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    Altra Informazione, Blog, Comitati di Lotta, Cronache di Lavoro, Cronache Politiche, Cronache Sindacali, Cronache Sinistra Europea, Cronache Sociali, Culture, Editoria Libera, Politiche di Rifondazione, Storia e Lotte — Giugno 24, 2021 7:55 am

    La lotta di classe, si sa, l’hanno vinta i ricchi. Ma cosa devono fare, oggi, quelli che stanno dall’altra parte, lavoratori occupati e disoccupati, donne e uomini, giovani e vecchi, attivi e pensionati, nativi e migranti, dipendenti e falsi autonomi? Sfidare avversari specifici e non un generico sistema. A cominciare dalla logistica.

    Lotta di classe, oggi. Cominciare dalla logistica

    Pubblicato da franco.cilenti

    Warren Buffett, uno dei più famosi miliardari americani, dichiarò qualche anno fa che la lotta di classe non era affatto finita e che semplicemente la stavano conducendo e vincendo i grandi capitalisti come lui, contro i lavoratori e le altre classi meno agiate.

    Ma come fanno i capitalisti grandissimi, grandi, medi e piccoli a condurre la lotta di classe in loro favore? Sono la classe dirigente di questa società a livello globale e quindi possono utilizzare strumenti globali di potere come le borse, i grandi centri finanziari, le organizzazioni istituzionali internazionali, ma anche quelli nazionali, come gli stati, i governi, le istituzioni parlamentari, locali; e soprattutto hanno le loro imprese che possono gestire cercando di massimizzare i loro profitti e ridurre i costi, a partire da quello del lavoro. È ovvio, no? Ed è anche più evidente oggi, dopo la crisi finanziaria, ambientale e sanitaria che ha colpito questa società negli ultimi dieci anni: perché, si sa, i momenti di crisi sono proprio quelli nei quali la lotta di classe si intensifica.

    Basta guardarsi intorno anche solo nella piccola Italia per verificare queste ovvietà: aumenta la povertà, aumenta la disoccupazione, si annunciano licenziamenti di massa, si fa crescere il meccanismo degli appalti e subappalti per ridurre i salari, cresce il precariato, si riducono i meccanismi di tutela dagli infortuni (e così aumentano i morti sul lavoro), si cerca di colpire gli ammortizzatori sociali (come il reddito di cittadinanza) per avere più manodopera disponibile a lavori precari e sottopagati, si tagliano i ritmi di lavoro, si aumenta la pressione fisica sui lavoratori in lotta, come quelli della logistica, fino ad arrivare ai gravi episodi di queste ultime settimane.

    E allo stesso tempo, tutti sappiamo che i capitalisti più ricchi, ma forse non solo loro, stanno accrescendo velocemente il loro reddito e il loro patrimonio; che il governo non aumenterà le tasse per questi ceti più fortunati, che nessun provvedimento colpirà in modo significativo l’evasione fiscale, che gli interessi privati saranno sempre tutelati (come è successo per la famiglia Benetton) a scapito del bilancio pubblico, che il prossimo annunciato aumento dell’inflazione sarà per molti capitalisti grandi e piccoli un’occasione ghiotta per aumentare in modo più che proporzionale i prezzi dei beni e dei servizi e fare maggiori guadagni.

    Lo sappiamo bene: è tutto ovvio e scontato.

    Invece quelli che stanno dall’altra parte, lavoratori occupati e disoccupati, donne e uomini, giovani e vecchi, attivi e pensionati, nativi e migranti, dipendenti e falsi autonomi, pubblici e privati come devono fare la lotta di classe? In questo caso le idee sono molto più confuse, incerte, fumose e si tende a “buttarla in politica”: si leggono dichiarazioni severe e roboanti di qualche dirigente sindacale, di qualche politico (persino quelle improbabili di Draghi) e poi si scrivono articoli di indignazione, si fanno presidi e flash mob con le immancabili bandiere di qualche frazione della sinistra politica e/o sindacale, davanti alle solite sedi istituzionali: ministeri, prefetture, sedi regionali. Tutto lì: chi partecipa a qualunque titolo si sente la coscienza a posto.

    Ma la lotta di classe non è quella: cerchiamo di imparare dai capitalisti che hanno ben chiaro chi vogliono colpire e come farlo. Perché nella lotta di classe ci deve essere un avversario ben individuato socialmente e non un generico sistema e perché la lotta di classe serve anche, e in questo momento soprattutto, per dividere il fronte avverso e costruire nuove alleanze. I lavoratori della logistica sono sicuramente oggi in Italia protagonisti della lotta di classe: i loro nemici sociali sono i padroni internazionali e locali delle aziende che li sfruttano, speculando sulla loro composizione, fatta prevalentemente da immigrati che, se perdono il lavoro, rischiano di perdere anche il permesso di soggiorno e di sprofondare nella clandestinità. Se vogliamo manifestare concretamente solidarietà a questi lavoratori, dobbiamo farlo davanti ai supermercati che si riforniscono da quei magazzini logistici, come ha fatto giustamente il movimento NO TAV a Susa. È lì davanti a quei supermercati che bisogna cercare la solidarietà degli altri lavoratori che, in qualità di consumatori, possono contrastare la politica padronale di sfruttamento, facendo i loro acquisti nei piccoli negozi invece che nella grande distribuzione. Se vogliamo essere solidali con quei lavoratori, dobbiamo anche portare dentro i sindacati confederali la discussione sulle scelte contrattuali che questi hanno fatto, perché rischiano di indebolire ulteriormente il fronte dei lavoratori del settore e, quindi, i rapporti di forza sindacali in generale.

    Ma la lotta di classe attraversa tutta la società e spesso non si esprime a livello aperto e pubblico.

    Prendiamo, ad esempio, il tema della sanità, oggi così sentito a causa della pandemia: a parole tutti sono d’accordo che occorra potenziare la prevenzione a livello territoriale. Eppure è evidente che nulla si muove in questa direzione: se la pandemia verrà sconfitta o almeno contenuta con la campagna di vaccinazione, tutto resterà come prima, perché è interesse delle grandi società farmaceutiche che non si investa nella prevenzione, perché è interesse della sanità privata che si concentri la cura negli ospedali, perché è interesse di una parte consistente dei medici di famiglia limitarsi a svolgere il compito burocratico di rilasciare enormi quantità di ricette per farmaci e analisi di laboratorio.

    Naturalmente anche nella sanità ci sono settori progressisti che possono sostenere posizioni più avanzate e schierarsi contro la logica speculativa, che oggi prevale; ma bisogna in qualche modo stanarli con proposte e (perché no?) provocazioni che li obblighino a schierarsi, a uscire da un comodo rifugio corporativo.

    Riccardo Barbero

    21/6/2021 https://volerelaluna.it

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    Autore: franco.cilenti
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