L’Emilia Romagna e quel cemento diventato marea

Davanti alla tragedia che sta colpendo la regione, tra le prime in Italia per consumo di suolo, ha senso continuare a parlare solo di maltempo? Il mondo stravolto dalla crisi climatica ha bisogno di nuovi modelli di gestione del territorio. E noi non lo abbiamo ancora capito

morti finora sono 9, ed è questo, come sempre in questi casi, il numero più doloroso. Per il resto l’Emilia Romagna con l’acqua alla gola è in allerta rossa, con oltre 20mila sfollati, 23 fiumi esondati, oltre 400 strade interrotte, 280 frane. L’elenco continua, purtroppo. Si dice “maltempo”, “alluvione”. Parole. È la crisi climatica, certo, e il nostro paese, fragile dal punto di vista idrogeologico e al centro del Mediterraneo, è ormai nel pieno  di un processo di tropicalizzazione di cui dovremmo essere consapevoli. Gli esperti ce lo ripetono da anni. Ma non abbiamo ancora capito il senso di quanto ci è stato detto, ovvero che gli eventi cosiddetti eccezionali non sono più eccezionali, sono e saranno sempre più la norma, qualcosa di frequente. E d’altra parte tali eventi colpiscono sempre di più zone e territori con alto livello di antropizzazione. Lo abbiamo visto a Ischia, recentemente.

Cementificazione folle

L’organizzatissima, razionale, efficace Emilia Romagna è la terza regione italiana per quanto riguarda il consumo di suolo, che si attesta al 9%. Peggio ci sono solo Lombardia e Veneto. Lo scorso agosto Legambiente aveva lanciato l’allarme, e nella classifica dei comuni peggiori Ravenna era al secondo posto dopo Roma, con 68,66 ettari di suolo consumato in un anno. Una cifra impressionante per una città così piccola. Modena e Reggio Emilia raggiungono l’11% di suolo edificato, Forlì-Cesena il 10%. Sono le zone più colpite dall’ alluvione. La pianura del cemento negli ultimi anni è peggiorata. Sempre secondo i dati di Legambiente, il totale del suolo regionale consumato nel solo 2021 è di oltre 200mila ettari. È evidente, come da anni segnalano gli ambientalisti, che la legge urbanistica regionale varata dalla giunta Bonaccini nel 2017 non ha funzionato. Come ha scritto il professor Paolo Pileri circa due settimane fa, citando i dati Ispra, la Regione è la prima in Italia per cementificazione in aree alluvionali.

Ammettere gli errori

Certo, è il momento di salvare il salvabile, dei soccorsi, della conta delle vittime e dei danni. Dei mantra di auto incoraggiamento, come “rimbocchiamoci le maniche” e “ce la faremo”. È giusto e serve, anche questo, in questi momenti. E però sarebbe anche tempo di riflessioni programmatiche, complesse, articolate. Coraggiose, per una volta.

Ci vorrebbe il coraggio di ammettere gli sbagli, e non di protrarli, scaricando tutto sulla presunta eccezionalità degli eventi, e sulla crisi climatica. Chiamata in causa, quest’ultima, quando non c’è più granché da fare, se non, appunto, contare i morti.

Troppo facile. Prendiamoci un attimo per riflettere, su cosa si sta realmente facendo per la cosiddetta transizione ecologica. Su come i nostri territori vengono gestiti.

Una legge risolutiva (nel cassetto)

Se il cemento continua a divorare il suolo e le campagne, come in Emilia Romagna, la colpa non è del maltempo.

Questa nuova tragedia riuscirà a sbloccare la legge sul consumo di suolo che giace in Parlamento, in svariate versioni, dal 2012, anno in cui fu proposta dall’allora ministro per le politiche agricole Mario Catania?  Perché nessuno dei successivi governi l’ha ripresa? Cosa ha intenzione di fare l’attuale governo, oltre a stanziare, come annunciato e come sacrosanto, oltre 20 milioni per le zone colpite, lo vedremo e capiremo nei prossimi giorni. Le immagini di Bologna con i portici allagati, degli abitanti di Forlì o di Cesena sui tetti che gridano aiuto, dei salvataggi dei Vigli del Fuoco con gli elicotteri si susseguono ai telegiornali e in rete. Il pensiero di chi scrive è andato alla rapida, fulminea approvazione, da parte del CdM, del DDL contro i cosiddetti “eco-vandali”.

Ovvero contro gli attivisti e le attiviste di Ultima Generazione che imbrattano monumenti e opere d’arte con vernice delebile per svegliare le coscienze del mondo proprio sulla crisi climatica. Già, perché mentre la legge sul consumo di suolo giace dimenticata, il provvedimento contro “gli attacchi” ai monumenti e ai siti artistici «(…) che producono danni economici alla collettività (…)» è stato approvato in un batter di ciglia.

Una domanda: che ce ne faremo di monumenti, opere d’arte, siti artistici, quando saranno inondati o sepolti sotto una frana?

Valentina Gentile

18/5/2023 https://www.sapereambiente.it/

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