L’OMBELICO DEL MONDO

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A volte lo sconforto generato dall’osservazione della nostra società spinge a cercare spiegazioni nelle letture di gioventù. Un classico come “Avere o essere? “ di Erich Fromm si apre con una lucida e attualissima analisi della “fine di un’illusione”. Pubblicato nel 1976, il testo parte dalla Grande Promessa di progresso illimitato che l’industrializzazione ed il capitalismo hanno fatto intravedere: il dominio sulla natura, la soddisfazione dei desideri, il sogno di poter trasformare, indirizzare l’esistenza umana, la massima felicità che il progresso economico e tecnico sembravano prospettare, le “ magnifiche sorti e progressive”

La fine dell’illusione di benessere, comodità e felicità per tutti, quella “ trinità costituita da produzione illimitata, assoluta libertà e felicità senza restrizioni” che costituisce “ il nucleo di una nuova religione ,quella del Progresso” è sotto i nostri occhi. I presupposti psicologici individuati da Fromm alla base della Grande Promessa (del capitalismo direi) sono

  • l’idea che “lo scopo della vita sia la felicità, vale a dire il massimo piacere .. come soddisfazione di ogni desiderio o bisogno soggettivo che una persona possa avere (edonismo radicale );
  • che “l’egotismo, l’egoismo e l’avidità , che il sistema non può fare a meno di generare per poter funzionare, conducono all’armonia e alla pace”

In realtà, neppure Epicuro, a volte superficialmente identificato come il filosofo del piacere riteneva che la felicità si realizzasse nel soddisfacimento di ogni desiderio,definendola piuttosto come assenza di dolore. Nelle filosofie si distinguono bisogni e desideri soggettivi ed altri oggettivamente validi, utili, questi ultimi all’umanità intera . Se si pongono come estremi da un lato l’edonismo, la ricerca del piacere senza restrizioni e dall’ altro il modello di sacrificio del lavoro ossessivo, negazione del piacere, si vede che il capitalismo utilizza entrambi , generando la barbarie che ben conosciamo.

Le nostre società mostrano, nei fatti reali, che la felicità è qualcosa di non riducibile al soddisfacimento di desideri ed anche che l’aumento di ciò che viene spacciato per benessere individuale non dà luogo a pace ed armonia, per varie ragioni, evidentemente. E neppure il dominio sulla natura e lo sviluppo tecnologico estremo, che dovrebbe liberare l’uomo dalla fatica , moltiplicando in modo esponenziale le possibilità umane, sono processi completamente utili al benessere della specie.

La natura si ribella, rischiamo l’estinzione di massa come conseguenza della antropizzazione dell’ambiente; se è vero che la tecnologia, ha sicuramente migliorato le condizioni di vita e di lavoro di una parte dell’umanità, bisogna ricordare anche che il prezzo pagato dalla parte maggiore dell’umanità (la stessa che gode poco dei benefici ma sostiene direttamente i costi della comodità) è molto alto.

Il capitalismo ha potuto e può svilupparsi e crescere contando sulla spinta individualista dell’essere umano, generalmente superiore alla spinta conservativa e riproduttiva di specie: abbiamo poi una portentosa capacità ed una spiccata tendenza a organizzare e mettere in atto svariate forme di prevaricazione, sfruttamento, assoggettamento dei nostri simili, per tacere di ciò che siamo stati capaci, e continuiamo a fare alle altre specie ed alla Terra. D’altra parte, riprendendo una famosa citazione di Albert Einstein, “ L’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi”.

Siamo decisamente una specie superiore. Sì, abbiamo anche scoperto la penicillina e sconfitto molte malattie. Una superiorità complessa ed ambigua, insomma. Il capitalismo ha quindi buon gioco ad utilizzare la ricerca individuale del massimo piacere con il minimo sforzo, non importa se a danno di altri, e sapientemente divide, mette in competizione, in concorrenza gli individui. In tempi passati, la tendenza individualistica era contrastata dal senso di appartenenza ad una classe sociale.

Solo la classe dominante ha saputo, e sa ancora , coniugare la difesa di interessi individuali e spirito di corpo, lottando per conservare privilegi e potere . infatti, come si sa, attualmente la lotta di classe la combattono e la vincono, i ricchi. L’anticapitalismo è ormai sempre più residuale, non trova rappresentanza nelle sedi legislative e nei centri di potere economico, naturalmente. La pseudo sinistra sembra non avvertire nemmeno più la necessità di contrastare questo sistema economico e cerca di adattarlo ai pallidi ricordi degli ideali da cui è nata( libertà, eguaglianza), con tanta ipocrisia ed irritante, finta ingenuità.

Prendiamo il tema dei diritti distinti in tre gruppi, civili, politici e sociali. Non si possono certo fare graduatorie di merito ma di metodo sì, dal momento che i diritti sociali sono più direttamente correlati alle strutture economiche,

di sistema, e che sono presupposti irrinunciabili a tutti gli altri. e nemmeno bisognerebbe dimenticare che la prospettiva dei diritti umani deve essere universalistica.

Assistiamo, mi pare, ad una continua individualizzazione, un esasperato richiamo a vedere riconosciuta la propria specificità, che rischia di isolare e frammentare le rivendicazioni, che più si“ specializzano”, meno forza possono avere. Forse, nel momento attuale, in piena crisi climatica, economica, politica si potrebbe tornare a riflettere, invece che sulle differenze, sulle somiglianze, su ciò che accomuna e caratterizza il genere umano, sui bisogni fondamentali, inalienabili. E volendo fare un passo ulteriore, adottare una prospettiva antispecista, che riconosca le necessità di tutti gli esseri viventi e del pianeta stesso, necessità prioritarie rispetto alle specifiche caratteristiche e rivendicazioni individuali.

In fondo vale sempre il principio che la libertà e il diritto di uno trova il limite nel diritto degli altri. Se non ci si assicura il diritto a respirare , ad alimentarsi, se non si stabiliscono condizioni che realmente assicurino l’uguaglianza, le pari opportunità, l’accesso all’istruzione, il diritto all’abitare, a lavorare in sicurezza, ad essere curati, (per fare solo qualche esempio) tutto il resto diventa velleitario. Può, deve anche, essere all’attenzione, ma rischia di sottrarre energie al prioritario obiettivo che dovrebbe essere rovesciare un sistema che continua a produrre disuguaglianza sostanziale.

L’attualità offre qualche esempio, spunto di riflessione.

Un’intervista alla giovane leader del PD ci fa sapere che si avvale di consulenti di immagine. Come in altri casi ( Bertinotti ad esempio) si tira in ballo il “ diritto all’eleganza “ : perchè non dovrebbe essere riconosciuto a chi si dichiara paladino degli esclusi dal sistema ( non è il caso di parlare di comunisti, non esageriamo )? personalmente credo che il problema stia nell’attribuire una valenza di “diritto” alla possibilità di farsi scegliere gli abiti da qualcun altro. Questo, e soprattutto poter acquistare abiti di qualità superiore, si configura piuttosto come privilegio, nella situazione attuale; sarebbe forse un diritto se tutti potessero farlo.

In un Primo Maggio molto triste per le note imprese governative, il classico concertone ha offerto alcuni spunti di riflessione e discussione come gli attacchi ministeriali alla libera espressione di Carlo Rovelli. Ma due cose mi hanno colpita, una è l’invito rivolto ad ospiti e pubblico da casa a scrivere “il diritto che mi manca” , che, tra il serio e il faceto , in sostanza veicola una prospettiva personalissima. E infatti sono stati avanzati il diritto a tifare una squadra di calcio, o quello ad avere l’età che si ha. Sinceramente mi sembra che il tema dei diritti meriti maggiore rispetto e serietà, perchè di veri diritti da conquistare o ri-conquistare dopo averli clamorosamente perduti ne abbiamo molti.

Per esempio il diritto alla sicurezza sui luoghi di lavoro, e ad un’istruzione che non sia addestramento allo sfruttamento. Il concerto è stato aperto con l’intervento dei genitori di Lorenzo Parelli, morto nel gennaio 2022 nell’azienda in cui assolveva i suoi obblighi di PCTO. È significativo , e anche raggelante , che il messaggio per i giovani, come hanno tenuto a precisare i genitori, non contenga nessun riferimento a “ combattere”,o a “ battaglie” : si cerca il dialogo, la partecipazione. la responsabilità è di tutti, quello di Lorenzo deve valere come sacrificio.

Nessuna rabbia, nessun rifiuto di un sistema che confonde istruzione e addestramento, che comincia a sfruttarli già dai banchi di scuola, che non garantisce sicurezza a chi lavora. Forse davvero è il momento di concentrarsi sulle sensibilità, sul diverso valore delle varie rivendicazioni, sulle modalità che si scelgono.

Forse è il momento di smettere di guardarsi l’ombelico e disquisire sulle sfumature cromatiche, concertando allegramente, mentre aumentano i poveri, la gente che dorme per strada, gli abbandoni scolastici, i disturbi psicologici, ai quali si vuole dare nome e dignità ma forse sarebbe più opportuno occuparsi delle cause, invece che concentrarsi sulle etichettature assolutamente inutili.

Sarebbe il caso di preoccuparsi, più che della vernice sui monumenti, sulle prossime catastrofi climatiche che porteranno via l’umanità insieme ai suoi prodotti artistici e forse si dovrebbe cominciare a pensare, e ad agire come ospiti non unici di questo pianeta anche se ormai è tardi, smettere di pensare che solo gli esseri umani ( ma non tutti, solo alcuni) hanno dei diritti, anche molto personalizzati, sempre che vivano nel posto giusto.

Loretta Deluca

Insegnante. Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

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