Lettera a sindacati, delegate/i, lavoratrici e lavoratori

L’8 marzo 2023, per il settimo anno consecutivo, sarà ancora una volta sciopero femminista e transfemminista transnazionale, in uno scenario profondamente mutato rispetto al primo sciopero chiamato da Non Una Di Meno l’8 marzo 2017. Oggi ancora una volta ci rivolgiamo alle/ai tantissime/i delegate/i e lavoratrici che in questi anni hanno fatto proprio lo sciopero transfemminista, e a quelle/i che per la prima volta vorranno organizzarlo, certo che per noi tutte/i il prossimo 8 marzo sia l’occasione per affermare con forza la nostra comune pretesa di libertà e autodeterminazione, contro la violenza patriarcale e la povertà, le discriminazioni, lo sfruttamento.

La congiunzione delle crisi sanitaria, economica e climatica, della pandemia e della ricostruzione postpandemica e dei focolai di guerra accesi in tutto il pianeta ha effetti devastanti sul nostro lavoro e le nostre vite, oggi resi ancora più pesanti dalla guerra in Ucraina che sta aumentando l’intensità e la pervasività della violenza patriarcale e rendendo più urgente la lotta per contrastarla. Sono dinamiche complesse che in Italia dobbiamo affrontare misurandoci con un governo di estrema destra, che porta avanti politiche che ci impoveriscono, taglia i servizi, il welfare, abolisce il reddito di cittadinanza, mentre si richiama alla famiglia patriarcale, difende i confini, attacca frontalmente tutte le libertà per le quali lottiamo.

Scioperiamo sia dal lavoro produttivo che dal lavoro di cura e riproduttivo per un reddito di autodeterminazione che ci garantisca indipendenza, per un salario minimo e per l’abbattimento di ogni forma di sfruttamento e precarizzazione, per contratti stabili e tutelanti. Scioperiamo contro ogni forma di violenza e discriminazione sul luogo di lavoro e per la tutela del lavoro delle/i sex workers.

Scioperiamo per un welfare pubblico, gratuito e libero da ogni forma di violenza patriarcale e di discrimazione di genere, omolesbobitransfobica, abilista e razzista. Rifiutiamo politiche familiste di welfare che costringono donne e soggettività lgbtqia+ a offrire assistenza gratuitamente a familiari e non e sostengono tagli e privatizzazioni ai servizi pubblici. Scioperiamo contro ogni attacco alla nostra autodeterminazione, per la libertà di abortire, di intraprendere percorsi di transizione e per la tutela del nostro benessere psico-fisico.

Scioperiamo dall’attuale sistema scolastico che si configura come un laboratorio per preparare future/i lavoratrici/ori allo sfruttamento e alla morte sul luogo di lavoro e che riproduce saperi patriarcali e di forme educative oppressive. Scioperiamo per una scuola inclusiva, che adotti carriere alias per le persone trans, che offra educazione sessuale e affettiva, capace di veicolare saperi transfemministi, di educare al pensiero critico e libera da tutte le forme di precarità e sfruttamento delle insegnanti.

Scioperiamo perché la crisi climatica già in atto, generata da un modello di sviluppo basato sullo sfruttamento capitalistico della terra e del lavoro, sta accelerando e minaccia la vita stessa del pianeta. Scioperiamo perché gli effetti dell’inquinamento, dei disastri ambientali e del profondo abuso della natura, che stiamo vivendo anche in Italia, non colpiscono tutte/i allo stesso modo. Scioperiamo perché pretendiamo molto di più della tutela ambientale, del green washing dei governi e delle aziende, e perché pensiamo che soltanto una visione ecotransfemminista possa farci uscire da questa pesantissima crisi promuovendo azioni di reale giustizia climatica.

A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, scioperiamo contro la guerra che inasprisce la violenza patriarcale e contro le sue conseguenze. Siamo vicine alle profughe ucraine e alle profughe di tutte le guerre che attraversano paesi che con l’espediente della guerra rafforzano il proprio attacco patriarcale. Scioperiamo contro il riarmo e le politiche di guerra.

L’8 marzo, insieme, dobbiamo opporci senza condizioni anche al razzismo esasperato dalla guerra, che è una leva per intensificare lo sfruttamento del lavoro, tramite la proposta di definire ‘quote’ di ingresso e il ricatto del permesso di soggiorno, obbligando le/i migranti ad accettare salari bassissimi per lavorare nelle nostre case, o a svolgere lavori tanto essenziali quanto invisibili nelle fabbriche, nei campi e in ogni altro settore.

In questi anni con lo sciopero femminista e tranfemminista abbiamo inteso fare della lotta contro la violenza patriarcale una leva potente di rivolta e cambiamento radicale, interrompendo la produzione e la riproduzione sociale, gli algoritmi del sistema di sviluppo e consumo, le tirannie dei generi e dei confini. Abbiamo voluto tracciare linee di contrasto nette e inequivocabili contro tutti gli assi di oppressione che gravano su di noi, innescando una conflittualità sistemica finalizzata ad aggredire tutti i gangli del sistema di subordinazione patriarcale che attraversa l’intera società, dalle case, ai luoghi di lavoro, alle istituzioni, ai tribunali, ai media. Politicizzare la violenza patriarcale facendone una questione pubblica e non più solo privata restituisce allo sciopero la potenza di un processo espansivo e nclusivo di lotta, fatto proprio ad esempio dalle donne in Polonia, diffuso oggi in Iran anche attraverso lo sciopero generale di dicembre, contro l’oppressione patriarcale istituzionalizzata, per far sentire la forza collettiva di chi non accetta più quella tirannia, la povertà e lo sfruttamento che sorregge.

Sappiamo che riappropriarci della pratica dello sciopero, per le tante che fanno lavori precari, sottopagati, in nero, non riconosciuti, senza orari, che non riescono a pagare le bollette, che sono schiacciate ogni giorno tra il carico di lavoro in casa e fuori casa, è una sfida, un processo di lungo periodo, ancora difficile ma a cui non siamo disposte a rinunciare. Siamo convint? che questa sfida la possiamo raccogliere insieme, con la partecipazione di tutte le lavoratrici, lavoratori, delegate/i che stanno lottando in questo momento per il salario, contro le molestie e il razzismo sul posto di lavoro, e per non dover sostenere da sole il lavoro domestico e di cura. Siamo convinte che anche i sindacati, sia quelli che negli anni passati hanno aderito allo sciopero sia quelli che non lo hanno fatto, non possano e non debbano sottrarsi a questo impegno.

Tutte lavoratrici e le delegate sui posti di lavoro hanno il diritto di pretendere dalle proprie organizzazioni sindacali, incluse le RSU, di proclamare lo sciopero del prossimo 8 marzo 2023, garantendo la copertura sindacale alle lavoratrici e lavoratori che vorranno astenersi dall’attività lavorativa e mettendo in campo tutto ciò che è necessario, in ogni settore e area del paese, per sostenerlo e organizzarlo, inviando la comunicazione dell’indizione in tutti i luoghi di lavoro, organizzando assemblee sindacali sui temi dello sciopero dell’8 marzo, favorendo l’incontro tra lavoratrici e lavoratori e i nodi territoriali di Non Una Di Meno, nel rispetto della reciproca autonomia.

È comunque un diritto di tutte/i, anche iscritte/i a differenti organizzazioni sindacali, aderire ad uno sciopero indetto da altre sigle.

L’8M 2023 lo sciopero femminista e transfemminista sarà per tutte/i e per ognuna/o di noi, NON UNA DI MENO!

2/3/2023 http://nonunadimeno.wordpress.com

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