Libertà per gli italiani arrestati ad Amburgo #NoG20

Protest against G20 Summit in Hamburg, Germany - 06 Jul 2017

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«La stampa non se ne occupa – scrive Eleonora Forenza, eurodeputata del Gue – ma Alessandro, Emiliano, Orazio, Maria, Fabio, Riccardo sono ancora detenuti ad Amburgo. Sono in carcere per aver manifestato contro il #G20, vittime di una UE sempre più securitaria e repressiva, e della folle gestione della Polizia di #Amburgo.

Giovedì 27 luglio alle 16 a Roma vi chiediamo di essere presenti al presidio – conferenza stampa che terremo davanti all’ambasciata #tedesca (via San Martino della Battaglia/piazza Indipendenza) per chiedere la loro liberazione. Non ci fermeremo finché non saranno liber@ tutt@. Se toccano un@ compagn@, toccano tutt@. #liberitutti #liberetutte». Anche in altre città d’Italia ci saranno sit-in, presidi, flash mob, iniziative sotto le sedi diplomatiche della Germania. Specie in quelle più vicine ai luoghi da cui provengono i sei manifestanti arrestati nelle retate seguite alle operazioni di repressione amburghesi. Un’idea annunciata anche durante le giornate genovesi di commemorazione del luglio 2001 e di rilancio delle ragioni del movimento antiliberista e delle battaglie contro la repressione. A Palermo c’è stata già una iniziativa sabato 22 luglio davanti alla Prefettura di Palermo per sollecitare l’intervento immediato delle istituzioni italiane e richiamare l’attenzione degli organi di stampa su questa vicenda gravissima. Due giorni prima, il 20 luglio, si è tenuta l’udienza di convalida che ha confermato la custodia cautelare in carcere per Emiliano Puleo, in linea con le decisioni che, nei giorni precedenti, hanno riguardato gli altri manifestanti italiani arrestati durante le contestazioni del G-20 ad Amburgo. Il giudice non ha accettato la proposta di liberazione su cauzione formulata dalla difesa; perciò, anche per Emiliano proseguiranno inesorabili i giorni di detenzione nelle carceri di Amburgo, nel silenzio assordante dei media nazionali. La vicenda sta acquisendo, giorno dopo giorno, contorni sempre meno giudiziari e sempre più politici e punitivi – spiega Valentina Speciale, segretaria del circolo di Rifondazione Comunista di Partinico -. Ciò trova conferma – aggiunge – nelle parole del parlamentare tedesco Martin Dolzer del partito Die Linke, il quale, dopo un colloquio avuto con Emiliano in carcere, ha affermato che attualmente in Germania contro gli italiani che hanno contestato il G-20 è in atto un vero e proprio accanimento».

Restano in carcere nella prigione di Billwerder, Orazio, di 31 anni, e Alessandro di 25, i due catanesi fermati dalle autorità tedesche, dicono i loro legali, Pierpaolo Montalto e Goffredo D’Antona. Intanto il Centro Sociale Liotru, del quale i due catanesi fanno parte, ha già organizzato un aperitivo benefit per le spese legali.

Scrive Riccardo, dalla Prigione di Billwerder (20 Luglio): «In questo momento mi trovo detenuto nel carcere Billwerder di Amburgo. Sono stato arrestato venerdì 7 Luglio alle ore 19.30 nei pressi del Rote Flora. Sono accusato di oltraggio allo Stato, di aver messo in pericolo la pubblica sicurezza, di aver svolto un ruolo attivo all’interno di un gruppo di quindici persone che ha fronteggiato la polizia, in particolare di aver tentato di ferire un poliziotto della Sezione Speciale di Bloomberg adibita ad effettuare arresti e recuperare reperti. Non riconosco il dualismo “colpevole – innocente” proposto dagli apparati giuridici dello Stato. Ciò che voglio dire a riguardo è di essere orgoglioso e felice di essere stato presente durante la sommossa di Amburgo contro il G20.

La gioia di vivere in prima persona la determinazione di persone di ogni età e da tutto il mondo che ancora non hanno ceduto alla tentazione di sottomettersi alla logica del denaro e del mondo capitalista non potrà mai essere sopita da nessuna misura cautelare. In un epoca storica in cui il capitalismo cerca di affondare il colpo definitivo e necessario al suo assestamento, in una continua oscillazione fra guerra interna (leggi speciali, chiusura delle frontiere, deportazioni) e guerra esterna (massacri indiscriminati, distruzione e avvelenamento del Pianeta Terra); la rivolta di Amburgo contro il G20 ha dimostrato ciò che è più importante per chi ha ancora a cuore la libertà: la possibilità della sua realizzazione.

L’ efficienza tecnologica, fisica e tattica della polizia tedesca è stata tanto impressionante e spaventosa, quanto, di fatto, inutile a disinnescare prima e reprimere successivamente l’esigenza di svolgere contro la società mondiale, assurda e catastrofica, che i venti patetici Capi di Stato stavano lì a sfoggiare con meschinità, blindati nel cuore della città. I rassegnati e i riformisti potranno dire che, visto i rapporti di forza sviluppatisi negli ultimi decenni tra il potere e i suoi sudditi, quello di Amburgo sia stato un ennesimo esperimento di massa per verificare la tenuta degli apparati di sicurezza internazionale. Del resto è quello che veniva detto anche dopo il G8 di Genova nel 2001.

I ribelli e i rivoluzionari, però, non fanno i conti con le dietrologie della politica, ma con i propri sentimenti e i propri progetti. In ogni caso, mi pare di poter ribadire che, se anche così fosse, questo esperimento sia fallito del tutto. Nelle strade di Amburgo ho respirato la libertà incontrollata, la solidarietà attiva, la fermezza di rifiutare un’ ordine mortifero imposto da pochi ricchi e altrettanti potenti sul resto dell’umanità. Non più infinite file di automobili e composte processioni che ogni giorno santificano la liturgia oppressiva ed assassina del sistema capitalista.

Non più masse indistinte costrette a piegarsi e sudare per un’anonima sopravvivenza in favore dell’arricchimento di qualche ingordo padrone. Non più migliaia di sguardi assenti diretti verso qualche asettico display che aliena e deforma le nostre esperienze di vita.

Ho visto individui alzare gli occhi al cielo per cercare di agguantarlo.
Ho visto donne e uomini dare corpo alla loro creatività e alle loro fantasie più represse.
Ho visto le energie di ciascuno impegnate a tendere una mano ad altre che non si ergono al di sopra di nessuno.
Ho visto il sudore gocciolare dalle fronti per soddisfare i propri desideri invece di quelli di qualche aguzzino. Nell’ora della rivolta nessuno resta mai veramente solo.

Un forte abbraccio a tutti i compagni e le compagne, a tutti/e i/le ribelli prigionieri/e dello Stato tedesco. Un saluto appassionato ad Anna, Marco, Valentina, Sandrone, Danilo, Nicola, Alfredo, i compagni e le compagne sotto processo per l’ Operazione “Scripta Manent” in Italia. Ai/alle rivoluzionari/e e ai/alle ribelli prigionieri/e nelle galere di tutto il mondo. Un bacio a Juan. Dove sei … dove sei … sei sempre con noi! Finché esisto: sempre contro l’autorità! Sempre a testa alta! Viva l’internazionale anticapitalista! Per Carlo! per Alexis! Per Remi! Per la libertà!».

La stessa Eleonora Forenza era stata bruscamente arrestata assieme ad altri 15 italiani l’8 luglio ad Amburgo. E le furono sequestrati documenti dagli agenti tedeschi compreso il tesserino parlamentare. In alcune foto e un video ha mostrato le immagini dell’intervento della polizia. Era andata anche lei a manifestare contro il vertice, per vigilare da parlamentare europea contro il dispositivo globale di repressione del dissenso

Insieme ad altri attivisti ha trascorso la notte fuori dalla caserma di Amburgo: «Ci hanno comunicato – raccontò a Marina Zenobio di Popoff – che eravamo in stato di arresto senza comunicarci la ragione, dicendo solo che avevano notizie di italiani pericolosi in arrivo ad Amburgo. Ci hanno sequestrato i documenti, tra cui il mio tesserino parlamentare, per oltre quattro ore. Ci hanno messo nelle celle di due furgoni e ci hanno sequestrato tutto: negli zaini non hanno trovato nulla ma alcuni di noi, tra cui me, avevano una felpa nera (!!!). Ci hanno tenuto oltre tre ore nella cella del cellulare, prendendoci in giro quando chiedevamo informazioni. Mi hanno fatto fare pipì con la porta aperta e sorvegliata da due poliziotte nonostante fossi già stata perquisita. Dopo quasi cinque ore hanno portato tutti nelle celle. A me, alle 21, hanno detto che ero rilasciata perché parlamentare (eppure avevano il mio tesserino dalle 16!!!). Mi sono rifiutata di andare via finché non rilasciano tutt@ i miei compagni e le mie compagne».

L’europarlamentare ha ricordato la due giorni di Bruxelles, pochissimi giorni prima del G20, contro la repressione e per il diritto al dissenso organizzata con Osservatorio Repressione.

Intanto, è attiva la campagna “Perché nessun* resti solo”: indicazioni e indirizzi per scrivere agli attivisti reclusi nelle carceri tedesche.

Quel sabato il grande corteo conclusivo delle mobilitazioni contro il G20 è stato bello, potente e variegato. Una manifestazione tranquilla, a parte gli attacchi della polizia in coda, respinti grazie alla solidarietà degli altri spezzoni. Fino alle provocazioni che gli agenti in tenuta anti-sommossa hanno realizzato nella piazza finale contro chi doveva intervenire dal palco o chi stazionava là intorno. Poi la caccia all’uomo mentre i gruppi defluivano, circondati dalle camionette. Solo in seguito abbiamo saputo, grazie al legal team, che quasi tutti i fermati erano stranieri. I legali riferiscono che si è trattato di un vero e proprio “racial profiling”, una caccia allo straniero, soprattutto, con un atteggiamento della polizei molto aggressivo, specie con chi dimostrava di non essere intimorito o provava a usare il cellulare per avvisare il legal team. «Dopo la prima identificazione e perquisizione – ha raccontato Shendi è un’attivista dei Berlin Migrant Strikers, collettivo di italiani a Berlino – ci hanno fatto salire su due blindati, al cui interno c’erano delle celle. Insieme a noi, era presente anche l’europarlamentare Eleonora Forenza, che ha provato in tutti i modi a ostacolare l’operazione della polizia. Senza riuscirci. Anzi, anche lei è stata portata via con noi. Finché eravamo in stato di fermo nei furgoni il morale era molto alto. Perché stavamo tutti insieme, sebbene divisi tra uomini e donne. Facevamo cori, continuavamo a chiedere di andare in bagno, anche per infastidire la polizia. A un certo punto ci hanno portato nella struttura detentiva di Gesa (Gefangenensammelstelle), costruita apposta per il vertice del G20. Lì ci siamo resi conto di essere effettivamente in stato di arresto e abbiamo iniziato a sperimentare le diverse tattiche di controllo proprie dell’ambiente carcerario. Per prima cosa, siamo stati pian piano separati e isolati. Uno alla volta scendevamo dal furgone ed entravamo nell’edificio, attraverso una scala circondata dal filo spinato. Più che un vero e proprio carcere, sembrava un magazzino di Amazon. E noi la merce inscatolata nei piccoli scaffali. La logistica della repressione poteva avere inizio. Il flusso di soggetti era continuo, sia in uscita che in entrata, e gli addetti allo smistamento tendevano a comprimere il più possibile le soggettività per garantire il massimo dell’efficenza. Quasi subito, è diventato chiaro che un’arma nelle loro mani era il pieno possesso delle informazioni, mentre noi, al contrario, non sapevamo dove stavamo andando, dov’erano gli altri, se e quando saremmo usciti. Non sapevamo nemmeno di cosa eravamo accusati, perché si rifiutavano di dircelo».

Gli agenti hanno provato a far firmare un foglio in cui gli arrestati ammettevano che la polizia di Amburgo li avrebbe trattenuti perché considerati soggetti pericolosi fino alla fine del vertice, alle sei di mattina del lunedì.  Una mappa della città o un capo di vestiario sospetto, perfino la consapevolezza di come comportarsi in caso di arresto poteva significare la conferma delle accuse mosse dai tedeschi proprio mentre la politica, a cominciare dalla Merkel, ammetteva l’errore di aver fatto piovere il circo del G20 al centro della scena antagonista tedesca.

Su Dinamo Press una interessante riflessione di bilancio, intanto è attiva la campagna “Perché nessun* resti solo”: ecco le indicazioni e gli indirizzi per scrivere agli attivisti reclusi nelle carceri tedesche dopo le giornate di Amburgo.

«Ci sono tante cose di cui si ha bisogno quando si è rinchiusi in una cella. Si ha bisogno di vino, di tramonti, si ha bisogno di vento e di abbracci. Ma soprattutto si ha bisogno di parole. Parole per riempire un lunghissimo silenzio e rompere il proprio isolamento.

Giovanissime compagne e giovanissimi compagni sono ancora rinchiusi senza processo nella prigione di Hamburg dopo il G20. Sono sole e soli, non hanno cellulare, computer, possono fare solo una telefonata giornaliera. Il nostro compito è essere al loro fianco, condividere con loro lo spazio asettico di una cella di una nazione lontana.

Quando diciamo nostro, parliamo di tutte e tutti noi, chi c’era e chi no ad Hamburg. Con un piccolo sforzo ognuno di noi può essere la boccata d’aria di chi è recluso. Scriviamo e spediamo una lettera a chi è ancora in prigione per il G20 di Amburgo.

La solidarietà sui social network purtroppo non arriva nell’inferno del carcere, nelle ore che scorrono tutte uguali, interminabili. Spendere qualche centesimo in francobolli per inviare uno scritto, un saluto, una poesia, una canzone, una lettera, qualunque cosa è un atto prezioso di cura, un atto rivoluzionario. La solidarietà è un’arma, ma a volte anche una penna». Qui di seguito gli indirizzi:

RICCARDO LUPANO

Jva billwerder

Dweerlandweg n° 100

22113 hamburg

Germany

EMILIANO PULEO

Jva billwerder

Dweerlandweg n° 100

22113 hamburg

Germany

ORAZIO SCIUTO

Jva billwerder

Dweerlandweg n° 100

22113 hamburg

Germany

ALESSANDRO RAPISARDA

Jva billwerder

Dweerlandweg n° 100

22113 hamburg

Germany

MARIA ROCCO

Jva billwerder

Dweerlandweg n° 100

22113 hamburg

Germany

FABIO VETTOREL

Justizvollzugsanstalt

Hahnöfersand

Hinterbrack 25 21635 Jork,

Germania

Ercole Olmi

24/7/2017 http://popoffquotidiano.it

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