Maiali distinti.

Sabato mattina, presto, troppo presto per dover uscire se non per impegni di lavoro. Prendo un trenino che da Roma collega con la città di Viterbo, uno di quei trenini che si fermano anche in tante stazioni della capitale e che, negli ultimi anni, hanno contribuito ad alleggerire il traffico urbano. Salgo stancamente e col timore di addormentarmi. Prima che il convoglio parta si avvicina un piccolo gruppo di uomini e donne rom, che si siedono con lo stesso volto di chi avrebbe voluto continuare a dormire. Di fronte a me una donna, certamente giovane, che timidamente mi sorride. Ricambio il sorriso.

Alla prima stazione sale una giovane donna elegante che ci guarda un po’ schifata e cerca posto – il vagone era quasi vuoto – nei sedili più distanti dai nostri. Nel frattempo inizio a scambiare due parole con la donna che mi sta davanti, sorpresa di non incontrare ostilità. Mi racconta di avere già quattro figli (due gemelli) e di guadagnarsi qualcosa anche chiedendo l’elemosina nei pressi di un ospedale. Sta andando anche lei al lavoro – vicino all’ospedale c’è una delle fermate del treno – anche se le piacerebbe trovare di meglio: «Le donne che incontro a volte sono gentili e lasciano qualcosa – mi racconta – con gli uomini va peggio. O mi insultano o mi chiedono “cose sporche” per pochi euro, cose che io non farei mai». Mi sussurra arrossendo, vergognandosi lei per oscenità che le vengono rivolte. Il treno raggiunge in una ventina di minuti la fermata attesa, la donna mi saluta cordialmente e anche gli altri che erano nei sedili vicini, all’altro lato del corridoio, mormorano un “ciao”.

Passano pochi minuti, una o due fermate e la donna elegante incontrata all’inizio si avvicina trafelata, guarda i sedili in cui erano seduti le persone scese da poco, ne controlla la pulizia e si siede. Ha l’aria visibilmente alterata. Dalla borsa a tracolla tira fuori il suo telefono cellulare e attiva una chiamata. Impossibile non sentire quanto afferma: «Per fortuna che ci sei! Sono sconvolta. Non puoi capire che mi è successo. Sul treno c’erano gli zingari, io mi ero messa lontana e di fronte a me si è seduto un tipo, “italiano”, sembrava distinto. Stavo leggendo e poi mi sono accorta che…. Si era aperto la patta dei pantaloni, lo aveva tirato fuori davanti a me e.. sì, hai capito bene…che schifo, ed era pure italiano, hai capito? No! E chi chiamavo? C’erano gli zingari. Appena sono scesi ho cambiato posto. Ma capisci che roba? Che schifoso….Ed era pure vestito bene. Pulito. Ma tutti a me mi capitano. Si fra poco scendo. Ciao, a fra poco».
Le ho chiesto se quello che avevo sentito era accaduto durante quel breve viaggio. Mi ha guardato con un aria un po’ diffidente (beh, uno che parla con “gli zingari”…) e poi mi ha detto di sì, che non era la prima volta che le capitava e che su quel treno salivano tanti maiali. «Evidentemente – ho pensato ma non le ho detto, era già troppo turbata – esistono anche tanti maiali distinti e italiani».

Stefano Galieni

20/5/2015 www.corrieredellemigrazioni.it

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *