Lettera aperta al Ministro della salute Giulia Grillo

Gentile Ministro Giulia Grillo,

tra pochi giorni si potrà celebrare formalmente il quarantesimo anniversario dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Era infatti il 23 dicembre 1978 quando il parlamento approvò a larghissima maggioranza la legge N. 833 che trasformava radicalmente – in senso universalistico – il sistema sanitario italiano. Oggi si parla molto di «cambiamento», ma quell’anno, il 1978, fu un tempo di autentico «cambiamento» per la sanità e la salute della popolazione italiana. Oltre alla Legge 833 nello stesso anno furono approvate la Legge 180 («legge Basaglia») e la Legge 194 (sull’interruzione volontaria di gravidanza).Tutte e tre le leggi portarono la firma di Tina Anselmi, prima donna ministro nella storia della Repubblica italiana, una figura politica straordinaria, rievocata così dal presidente Mattarella: “ Tina Anselmi: partigiana, parlamentare, ministro di grande prestigio, ne ricordo il limpido impegno per la legalità e il bene comune”.

L’anno 1978, così denso di date significative per la salute a livello nazionale, e anche internazionale(Dichiarazione di Alma Ata, settembre 1978), rappresenta una sorta di spartiacque della storia (anche nel campo della sanità), con un «prima» e un «dopo».
Il «prima» è il periodo successivo alla fine della Seconda guerra mondiale, in cui si registra l’espansione del welfare universalistico – tratto comune dei governi liberaldemocratici e socialdemocratici europei – e si afferma il principio secondo cui alcuni servizi fondamentali, come l’istruzione e la sanità, debbano essere sottratti ai meccanismi di mercato e quindi essere garantiti dallo Stato, per offrire pari opportunità a tutti e per ridurre il rischio della dilatazione delle disuguaglianze all’interno della società (provocate per l’appunto dal mercato).
Il «dopo» prende le mosse agli inizi degli anni ottanta, con l’elezione di alcuni leader ultra-conservatori – Margaret Thatcher in Gran Bretagna (1979) e Ronald Reagan negli Stati Uniti (1980) – e con l’affermarsi del neoliberismo. Le politiche neoliberiste si applicano anche alla sanità, che diventa terreno di conquista del mercato a livello globale, come si legge in un articolo di The Lancetdel 2001: “Negli ultimi due decenni la spinta verso riforme dei sistemi sanitari basate sul mercato si è diffusa in tutto il mondo, da Nord verso Sud, dall’Occidente all’Oriente. Il «modello globale» di sistema sanitario è stato sostenuto dalla Banca mondiale per promuovere la privatizzazione dei servizi e aumentare il finanziamento privato attraverso il pagamento diretto delle prestazioni. […] Questi tentativi di minare alla base i servizi pubblici, da una parte, rappresentano una chiara minaccia all’equità nei paesi con solidi sistemi di welfare in Europa e in Canada, dall’altra costituiscono un pericolo imminente per i fragili sistemi dei paesi con medio e basso reddito”[1].

Gentile Ministro, quest’articolo si è rivelato profetico. Con la crisi finanziaria del 2008 quel «modello globale» basato su meno Stato e più Mercato, anche in sanità, è sbarcato in Europa, con la forma di un vero e proprio assalto all’universalismo[2]. L’assalto ha riguardato in particolare la Grecia (il cui sistema sanitario pubblico è stato raso al suolo), ma anche la Spagna e l’Inghilterra, dove nel 2012 sono state legiferate radicali riforme di diversa matrice, ma con in comune l’obiettivo di una estesa privatizzazione dei servizi sanitari[3].  Anche in Italia è in atto l’assalto all’universalismo. Ma a differenza di quello che è avvenuto in Inghilterra e in Spagna, nel nostro paese l’assalto non ha trovato un percorso politico e legislativo trasparente. In Italia l’assalto all’universalismo – e ai principi fondanti della Legge 833 – si manifesta con un disegno basato sul definanziamento del settore sanitario pubblico (con il blocco delle assunzioni e degli investimenti) e sulla promozione del «secondo pilastro» assicurativo privato.  La formula ideata per mettere in crisi il Ssn è semplice e a suo modo geniale. Si tratta del mix di interminabili tempi di attesa (conseguenza della scarsità dell’offerta pubblica) e di ticket particolarmente esosi (introdotti dal governo Monti e rafforzati dalle Regioni), spesso più costosi delle prestazioni private. L’obiettivo è quello di far migrare crescenti volumi di utenti dai servizi pubblici al settore privato a pagamento, l’effetto collaterale quello di costringere le fasce più deboli a rinunciare alle prestazioni, o a indebitarsi.

Gavino Maciocco

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