Mattia vuole Giustizia.

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Non è ammissibile che una mamma sia qui in tribunale perché hanno ucciso suo figlio sul lavoro. Devono pagare queste persone, devono pagare! Basta!”.

Questo il grido di Monica Michielin, mamma di Mattia Battistetti, ucciso nel cantiere Bordignon a Montebelluna il 29 aprile 2021, all’uscita dalla prima udienza tenutasi al tribunale di Treviso lo scorso 26 gennaio. Davanti al GUP Cristian Vettoruzzo erano presenti con Monica, Giuseppe e Anna Battistetti, papà e sorella di Mattia, i nonni, i legali delle parti civili costituitesi (Avv. Francesco Sernaglia per la famiglia, CGIL, CISL, ANMIL, Associazione Chico Mendes) e gli avvocati degli imputati.

E’ stata presa in esame l’opposizione della famiglia alla richiesta di archiviazione per tre indagati, Paolo Bordignon (rappresentante legale della ditta omonima), Costante Borsato e Mauro Pozzi (ingegneri addetti al controllo periodico della gru), che si andrebbero ad aggiungere ai sei imputati Gianantonio Bordignon (responsabile dei lavori), Bruno Salvadori (rappresentante legale di EsseBi, ditta che ha montato la gru), Loris Durante (gruista della Costruzioni Bordignon), Andrea Gasparetto (rappresentante legale Altedil, azienda di ponteggi per la quale lavorava Mattia), Marco Rossi (responsabile sicurezza di Bordignon), Gabriele Sernagiotto (responsabile della sicurezza in fase esecutiva). E’ stato rilevato il rischio di incompatibilità del giudice nel seguire contemporaneamente la costituzione delle parti e l’opposizione, motivo per cui l’udienza preliminare è stata rinviata a venerdì 3 Marzo. Una ulteriore istanza da parte della famiglia e dell’avvocato Sernaglia è il coinvolgimento nel processo civile delle società Bordignon e Altedil sulla base della colpa organizzativa 231.

La determinazione con la quale la famiglia Battistetti ha perseguito la strada di dare giustizia a Mattia, ha portato dal 29 aprile 2021 ad oggi ad una sollevazione popolare e mediatica che va oltre i confini trevigiani. Fuori dal tribunale erano infatti presenti i media nazionali e circa 250 persone a sottolineare che l’omicidio Battistetti non deve rimanere impunito, a sostenere la famiglia in questa lotta e nel loro generoso combattere la strage sul lavoro, che in maniera rilevante a Treviso e nel Veneto, ma più in generale con più di millequattrocento morti l’anno in tutto il Paese rappresenta un terreno emergenziale rispetto al quale la politica ha abdicato negli anni al suo ruolo di difesa del mondo del lavoro sulla base della Costituzione; mettendo invece trasversalmente le esigenze del profitto e dell’impresa come centrali della propria azione di deregolamentazione e disinvestimento nel settore. Sono state molteplici le dichiarazioni dei presenti in questo senso, a partire da Luigi De Magistris, leader di Unione Popolare vicino alla famiglia e tra i più autorevoli firmatari dell’appello “Giustizia per Mattia” promosso dall’Associazione in memoria di Mattia e dalla Rete 6 dicembre, coalizione di associazioni e soggettività attive sul tema della salute e dalla sicurezza nei luoghi di lavoro. In tanti, dalla CGIL di Treviso ad Eliana Como della CGIL nazionale, a sottolineare la carenza di controlli per il sottodimensionamento degli organi ispettivi e la frequente impunità sanzionatoria e penale di cui godono le imprese ed i responsabili; nutrita la presenza delle delegazioni di fabbrica del trevigiano e di esponenti dell’ADL Cobas, Unione Popolare e Rifondazione Comunista, soggetti che nel territorio combattono con costanza per la sicurezza e la dignità di lavoratrici e lavoratori.

Continua e si amplifica, insieme alla rivendicazione di giustizia per Mattia, la lotta per fermare gli omicidi sul lavoro, sulla base della considerazione che non si possa in alcun modo parlare di fatalità. Troppi i casi di morte e invalidità sul lavoro, troppe le situazioni che presentano delle responsabilità precise da parte delle imprese, troppe l’incuria e l’ignavia delle istituzioni. Assieme alle questioni specifiche sulle politiche per la salute e la sicurezza, va infatti sempre rimarcato il contesto di sfruttamento, precarietà, ricattabilità, condizioni e ritmi ai quali vengono assoggettati lavoratrici e lavoratori con la complicità ed il servilismo all’impresa da parte dei vari esecutivi e legislatori.

La mobilitazione continua ponendo in maniera palese le domande che accompagnano il processo per Mattia. Perché il meccanismo della gru si è rotto perdendo il carico di quindici quintali che ha ucciso Mattia? Chi doveva controllare ed investire sulle strutture che hanno ceduto e non l’ha fatto? Perché ed in che tempi e modi il braccio della gru è transitato sopra Mattia ed il collega Arben Shukolli? Chi, perché, e con che tipo di condizioni, ha impartito ai due lavoratori la consegna di recarsi in quel posto? Chi ha operato nel contesto aveva tutte le caratteristiche per farlo o non era adeguatamente formato? Queste e molte altre le questioni che l’opinione pubblica dovrà porsi e alle quali la magistratura dovrà rispondere per chiarire i molti lati oscuri del fatto.

Un tema di carattere generale è invece la “data certa” su gran parte della documentazione comprovante la sicurezza sul lavoro. Né un timbro postale, né una PEC, solo le firme; nulla che consenta a chi deve sanzionare o giudicare, di dubitare sulla veridicità del momento in cui gli atti vengono redatti (se prima o dopo l’infortunio). E’ un risultato delle modifiche apportate al decreto 81 dal ministro Sacconi nel 2009. Su questo punto servirà una ampia attivazione popolare, sociale e politica, a modifica della legge. Ora ripartiamo in tante e tanti dal 3 Marzo, data della seconda udienza, per estendere e generalizzare il grido di giustizia per Mattia. Per fermare la strage. Per unire le lotte.

Gabriele Zanella

Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza
4 gennaio 2023 Treviso

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