Legge di Bilancio e DDL Calderoli: lo spezzatino della Repubblica è servito!

La prospettiva disegnata in sequenza dalla legge di Bilancio 2023 e dalla proposta di Legge Calderoli offre un quadro a dir poco allarmante di un Paese ulteriormente diseguale, con livelli di povertà insostenibili, un deficit preoccupante di democrazia e un grave squilibrio dei poteri.

Finanziaria e LEP

La Legge di Bilancio appena approvata dedica i commi dal 791 all’801 ai Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), presupposto per l’Autonomia differenziata.

La “determinazione” dei diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale, che la Costituzione affida come competenza esclusiva allo Stato, viene attribuita ad una “cabina di regia”, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri che delega il Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, a cui partecipano i titolari di vari ministeri, il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, il Presidente dell’Unione delle Province d’Italia e il Presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani.

Tale organismo, partendo dal criterio della “spesa storica” e sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla “Commissione per i fabbisogni standard”, determina i LEP e predispone i DPCM da adottare nella Conferenza Unificata (Stato/Enti locali).

Nel caso di inosservanza dei tempi stabiliti, viene nominato un Commissario.

I costi del procedimento sono quantificati in 500.000 euro per ogni anno dal 2023 al 2025; a questi si aggiungono 1.145.000 euro per ogni anno a partire dal 2023 per i componenti della segreteria di nomina ministeriale.

Complessivamente, per far partire l’autonomia differenziata sono stanziati circa 6.600.000 euro nei 3 anni.

L’intero iter dovrebbe concludersi entro dicembre 2023.

In pratica

  • il tutto è gestito dal Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie;
  • l’esito sono decreti amministrativi che non hanno forza di legge;
  • il Parlamento viene esautorato anche se i Lep sono materia esclusiva dello Stato;
  • si definiscono livelli “essenziali” (non “eguali”) di prestazioni, ma non il relativo finanziamento, né ci si pone il problema della perequazione, dovuta e per anni disattesa.

DDL “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario”

Il quadro diventa ulteriormente preoccupante se accompagnato in successione dal progetto di legge Calderoli, presentato, in una versione aggiornata ma non ancora ufficiale, il 29 dicembre scorso.

Strizzando l’occhio a quanti avversavano l’autonomia differenziata appellandosi esclusivamente alla determinazione dei LEP, il DDL li prevede secondo quanto previsto dalla normativa vigente, la Legge di Bilancio appena approvata.

  • L’iniziativa per l’acquisizione di ulteriori forme di autonomia è in capo alla singola Regione, che può richiedere tutte le 23 materie.
  • La trattativa Regione-Governo è in capo al ministro per gli Affari Regionali e Autonomie, che propone l’intesa da far approvare in seno al Consiglio dei Ministri e inviare alla Conferenza Unificata e alla Commissione parlamentare per le questioni regionali, per un parere tutt’altro che vincolante.
  • Dopo la sottoscrizione, l’intesa viene inviata alle Camere, che l’approvano con maggioranza assoluta.
  • Per finanziare il trasferimento delle funzioni fino alla determinazione dei fabbisogni standard si fa riferimento alla “spesa destinata a carattere permanente, fissa e ricorrente, a legislazione vigente, sostenuta dallo Stato nella Regione per l’erogazione dei servizi pubblici corrispondenti fatte salve le diverse previsioni contenute in ciascuna intesa”. Quindi, la spesa storica.
  • Le risorse umane, strumentali e finanziarie sono determinate da una Commissione paritetica Stato-Regione e l’intesa  può essere modificata mediante iniziativa congiunta Stato-Regione.

C’è da rilevare, oltre che l’ennesimo sfregio al Parlamento, l’assenza di regole e motivazioni oggettive per accedere a ulteriori forme di autonomia, di riferimenti alle ripercussioni che ricadrebbero su altre zone del Paese, l’assenza di criteri rispetto al numero di materie, il fatto che non tutte vengano considerate riferibili ai LEP.

In pratica, l’autonomia differenziata è un fatto privato fra due stati, quello regionale e il governo.

Scompare l’interesse generale nazionale.

Per questo da anni ci battiamo contro tale progetto, che oggi acquista una pericolosità maggiore con un governo di destra e leghista, privo di un’opposizione parlamentare efficace e coerente, in molti casi connivente.

In questi mesi si sono moltiplicate le voci di dissenso, dal Tavolo contro l’Autonomia differenziata, ai sindaci del Sud, alle associazioni e ordini professionali, ai sindacati, ai movimenti che operano sul piano dei diritti umani, alle forze politiche di sinistra e di opposizione, ai rappresentanti istituzionali e sociali, alle comunità del Mezzogiorno che lottano contro l’impoverimento economico, lo svantaggio sociale e il pregiudizio culturale.

A loro si sono unite le ragioni di chi maneggia dati e fatti: Banca d’Italia, Svimez, Corte dei Conti, Caritas …

Il dissenso innervosisce il potere: Calderoli minaccia di rappresaglie giudiziarie chi lo accusa di voler spaccare l’Italia, chi dice la verità.

Ha paura ma non fa paura: possiamo fermarli.

Tonia Guerra

Resp. Mezzogiorno e campagna contro autonomia differenziata

6/1/2023 http://www.rifondazione.it

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