Meritocrazia, donne medico e disagio lavorativo: la triste storia di Luana

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Gentile Direttore,
apprendiamo con sgomento, da un giornale on-line abruzzese, del suicidio di una stimatissima collega chirurga che da anni aveva intrapreso una battaglia personale e in solitario affinché potesse venire rispettato lo sbandierato concetto della meritocrazia. Luana era stata uno dei tanti nostri “cervelli in fuga”, approdando a Parigi così come si apprende dal giornale, collezionando più di 1500 delicati interventi chirurgici, oltre a numerosissime pubblicazioni a carattere scientifico.

Essendole scaduto il contratto presso la fondazione Veronesi, aveva preferito – al ritorno in Francia – il lavoro in un’ azienda locale abruzzese, in grado di garantirle la possibilità di conciliare l’attività lavorativa con quella altrettanto importante di carattere familiare. Si apprende che, il posto che avrebbe dovuto occupare per meriti, era stato assegnato, invece, ad un collega posizionato in graduatoria alle sue spalle conseguenza per cui la dottoressa aveva dovuto adattarsi ad un lavoro che non le consentiva di svolgere le sue mansioni di chirurgo, ma di adattarsi a fare l’endoscopista in una sede lontana e costretta quotidiani viaggi in zone disagiate.

Qualche anno fa, uno studio italo svedese che fa parte del progetto HOUPE (Health and Organisation among University Physicians in four European countries), ha evidenziato che tra le donne medico esiste ed è maggiore il tasso di incidenza dei suicidi, annoverando tra le sue cause esperienze degradanti, le molestie sul lavoro e anche l’assegnazione di compiti senza risorse adeguate.

In letteratura sono presenti, inoltre, studi che correlano le idee di suicidio delle dottoresse con turni di guardia maggiori di otto ore. (Hem E, Haldorsen T, Aasland OG, Tyssen R, Vaglum P, Ekeberg O. Suicide among physicians. Am J Psychiatry 2005; 162(11):2199-200). Va, inoltre, aggiunto che nei luoghi di lavoro esiste ancora una discriminazione sessista, come affermato dal leader delle chirurghe inglesi Jyoti Shah, neurochirurgo del Burton Hospital NHs Foundation Trust, alla BBC attribuendo la causa del numero esiguo di donne chirurghe inglesi (11%) ad una cultura sessista che rende le sale operatorie un ambiente ostile per le progressioni di carriera delle donne.

Nel ricordare che le donne medico patiscono in assoluto le maggiori difficoltà nella conciliazione lavoro e famiglia, ci preme ricordare che, nel caso della dottoressa italiana, si aggiunge pesante come un macigno la totale mancanza di meritocrazia che attualmente viene evidenziata sempre più spesso nella nostra Sanità.

Nell’esprimere il nostro dolore per questa vita spezzata, vorremmo concludere con l’augurio che in questo nuovo anno 2016, ci possa essere finalmente un cambio di passo, che ci si renda conto che la conciliazione lavoro- famiglia sia un atto dovuto ad uomini e donne della Sanità e che – soprattutto nella riorganizzazione che si sta tentando di effettuare ad ampio raggio – non prevalgano solo criteri di risparmio di spesa, ma si salvaguardi la qualità, il merito e le capacità degli operatori con regole univoche e trasparenti, ben al di là delle logiche politiche o di clientelismo e che si attuino al meglio – concretizzandole – tutte le azioni per prevenire le discriminazioni di genere sui posti di lavoro.

Dott. ssa Maria Ludovica Genna
Dott. Domenico Crea
Osservatorio Sanitario di Napoli  

4/1/2016 www.quotidianosanita.it

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Lorenzin intervenga contro il “mobbing ospedaliero” ( da Quotidiano Sanità on line )

23 FEB – Gentile direttore,
mi chiamo Serena Caprio, medico radiologo, rivolgo questo mio appello al nostro Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che spero possa accoglierlo. So che il Ministro è a conoscenza della tragica vicenda legata alla scomparsa della giovane dottoressa Luana Ricca. Come me, Luana aveva lavorato all’estero, in Francia, in Inghilterra dove si era trovata benissimo e dove le avevano per messo di esprimere le sue potenzialità al meglio, fino al triste rientro in Italia dettato anche dalla volontà di questa donna di riunire la sua famiglia. Una volta in Italia, purtroppo, si era scontrata con la dura realtà del nostro sistema ospedaliero.

Ogni giorno la maggior parte di noi donne medico si scontra con una realtà lavorativa piuttosto ostile, soprattutto, negli ospedali del Meridione; vorremmo che le regole e la nostra professione fossero rispettate, ma non sempre avviene questo. Siamo spesso “invitate dall’alto ad assumere un basso profilo”, “a farci gli affari nostri”, diamo “fastidio”, potremmo “oscurare” l’ascesa all’interno dell’ospedale del figlio di…del nipote di…perché è questa la realtà in cui doveva lavorare Luana Ricca, demansionata, messa all’angolo…Luana era rimasta sola ed era disperata. Studi una vita intera, rinunci a tante cose, ti sacrifichi per la medicina, metti da parte la tua famiglia, metti da parte i tuoi affetti per poi ritrovarti alla fine della fiera con poco o niente, costretta ad ingoiare bocconi amari e a non poter lavorare come vorresti, come meriteresti.
Chiedo al Ministro Lorenzin maggior tutela da parte dello Stato contro il “mobbing ospedaliero”, Luana doveva solo essere difesa e rispettata, oggi è compito suo Ministro Lorenzin difendere e tutelare il futuro lavorativo dei medici italiani. Luana Ricca ha diritto ad un “risarcimento” come medico e come persona perché ha dato la vita per la sua professione e, soprattutto, ringrazio suo fratello Francesco Ricca, che con tenacia sta facendo in modo che la tragica vicenda di sua sorella non finisca nel dimenticatoio. Un’ultima parola la voglio dedicare a Luana, perché non siamo mai state vicine come adesso: ti abbraccio forte e allo stesso tempo con dolcezza, ora non sei più sola.

Serena Caprio
Dirigente medico 

23 febbraio 2016

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