Le bufale dell’allarmismo affaristico e mediatico e la saggezza delle riflessioni di Emergency. Perchè intimorire per una malattia certamente pericolosa ma che non dovrebbe far dimenticare la realtà? Perchè creare panico mentre ci sono tante malattie mortali delle quali non si parla adeguatamente e che sono invece diffuse e letali? Perchè, appunto come sostiene Emergency e non solo, non contribuire a ricreare i sistemi sanitari dei Paesi poveri distrutti anche dalle politiche occidentali?

John Moore/Getty Images

Ammettiamolo, ora Ebola ci riguarda
Il primo caso di contagio sul suolo europeo ha suscitato subito molte reazioni. E molta propaganda. Più facile che il virus viaggi in business class che su un barcone. Come si ferma? Senza un impegno mondiale, immediato, Ebola non si ferma. Ed è necessario investire in ricerca e prevenzione.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di pagina99we in edicola da sabato 11 ottobre
Alla fine è successo: il primo contagio da Ebola su suolo europeo. La notizia ha suscitato paura, è accaduto “a noi” qualcosa che era sempre stato “un problema degli altri”. La paura è umana; inaccettabile, invece, è la strumentalizzazione di questa catastrofe umanitaria condotta in modo irresponsabile, e non da ieri, da più di un politico. Esiste un rischio Ebola in Europa? No, se pensiamo che Ebola arrivi su un barcone. Non viaggia così: le caratteristiche del virus rendono inverosimili questi allarmi, pura propaganda.
Ebola può viaggiare in aereo? Sì. Un uomo d’affari in business class, allora, è più pericoloso di un disperato su un barcone. Bisogna bloccare i voli? No, dicono gli esperti: al contrario, aumenterebbe le proporzioni della catastrofe, rendendo più dura la vita degli operatori sul campo, alimentando la disperazione. E poi, dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il rischio qui è minimo, perché l’Europa ha tutti gli strumenti per reagire davanti a un caso di Ebola: isola il paziente, traccia la storia dei contatti, dispiega la logistica necessaria. In sintesi: sistemi sanitari pronti a reagire, personale, soldi.
“Ma come facciamo a proteggerci?”. Bisogna affrontare il problema, ed è proprio quello che è mancato in questi mesi. La catastrofe a cui stiamo assistendo oggi in Sierra Leone, Guinea, Liberia non dipende solo dal virus, ma dagli ultimi anni. Come siamo arrivati fin qui? Per capirlo potremmo guardare i tagli al bilancio dell’OMS e l’effetto sui dipartimenti che si occupano di epidemie: “Abbiamo il 35% di personale in meno rispetto a cinque anni fa”, dicono a Ginevra, “uffici vuoti”. Inevitabilmente la risposta diventa troppo lenta e, fino ad oggi, inefficace. O possiamo guardare i Paesi africani coinvolti: sistemi sanitari senza risorse, personale insufficiente. Non potevano fermare l’epidemia, sono stati le prime vittime di Ebola. E infatti, finita l’epidemia, non saranno finiti i problemi: quando non si morirà più di Ebola, si morirà di tutto il resto, più di quanto non si morisse prima.
Che fare, allora? I governi dei Paesi ricchi e potenti devono mettere subito a disposizione i soldi, la logistica, il personale per agire dove Ebola, oggi, sta uccidendo e devastando. E devono farlo subito. Senza un impegno mondiale, immediato, Ebola non si ferma. Poi bisognerà smettere di ignorare i problemi fino a quando non bussano alla nostra porta. Assumersi la responsabilità di rifinanziare le organizzazioni internazionali – a partire dall’Oms – che lavorano per noi tutti.
Investire in ricerca e prevenzione, e sì, farlo anche se è una malattia che uccide soprattutto in Africa, farlo anche se i governi dei Paesi coinvolti non sono ricchi compratori di vaccini. Aiutarli a ricostruire i loro sistemi sanitari. Se vogliamo ridurre il rischio per l’Europa, dovremmo cominciare a fare queste cose. A ben guardare, dovremmo farle comunque: perché siamo esseri umani e ci importa degli altri esseri umani. Anche quando non vivono a Roma o Madrid.

Emergency lavora in Sierra Leone dal 2001. Oggi gestisce un Centro chirurgico e pediatrico a Goderich – l’unico ospedale pienamente funzionante nella zona della capitale – e un Centro per il trattamento dei malati di Ebola a Lakka.
Cecilia Strada
13/10/2014
Da www.pagina99.it/news/idee/7182/Ammettiamolo–Ebola-ci-riguarda.html

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