LETTERA DA UN CALL CENTER DI UN’ASL “Parcheggiati da 6 anni in un garage”

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E’ vero, siamo in tempo di crisi e bisogna accontentarsi, ed e’ una fortuna avere un posto di lavoro, ma spesso c’e’ qualcosa che va oltre l’essere fortunato, si tratta della dignita’ che alcuni posti di lavoro, e soprattutto chi sta a capo, te la fanno perdere.

Questa e’ la realtà che purtroppo mi trovo ad affrontare ogni mattina degli ultimi 6 anni circa. Ci si trova a dover convivere con l’ansia la paura e una domanda, che nell’ultimo periodo e sempre la stessa, “chissa’ se questo fine mese lo stipendio arrivera’, se arrivera’ intero o in piu trance”. Questa è solo una delle tante incognite, una delle piu’ importanti.

Poi c’e’ il luogo di lavoro, dove arrivo tutte le mattine con lo stesso pensiero “eccomi anche oggi arrivata nel “garage”; si perche il nostro e’ un garage adibito ad uso ufficio, dove non esite nulla a norma di legge, dove non ci sono porte tagliafuoco, dove non c’e’ un estintore, non c’e’ un uscita d’emergenza e anche le finestre sono dotate di sbarre, non c’e’ un impianto elettrico a norma di legge ma fili vaganti.

Lavoriamo in postazioni piccolissime, strette una appiccicata all’altra talmente vicine che a volte i miei utenti rispondono alle domande della mia collega. Non abbiamo pause, neanche quelle previste dalla legge (15 minuti di pausa ogni 2 ore) e purtroppo in pochi sono a conoscenza delle condizioni in cui siamo costrette a lavorare.

La gente non sa che quando chiamano il numero verde rispondiamo da un garage e che non abbiamo neanche il tempo di alzare la testa per non perdere le chiamate; che per andare in bagno dobbiamo chiedere il permesso come si fa a scuola; che non facciamo da almeno 7 anni una visita medica del lavoro; che poter rispondere allo loro richieste le cuffie ce le compriamo noi.

I cittadini dovrebbero sapere chi c’e’ dietro quella voce gentile e cortese, e che bisogna tacere di fronte alle proteste per i tempi d’attesa troppo lunghi per la prenotazione di visite ed esami, o perche’ hanno atteso 10 minuti al telefono.

La colpa non e’ loro e neanche nostra, ma di chi ci costringe a lavorare in queste condizioni per guadagnarci da vivere e senza la certezza che il giorno di paga sia lo stesso ogni mese. Questa e’ la nostra realta’, come tante altre, di avere la fortuna di lavorare.

Operatrice del Call Center di un’ASL

lettera pubblicata sul nuemro di settembre del periodico cartaceo Lavoro e Salute

www.lavoroesalute.org

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