7% e per i lavoratori a voucher la quota scende al 12,5%.

I casi mortali relativi a lavoratori atipici/flessibili sono stati negli ultimi tre anni 25, 18 e 15; tutti i casi denunciati sono stati riconosciuti positivi. Fortunatamente in diminuzione ma pur sempre in numero considerevole, rappresentano mediamente il 2,8% del complesso dei casi mortali e per il 40% sono avvenuti in itinere (per il complesso dei casi questa incidenza è del 26%).

“In relazione ai collaboratori si evidenzia l’importante dato degli infortuni in itinere che mostrano un aumento di ben il 13% rispetto al dato complessivo. È ipotizzabile che il maggiore numero di spostamenti che la particolare natura del rapporto e la possibile compresenza di più prestazioni di lavoro anche nella stessa giornata impongono sia alla base di questo fatto – spiega il segretario Nidil Cgil –. Un dato più alto anche tra i somministrati fa pensare a spostamenti effettuati maggiormente in orari o giorni con meno disponibilità di mezzi pubblici. Idem per le morti sul lavoro. Qui lo scarto tra le tipologie flessibili e il complesso dei lavoratori del 14% fa pensare a necessità di spostamenti, in particolare con mezzi propri, per raggiungere un posto di lavoro disagiato o ad orari e giorni con meno presenza di mezzi pubblici. Un dettaglio maggiore potrebbe permettere di capire quale sia l’origine di questa anomalia”.

Secondo le statistiche fornite dall’Inail, le conseguenze degli infortuni sono mediamente in linea o meno gravi per i somministrati rispetto al complesso dei lavoratori mentre per collaboratori e voucher con maggiore frequenza c’è una menomazione. “In sostanza gli esiti di un incidente per un “voucherista” e un collaboratore comportano mediamente un grado di menomazione. È ipotizzabile di conseguenza che le denunce si realizzino proprio quando c’è una lesione e non in casi più leggeri”, conclude Borghesi.

Prevenzione, salute e sicurezza sul lavoro: per i lavoratori atipici maggiore difficoltà di accesso a strumenti e tutele
Sebastiano Calleri, responsabile salute e sicurezza Cgil, ha introdotto i lavori del seminario sottolineando i principali aspetti normativi e la continua manutenzione del decreto 81/2008. Ha quindi illustrato la situazione dei lavoratori atipici formalmente coperti dalla normativa sulla sicurezza che impone all’azienda in cui si svolge la prestazione, sia essa datore di lavoro o committente o utilizzatore, l’obbligo di assicurare condizioni di sicurezza. Nella sostanza, per alcuni l’esercizio del diritto a “lavorare sicuri” diventa un percorso ad ostacoli, fino al paradosso delle partite Iva per le quali “la sicurezza è una facoltà, in quanto hanno loro stesse l’onere del committente di dover provvedere alla propria formazione”. Oltre a toccare, poi, il tema della necessità di un elettorato attivo più ampio per l’Rls (rappresentante sindacale per la sicurezza), con un rafforzamento del ruolo e della funzione, Calleri ha sottolineato come “la formazione sulla sicurezza è tanta ma di qualità scarsa, con pochi investimenti aziendali soprattutto nelle piccole e piccolissime imprese”.

Il presidente Civ Inail, Francesco Rampi ha sottolineato il nuovo ruolo di Inail, non più solo come assicuratore ma anche come ente che fa ricerca sulla sicurezza. Per il sindacato, rispetto al passato, la nuova sfida “sarà comprendere la complessità organizzativa delle imprese e dei siti produttivi e contrattare l’organizzazione del lavoro”. Rispetto alla situazione generale, Rampi ha richiamato i tre fattori che si stanno in questo momento verificando contemporaneamente “l’aumento delle ore lavorate, aumento dei lavoratori atipici e flessibili, la discontinuità lavorativa”, elementi che incidono sulle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Per Silvino Caldeloro, Inca Cgil, “dobbiamo rilevare un arretramento di tutele e decidere se far evolvere la normativa verso il progresso o verso un ulteriore regresso. La maggior parte dei lavoratori atipici e precari ha difficoltà, oggi, a mettersi in relazione con le proprie condizioni di salute”. In caso di discontinuità lavorativa, insomma, denunciare una malattia professionale è percepito come quasi impossibile. “Molto spesso è lo stesso lavoratore a non mettere in relazione il suo problema di salute con il lavoro” ha spiegato Candeloro, che ha proseguito sottolineando che sebbene sia “necessario trovare le modalità per far conoscere ai lavoratori discontinui i propri diritti in materia di infortunio”, è altrettanto fondamentale “non guardare solo al risarcimento, ma anche alla prevenzione”.

Diritti e tutele, in realtà, non mancano, come ha spiegato Giuseppe Benincasa, Nidil Cgil, per quanto riguarda i lavoratori in somministrazione, in materia di salute e sicurezza si sommano diverse normative: i decreti 81/2008 s.m.i. e 81/2015, il contratto nazionale di somministrazione e quello dell’impresa somministratrice. Una sommatoria di obblighi e adempimenti tra agenzia per il lavoro e azienda utilizzatrice che rischiano, talvolta, di sconfinare nella formalità “mentre in questo ambito sarebbe auspicabile una maggiore sensibilità sulla cultura della prevenzione” ha commentato Benincasa che ha poi ricordato, ad esempio, il ruolo dei servizi erogati dall’Ente Bilaterale che offre prestazioni integrativa quelle dell’Inail.

“La tavola rotonda è stata l’occasione per un confronto aperto sui problemi legati alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dove sono contemporaneamente presenti lavoratori con diverse tipologie contrattuali, dipendenti di società in appalto, professionisti spesso con diversi contratti collettivi applicati e diverse forme di rappresentanza sindacale”. Così Claudio Treves, segretario generale di Nidil Cgil, concludendo i lavori del seminario. “La scomposizione dei cicli produttivi a cui assistiamo da diversi anni – ha detto Treves – impone al sindacato un rinnovato impegno sul fronte della ricostruzione delle filiere produttive, della contrattazione dell’organizzazione del lavoro, e di conseguenza del “mercato del lavoro interno” alle aziende, e della ricomposizione della rappresentanza dei lavoratori, anche della sicurezza, attraverso il ‘suffragio universale’ tra i lavoratori”.

Le proposte della Cgil: diritto al lavoro salubre e sicuro. Inclusività
Dopo il seminario, le categorie della Cgil presenti e i segretari territoriali di Nidil hanno partecipato ad una tavola rotonda in cui hanno portato il loro contributo, le esperienze e le buone pratiche, ma hanno anche condiviso la necessità di assicurare che il diritto ad un lavoro sicuro e salubre sia assicurato a tutti i lavoratori, attraverso un’azione confederale tra tutte le categorie compresenti nei luoghi di lavoro.

Tra le proposte emerse durante il seminario e la tavola rotonda, in materia di malattie professionali e infortuni la necessità di:

– istituire, anche mediante modalità elettroniche, un libretto riepilogativo di tutta la formazione effettuata dal lavoratore durante la sua carriera lavorativa, aggiornandolo di volta in volta e rendendo disponibile in maniera immediata il suo profilo al fine di colmare eventuali lacune formative prima di essere avviato ad una nuova missione;
– individuare una modalità di conservazione della cartella sanitaria e di rischio che consenta una tracciabilità immediata e utilizzabile nelle diverse somministrazioni attraverso la quale poter ricostruire la storia sanitaria del singolo lavoratore;
– rafforzare il ruolo che devono avere anche le agenzie per il lavoro nel garantire il diritto dei lavoratori in somministrazione, già previsto dal ccnl, a ricevere tutte le informazioni utili su salute e sicurezza conseguenti alla stipula del contratto ed al successivo avvio in missione;
– dare a tutti i lavoratori al di là della tipologia contrattuale la possibilità di eleggere i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (elettorato attivo);
– rendere effettivo anche per chi ha lavori flessibili e saltuari il reinserimento al lavoro in caso di infortunio.

Franco Martini, segretario confederale Cgil, concludendo i lavori della giornata ha ricordato che la ripresa degli infortuni registrata negli ultimi mesi è “la riproposizione di un vecchio film: si muore per lavorare sempre alla stessa maniera. Su questo versante non c’è innovazione che tenga, si fa alla vecchia maniera. Il semaforo sulla sicurezza nel nostro paese segna il giallo. La ripresa economica che seppure non enorme c’è, è di scarsa qualità e l’esplosione dei contratti a termine in tutte le loro forme ne è un segno. L’investimento sulla sicurezza è costoso per cui le imprese tentano di ridurre i costi spezzettando la produzione e il lavoro. Per invertire questa logica, per tutta la Cgil il tema della salute e sicurezza sul lavoro deve diventare un pezzo della nostra contrattazione ad ogni livello”.

26/10/2017 www.rassegna.it

Immagine: Credits:https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/69/Kandinsky_Sans_titre_1910-1913_MAM.gif

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *