L’”innovazione” che viene dalle multinazionali: i licenziamenti politici

Negli anni 50 del secolo scorso un’ondata di licenziamenti politici si abbatté sulle fabbriche italiane. Essi colpirono i rappresentanti sindacali della Cgil, comunisti e socialisti, colpiti proprio per quello che erano e quello che rappresentavano. Come sappiamo, tutto il peggior passato del lavoro sta tornando e oggi questa forma di fascismo aziendale, così allora venne definita da Giuseppe Di Vittorio, si ripresenta in due stabilimenti di grandi multinazionali nel nord est del paese. Formalmente non si tratta ancora di licenziamenti, ma è chiara la volontà delle direzioni aziendali di liberarsi di sindacalisti scomodi e di colpire cosi la libertà di tutti i lavoratori.

A Trieste la Wartsila, sede centrale in Finlandia, ha deciso la deportazione a 1000 chilometri di distanza di Sasha Colautti, colpevole di essere tornato in fabbrica dopo essere stato segretario provinciale della Fiom. Sasha aveva compiuto questa scelta per il dissenso con la sua organizzazione dopo la stipula dell’accordo, pessimo, sul contratto nazionale. Per questo aveva deciso anche di aderire alla USB, ma questa sua scelta evidentemente non è piaciuta alla direzione aziendale che, invece che riprenderlo al lavoro, ha consegnato a Sasha una lettera di trasferimento a Taranto. È bene sapere che negli stessi giorni in cui la direzione organizzava la cacciata di Colautti, in Wartsila un operaio degli appalti moriva ucciso da una catasta di lamiere.

La Electrolux, sede centrale in Svezia, di Susegana, Treviso, ha invece sospeso in attesa di provvedimenti Augustin Breda, Fiom, anche lui delegato sindacale scomodo che aveva contestato sia il peggioramento delle condizioni di lavoro, sia il nuovo contratto in perdita.

Contro Augustin l’azienda ha usato i metodi delle peggiori aziende americane. Sono stati assunti investigatori privati per spiarlo durante l’utilizzo dei permessi per assistenza della legge 104, ed alla fine l’operaio è stato sospeso in attesa di provvedimenti con l’accusa di essere un “furbetto”. Ora Breda ha presentato ampie prove che dimostrano che anche gli investigatori delle Pinkerton nostrane possano prendere cantonate pazzesche, tuttavia la sospensione continua.

La simultaneità e le similitudini dei due casi non possono essere considerate coincidenze casuali. Due grandi multinazionali decidono di colpire quei rappresentanti sindacali che non accettano il peggioramento drammatico delle condizioni di lavoro e anche gli accordi che l’autorizzano. Electrolux e Wartsila mai si sognerebbero simili comportamenti nei loro paesi d’origine, ma l’Italia per esse è una colonia ove si usano altri pesi e misure.

Le aziende fanno quello che fanno, perché pensano di esserne autorizzate dal Jobsact e dalle complicità governative e sindacali. Fim e Uilm vergognosamente non hanno detto nulla contro i provvedimenti, mentre la Fiom li ha condannati senza convinzione e senza vera mobilitazione. Cosa che invece hanno fatto spontaneamente i lavoratori, fermando le due fabbriche nonostante il crumiraggio di Cisl e Uil. Gli operai hanno subito chiarito che i rappresentanti sindacali invisi alle aziende sono coloro di cui essi più si fidano.

Tante sono le similitudine tra le vicende di Breda e Colautti, e tutte conducono alla stessa causa di fondo: le multinazionali sanno che governi e classe dirigente hanno messo il paese in svendita e che tutti i diritti del lavoro sono sul mercato. Pensiamo a cosa si prepara per Ilva ed Alitalia.

Per questo il coraggio e la resistenza di Breda, Colautti e degli operai che stanno con loro richiedono la più vasta e convinta solidarietà. Bisogna far sentire che si sta con loro. Partecipiamo a tutte le iniziative le iniziative di lotta in corso e alla manifestazione nazionale indetta dalla USB a Trieste il 24 giugno. Forza Augustin, forza Sasha siamo con voi.

Giorgio Cremaschi

13/6/2017

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