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Commenti di Mauro Biani

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    Blog, Cronache Politiche — Aprile 19, 2016 7:32 am

    L’Europa di sotto è un olocausto sott’acqua, un’Atlantide moderna a forma di cimitero che sputa al massimo un cencio di maglietta o qualche scarpina. Nel giorno dell’anniversario dei quasi 800 morti dell’anno scorso quest’anno si è festeggiato con 400 che forse sono dispersi – sembra di capire che, per fortuna, potrebbero essere meno, ma non fa gran differenza: ce ne sono ogni giorno. Sono i lembi di un anno di Mediterraneo come moderna camera a gas. Nell’Europa del mondo di sotto le lacrime si sciolgono subito con il resto delle onde, i cadaveri tanto non si possono sentire con la bocca piena d’acqua e il dolore è solo un prurito passeggero se arriva da così lontano. Nell’Europa di sotto gli sciacalli frugano i cadaveri per cercare perle e grufolano tra la paura.

    Migration compact: una proposta ambiziosa di Renzi, vecchia, repressiva e coloniale.

    Pubblicato da franco.cilenti

    L’Europa del mondo di sotto. Al mare.

    Come se la data fosse maledetta, due anni dopo, lo stesso giorno, un ennesimo naufragio. Quella volta fu al largo delle coste libiche, forse 900 i morti, oggi nei pressi di quelle egiziane, da cui era partita una nave carica di richiedenti asilo somali. Si dalla Somalia, quello stesso paese recentemente elogiato dai governi europei per le riforme realizzate. Ne frattempo il governo Renzi lancia la sua prima proposta sull’immigrazione, ha un nome sinistro, “Migration compact” e sembra rispondere perfettamente ai requisiti richiesti dalla Commissione Europea. O almeno in parte perché alcune norme non sono piaciute troppo alla Cancelliera Angela Merkell che ha criticato aspramente l’Italia.

    Ma di cosa parla il testo portato all’attenzione di Bruxelles?

    Dopo una generica introduzione in cui si analizzano per sommi capi i diversi percorsi migratori, legandoli a cause precise. Per il governo, mentre l’arrivo di rifugiati dalle aree di conflitto dovrebbe costituire un dato di fatto per il medio, lungo termine, per le migrazioni dovute a fattori economici si prospettano periodi decennali che come tali vanno affrontati, anche con l’apertura di nuove rotte, a “nord est”. Una migrazione presentata anche come risorsa se rapportata all’invecchiamento degli autoctoni.

    Per questo documento, le misure finora adottate, dall’istituzione della Guardia di frontiera Europea, alla riforma prospettata di un sistema comune per l’asilo, alla decisione di non considerare i costi per la gestione della crisi nel quadro del patto di stabilità (il deficit del 3%), di fatto non offrono però una risposta globale rivolta non all’interno dell’UE ma verso l’esterno.

    Quindi il punto di partenza è uno sviluppo dei percorsi offerti con l’accordo fra UE e Turchia, il piano di azione (di fatto per ora inesistente) emerso col vertice di novembre de La Valletta, l’attuazione dei processi di Khartoum e di Rabat (che di fatto prevedono la collaborazione anche con le peggiori dittature in cambio della disponibilità a fermare chi fugge)

    In pratica il “modello turco” soldi a condizione dell’esternalizzazione dei problemi, va reso operativo anche in Africa, nei paesi di origine e di transito.

    Il primo passo della strategia consiste, secondo il testo, nell’identificazione dei principali paesi partner per una cooperazione sulle questioni migratorie. Questo tenendo presente la diversità dei singoli contesti e dei problemi che ne conseguono, dalle tensioni economiche o sociali al cambiamento climatico.

    L’UE offrirebbe progetti di investimento ad alto impatto sociale ed infrastrutturale da identificare con il paese partner (di transito o di origine). Di fatto rafforzare la programmazione degli strumenti finanziari riorientandola e definire un nuovo Fondo europeo per gli investimenti nei paesi terzi.

    Si propongono “obbligazioni” UE – Africa, per facilitare l’accesso ai mercati dei capitali con una prospettiva di medio e lungo termine, garantire disponibilità di capitali per la crescita e iniziative di finanziamento innovativi, facilitando le rimesse e il loro reinvestimento. Questo è il punto su cui la Germania è più restia. Per reperire tali fondi i tedeschi non vogliono che i singoli Stati membri debbano elargire denaro ma propongono ad esempio una tassazione del carburante.

    Renzi chiede che però parallelamente cresca la cooperazione in materia di sicurezza e integrazione delle migrazioni (confini e loro gestione / controllo, dogane, giustizia penale, gestione nei paesi di transito in linea con gli standard internazionali

    Ci sono le missioni PSDC (Politica Sicurezza e Difesa Comuni) quelle attuali e future in Africa sia nel Sahel che nel Corno D’Africa. Da queste si potrebbe partire per un raggruppamento generale di missioni per gestire un fenomeno dalle spiccate dimensioni transfrontaliere.

    Seguendo una ricetta sempre provata e sempre fallita, a chi garantisce tali standard di controllo del territorio e di piani di sviluppo “concordati” verrebbe offerto come incentivo la possibilità di includere quote di ingresso legale in Europa per i propri lavoratori. Si ricicla anche la volontà di garantire in pre – partenza informazioni sulle reali opportunità di lavoro in Europa per i cittadini di paesi terzi che comprendono apprendimento della lingua, formazione professionale, verifica delle aziende disponibili ad assumere, incontro in loco fra domanda e offerta, allargamento per integrazione dei progetti Erasmus per studenti e ricercatori.

    Si chiede poi di adoperarsi per favorire una migrazione circolare “sud – sud” e progetti di reinsediamento come compensazione per l’onere di cui si caricano i paesi che si impegnano a creare sistemi nazionali di asilo in linea con gli standard internazionali.

    Ma in cambio di questo l’UE dovrebbe poter chiedere: impegno sul controllo delle frontiere e riduzione dei flussi verso l’Europa. Verrebbero fornite le attrezzature necessarie e i paesi terzi dovrebbero impegnarsi in quelle attività di ricerca e soccorso a cui oggi provvede l’Europa. La Guardia di frontiera europea dovrebbe cooperare e coordinare il lavoro dei paesi terzi.

    Una cooperazione per ritorni e riammissioni, con accordi operativi e la presenza di ufficiali di collegamento UE nei paesi terzi e viceversa, per accelerare l’identificazione e il rilascio nei paesi di viaggio. L’UE finanzierebbe questi distacchi e i programmi di reinsediamento per i rimpatriati a condizione che il paese terzo accetti i rimpatri anche tramite voli charter organizzati dai singoli Stati membri o dalla Guardia di frontiera europea.

    I paesi terzi dovrebbero essere sostenuti per l’istituzione di un sistema di ricezione e gestione dei flussi migratori (infrastrutture e logistica) con esame in loco dei rifugiati e migranti economici, misure di reinsediamento in Europa e ritorno di chi è invece irregolare. Si propone insomma l’istituzione di ulteriore strutture di contenimento nei paesi africani che accetteranno di cooperare.

    OIM e UNHCR dovrebbero essere utilizzati per aiutare i paesi terzi a realizzare anche centri di accoglienza in paesi di transito, finanziati dall’UE

    Contro tratta e traffico di esseri umani, l’UE dovrebbe poter sviluppare operazioni di polizia comune e di cooperazione giudiziaria

    Per implementare questo approccio, la nuova Guardia di frontiera europea dovrebbe sviluppare un piano per le operazioni di rimpatrio da finanziare con il bilancio dell’UE e per

    sostenere le operazioni di rimpatrio provenienti da paesi terzi di transito ai paesi di origine in cui la cooperazione in materia di riammissione sarà considerata a buon punto.

    Si propone ovviamente di mantenere una presenza di polizia europea costante nella Cintura sahariana, con l’obbiettivo di addestrare, equipaggiare e fornire assistenza e cooperazione in materia di sicurezza (controllo delle frontiere, traffico, lotta al terrorismo, ai trafficanti di droga, alla criminalità organizzata) sviluppando nel frattempo azioni di prevenzione.

    Diviene in tal senso strategico stabilizzare, in quanto paese di transito, la Libia. Bisogna quindi secondo Renzi intensificare la collaborazione col governo libico insediato recentemente e rafforzare le sue capacità di avere il controllo del territorio. Quindi si insiste con il “miglior uso possibile di EUNAVFOR-MED, per distruggere il business dei trafficanti. In prospettiva andrà formata una Guardia Costiera Libica per ottemperare a tali compiti. L’UE dovrebbe intervenire il Libia per sostenere il settore della sicurezza, della giustizia penale e concentrando gli sforzi sulla gestione delle frontiere, anche attraverso la selezione dei rifugiati e dei migranti economici e il reinsediamento di chi necessita di protezione internazionale in cambio di migranti irregolari.

    Insomma esportare in Libia le misure adottate in Turchia e poi adottarle tanto nei paesi del Sahel quanto in quelli Sub – sahariani ritenuti sicuri. Un piano di polizia ad uso e consumo italiano, destinato al fallimento perché impraticabile se paragonato alle cause scatenanti di cui non si fa minimamente menzione. Un piano che in realtà non è stato neanche prodotto da Renzi ma che è stato elaborato in sede PESC della Commissione Europea e poi recapitato in Italia. E Renzi, come sempre capita, ha prontamente obbedito.

    Non a caso il testo originale, che siamo riusciti a salvare in tempo, è  stato immediatamente tolto dalla rete.

    Stefano Galieni

    Responsabile immigrazione Prc

    18/4/2016 www.rifondazione.it

    Tags: capitalismo civiltà democrazia diritti disinformazione donne giornalismo indipendente governo gue informazione libertà migranti multinazionali politica antagonista precarietà prevenzione rifondazione comunista sinistra europea stato sociale tagli economici tutele sociali welfare
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    Autore: franco.cilenti
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